sabato 17 marzo 2012

il mago


un altra puntata era finita. Si tolse il cappello a punta decorato con piume e cocc di bottiglia mentre entrava nel suo camerino. La figura tracagnotta e calva avvolta in quegli abiti sontuosi dallo stile vagamente egizio. Una volta chisa la porta del camerino crollò su una sedia afferrandosi il volto tra le mani piangendo disperatamente.



Anche stavolta non avevano voluto crededergli. Il pubblico rideva fragorosamente mentre lui decantava pomposamente le sue centurie. Anche stavolta nessuno aveva colto il meggaggio delle sue premonizioni.



Quando aveva annunciato che la fine era prossima il pubblico era esploso in un applauso credendo che si riferisse alla fine della puntata dello show domenicale. Lui parlava del mondo, il mondo intero era prossimo al collasso ma loro lo fissavanop ammirati credendo che il suo farneticare facesse parte dello spettacolo.



Come avrebbe voluto che lo fosse! Da quasi due mesi aveva nascosto i tarocchi per evitare di consultarli per errore. Preferiva non avere idea di quello che stava arrivando. Per la prima volta nella sua vità l'ignoranza era la più preziosa delle virtù.

Ancora adesso ogni volta che posava tre monete su un bancone ritrovava il libro dei Ching aperto alla pagina corrispondente. Era terrorizzato, ogni presagio concordava ogni pezzo si fissava in un affeesco terrifincante di morte e istruzione che solo lui riusciva a vedere. Anni di teatro e menzogne l'avevano reso famoso come mago e chiromante ma a tutti era chiara la sua finzione. Ora invece lui era l'unico a sapere la verità. L'unico su sei miliardi d'individui ma era consideranto un giullare, non un mago o un indovino.



E la csa peggiore era che tutte le predizioni concordavano su un unico punto: lui sarebbe rimasto vio fino alla fine.



Un passo dalla vetta



era iniziata per caso come tutte le passioni, aveva continuato a fasi alterne seguendo le infinite correnti della vita. Ogni momento di rabbia o di sconforto accompagnato dalle note distorte della chitarra elettrica o dal sommesso fruscio di spartiti e fogli di carta. La sua ragazza, contro la sua volontà, aveva inviato una scadente registrazione tratta dal suo garage ad una compagnia discografica.



C'era voluto un attimo: le sue canzoni avevano saettato nell'etere passando da pc a pc come una parbola del Cristo. Un Cristo arrabbiato e stanco di esser messo in croce. Le sue note avevano conquistato prima la classifica locale e poi quella nazionale mentre lui ancora suonava alle fiere cittadine.



Presto, fin troppo presto, arrivarono le donne l'alcool e tutto quello che la sua mente immatura credeva forre il rock & roll. Venne itervistato per così tante riviste per così tante volte che quasi dimenticò il perchè di quelle note e di quella musica. Era un sogno che si realizzava ma senza che lui avesse fatto assolutamente nulla per farlo fiorire. Anzi il suo comportamento man mano lo allontanò da tutti quelli che avevano davver creduto nella sua musica amotoriale e fin trppo disillusa. Prima la sua ragazza, che lo sorprese intento a soffocarsi tra le tetre di una fan, poi i suoi amici: esclusi uno ad uno dalla sua vita vagabonbda e sregolata. La famiglia non aveva mai contato un cazzo e così continuò ad essere.



I suoi dischi trasformavano i secondi in dollari mentre i suoi concerti radunavano folle adoranti. Era in quel particolare paradiso in cui gli bastava sbottonare la pata dei pantaloni per trovarsi una sventola attaccata all'uccello.



Poi, all'improvviso com'era arrivata, la sua meteora passò: il mercato andava altrove, verso rapper incazzati e ragazzine sculettanti. Cadde con la stessa velocità della sua salita. Anche se aveva annusato annusato le stelle presto tutto assunse un familiare odore di merda.



Ora era lì in piedi in mezzo al nulla del piccolo parco. Una chiarra ed un amplificatore gli facevano da band. Attaccò le prime note con fatica dopo mesi passati a fingere di suonare.

Poi, quando prese il ritmo dedicò la sua prima canzone, quella da cui era iniziato tutto, alle stelle sopra di lui.

Quelle che per la sua stupidità non era riuscito a toccare ma che comunque lo avevano scottato.


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