domenica 30 giugno 2013

Il metodo Mignola


Quando porti aventi un lavoro creativo come disegnare o scrivere (o se Dio ti vuol bene entrambe) è importante mantenere un certo livello di concentrazione su quello che si sta facendo. Più lungo è il lavoro che si sta portando avanti più sarà necessario appuntarsi cose, ricordarsene altre per mantenere un minimo di coerenza interna al prodotto che si sta portando avanti. Dopotutto per il lettore potrebbe diventare fastidioso leggere qualcosa che si contraddice da sola.

Allo stesso modo se mai avete provato a scrivere o immaginare una storia che prevede un mistero e la sua soluzione (che sia un omicidio alla CSI o roba fantascientificomagica non importa) vi sarete sicuramente resi conto che l'unica maniera di dare senso ad una roba del genere è sapere prima come si svilupperà il tutto. Per farla breve quando si sedeva a scrivere Agatha Christie lo sapeva già chi era stato.

Quindi l'unica cosa da fare è mettersi buoni buoni con un quaderno e farsi lo schemino? Grosso modo si. Prima di metterti a scrivere veramente devi prendere carta e penna e decidere:
-I perché e i percome dei personaggi
-Cosa succede nella storia.
-Cosa dei far sapere al lettore
-Come farlo sapere al lettore, preferibilmente evitando di usare un personaggio che spunta su e fa 20 minuti di spiegone.

Puoi fare così oppure sei Mike Mignola, il creatore di Hellboy.
Vado a spiegarmi: riassumendolo per sommissimi capi Hellbboy è un demone dell'inferno evocato sulla terra da un mago. Per il simpatico scopo di distruggere il mondo. Ovviamente qualcosa però va storto Hellboy cresce tra gli umani e diventa un agente segreto che da la caccia ai mostri per conto di un'agenzia governativa.
Ci siete fin qui? Bene. Il riassunto appena fatto praticamente racchiude tutto il primo volume della serie. In seguito il tutto si sviluppa (per ora) in 13 volumi. Ovviamente la storia di Hellboy non si risolve facile. Per quanto lui faccia finta che non è il mostro che distruggerà il mondo varie forze oscure dal sapore fiabesco o lovercraftiano tramano per fargli fare il fottuto lavoro per cui è stato evocato. Ed è qui che si palesa il Metodo Mignola.

Prendiamo i 13 volumi fin ora usciti. Dopo una parte iniziale (1 e 2) in chi Hellboy viene evocato e si ritrova a fare i conti con i suoi problemi. Ci ritroviamo in una serie di storie slegate tra loro dove succedono si cose spaventose e magiche ma niente che si leghi con la trama principale. Sono storie autoconclusive dove ogni tanto si accenna a qualche questione più grande. Ma per ora si resta molto sul vago. E va avanti così dal 3 al 5.
nel numero 6 Mignola decide di spiegarci una sacco di cose sulla storia del suo mondo collegando alcuni dei pezzi fin ora messi in campo. Quello che ne risulta è un lungo spiegone che però ha l'effetto di mandare un chiaro messaggio al lettore: “tranquillo che prima o poi ti spiego tutto”

Qui c'è il punto di svolta. Dal volume 7 in poi Mignola inizia a riallacciare i fili della trama per guidarla dove dice lui. Il lavoro è fatto più o meno così:

-Prendi un personaggio da una delle storie vecchie.
-Fagli fare qualcosa che lo leghi alla trama principale.
-Fallo sapere ad Hellboy
-Ripeti il processo con un altro personaggio.

Con questo metodo (e con alcuni salti logici del tipo “è magia e zitto”) Mignola collega tutti gli eventi, porta avanti la trama e da a tutti un “finale di stagione” per la prima parte della trama di Hellboy.

Si era preparato tutto dall'inizio?
Macché! Ha seguito un metodo molto diverso sperando che la gente lo seguisse. Nella prima parte ha semplicemente buttato lì personaggi e indizi senza avere minimamente idee di cosa farcene in futuro.
Nella seconda parte ha iniziato a pescare da lì un po' alla volta usando cose vecchie per spiegare le nuove o viceversa. Vabbè alcune cose ti lasciano un po' perplesso ma il risultato finale marcia bene. Aggiungi al tutto un disegno e un modo di scrivere che ti dice tutto e niente lasciando al lettore la patata bollente di trovare una spiegazione o interpretazione e il gioco è fatto.

Quindi Hellboy fa cacare e Mignola non sa fare il suo lavoro?
No ad entrambe. Anzi proprio perché Mignola sa fare il suo lavoro ha potuto mantenersi vaghissimo sulla programmazione della serie per poi buttare dentro le soluzioni man mano che gli venivano in mente.

Per il resto, provare per credere. Hellboy va letto.

sabato 29 giugno 2013

Frammenti e briciole



è mattina nella casa che tutti i fuorisede di Roma mi invidiano per convenienza, compagnia e qualità della vita. Sono le 7 di mattina per la precisione. Non riesco a dormire e in parte mi fa anche piacere alzarmi ad un'ora normale di tanto in tanto. Poi è bene approfittare del fresco di questi giorni.

Fuori dalla mia stanza sento un basso vociare da complottisti. I Carlos (anche se oramai ho capito che si chiamano Carlos uno e Jaime l'altro) hanno steso una grossa mappa sul tavolo della stanza singola vuota che, per comune e tacito accordo, abbiamo eletto a sala ricreativa e lavanderia. Su un lato del tavolo c'è un portatile con cui a turno Carlos o Jaime trafficano per un po', dicono qualcosa e l'altro subito con compasso, matita e riga va ad aggiungere o cancellare qualcosa sulla mappa.
Non lo so e non lo voglio sapere. Mi ripeto in testa. Passo saluto ed esco fuori al balcone a fumare la sigaretta del mattino, quella che darà il via al meravigliosi ciclo intestinale così bistrattato quanto utile.
Fuori, seduto su una sedia c'è Cisco. Legge un libro. Ieri sera ho scoperto per caso che il giovane legge libri in italiano. La sua scorta recuperata su bancarelle comprende roba di Calvino, King, qualunque cosa con dei vampiri pre-Twilight e il libro che sta leggendo ora:

“Ricette afrodisiache”
U' Marònn, aiutm tu!

Spero vivamente che la sua sia una semplice lettura accademica e che non abbia a che fare con eventuali visite. La settimana appena trascorsa ha segnato il ritorno della figlia di Freccia Nera. Questa volta però sono stati tutti più discreti. Lei continua ad avere una voce che incrina i muri ma pareva si sforzasse di trattenerla. Ieri è andata via per ricevere il cambio da parte di due nuove pericolose entità: le Madri Fantasma. Direttamente dalla Spagna sono le mamme delle due ragazze nella doppia: una è un donnone di quelli che pensi possa ucciderti solo guardandoti storto, l'altra è chiaramente una milf in pensione forzata. Le ho incontrate ieri mattina mentre barcollavo per il caffè ma dopo quelle rapide presentazioni sono sparite in una nube di fumo.
Al momento si trovano solo tracce indistinte: cucina pulita e lavata, piatti bene in ordine, lavatrice costantemente in funzione. Addirittura il Trio Disastro sembra essere intimidito da queste oscure presenze.

Fuori fa fresco, c'è qualche nuvola ogni tanto, niente che non possiate vedere dalla vostra finestra. Jaime è sceso in cerca di provviste. È stato lui a scoprire il disastro, la tragedia.
29 Giugno, San Pietro e Paolo, patroni di Roma.
Tutto è chiuso come una normale domenica pomeriggio. Le strade sono vuote come il nostro frigorifero.
Sembra quasi sincronizzato. Tutti e quattro ci lasciamo prendere dal panico insieme scavando nella dispensa in cerca di cibo.
Briciole.
Avanzi.
Qualcosa di commestibile.

Poi com'è iniziata finisce. Carlos e Jamie tornano a chinarsi sulla mappa con fare professionale. Cisco va in camera sua, fa tre note con la chitarra poi sento la tipica botta nel muro che segnala quando si abbandona sul letto.
A quel punto realizzo una cosa: i membri del Trio Disastro hanno delle occhiaie da panda morto. Qualche domanda e molti gesti come quelli degli oranghi dopo scopra che sono due giorni che nessuno di loro dorme.
Devono consegnare qualcosa.


Oppure tra breve inizierà il colpo.

venerdì 28 giugno 2013

Libri a caso: the cell.



Stephen King è uno scrittore che amo. È bene dirlo ed è bene farlo sapere in giro. Ma, come tutti gli esseri umani ha dei difetti. Uno tra tutti, quello che salta di più all'occhio del lettore pagante (che con i suoi 10-20 euro si guadagna il diritto di critica), è che spesso si perde nel finale.
Forse perché è così bravo a creare aspettative ed ansia che poi quando la vicenda va a risolversi ti lascia un po' perplesso.
Forse è perché anche lui ama la storia che sta raccontando e inconsciamente non vuole chiuderla.

Onestamente che ne so io. Sono solo un lettore. Quello che so è che basta vedere un qualsiasi libro di King e dedurre dallo spessore che aveva assai cose da dire.

Prendiamo qualche esempio per capirsi: in L'ombra dello Scorpione un'epidemia di influenza stermina la popolazione mondiale e da lì un gruppo di sopravvissuti si ritroverà coinvolto in quella che sembra essere una versione riveduta e corretta della guerra biblica.
Ottimo, figo, i personaggi ti sembra di conoscerli dal vivo, le scene durante l'epidemia fanno accapponare la pelle. Tutta la seconda parte (la guerra biblica) si muove su dei binari che...
Vabbuò andatevelo a comprare che vi fate solo un favore.
Il punto è che King si sente in dovere di raccontarci tutto quello che accade ai personaggi, all'epidemia ecc ecc. si parte dal primo infetto fino alla catastrofe passando per una decina di punti di vista.
È un bene perché, tu lettore, ti ritrovi calato nell'atmosfera.

Oppure in Cose Preziose dove un commerciante molto imparentato con il diavolo inizia a vendere cose a gente di una tranquilla cittadina del Maine (e visto che tutte le storie di King bazzicano nel Maine vien da chiedersi se da quelle parti non viva anche la signora in giallo). Comunque questo tizio vende queste cose in cambio di innocenti favori o scherzi fatti a altri cittadini. Lo scopo del tutto è quello di mettere tutta la città l'una contro l'altra.
Anche qui il buon Stephen parte da Adamo ed Eva. Ci presenta i personaggi, ci fa vedere il prima il durante il dopo e il molto dopo passando per una marea di personaggi assicurandosi che, tu lettore, abbia un vivido quadro dell'escalation.

Bene, ora prendiamo in mano questo The Cell. La storia è semplice: ad un certo punto tutti quelli che usano il cellulare impazziscono e diventano dei maniaci omicidi assetati di sangue e totalmente dementi.
Perché?
E beh... perché BZZZTLACKTUTUTUTURRRRR-zione. (tanto per citare Ortolani).
Non c'è un perché e c'è da dire che ci interessa relativamente. Vediamo lo sviluppo. Questa volta King abbandona il suo stile bibblico partendo subito col botto intorno a pagina 10 abbiamo già visto:
-Centinaia di persone impazzite.
-Boston distrutta da incendi ed esplosioni.
-Il protagonista che capisce che è colpa dei cellulari.
-Il protagonista che si fa un amico.
-Il protagonista che si accorge che ha moglie e figlio a km di distanza e decide di raggiungerli.

Il libro procede, succedono fatti, cose splatter, si scoprono cose e i pazzi furiosi che prima uccidevano tutti iniziano ad avere un piano e dei superpoteri. Ma di tutto questo a noi lettori non ce ne fotte perché stiamo seguendo la storia del nostro padre di famiglia in cerca del figlio
. sperando che prima o poi arrivi qualche spiegazione.
Si arrivano. Per bocca di un ragazzetto di sedici anni smanettone di computer.

Ti aspetti squartamenti, senso di smarrimento orrore e un qualcosa di più di una vicenda che inizia a “si risolve” in 16 giorni circa.

Io mi sono fatto un'idea poco lusinghiera del processo di creazione di questo libro: King ha preso le parti scartate de L'Ombra dello Scorpione ha aggiunto qui e lì e cambiato il resto. Ha messo i pazzi maniaci nelle scene della rivolta per l'epidemia, ha aggiunto delle robe al finale e poi ha ricontrollato tutto dandoci un senso.

Non che il libro sia brutto ma suona come un deja-vu. Uno di quelli che dura trecento pagine e tu aspetti con ansia che arrivi una qualche spiegazione. Non lo spiegone ma almeno degli accenni non “Mah, saranno i terroristi.”

e il finale?
Marò, il finale.
Brrr.


lunedì 24 giugno 2013

Quasi



Piazza San Giovanni. Venedo da via Appia Nuova. La mia bici fila sfruttando la rincorsa dell'impercettibile pendenza a favore dell'Appia. Davanti a me il semaforo verde. Inizio a pedalare in piedi sui pedali per prendere quel tanto di rincorsa sufficiente ad affrontare la salita oltre gli archi di Porta San Giovanni. Nell'istante in cui sto per attraversare l'incrocio il semaforo si fa giallo. Non freno, convinto di poter passare prima che succeda il peggio.
Il mio primo errore.
I miei polmoni da fumatore sbuffano mentre spingo i pedali e mi sposto sulla sinistra per imboccare l'arco gusto. A quel punto da una viuzza laterale di cui mi dimentico sempre una fila di tre auto parte attraversando a piazza in una larga curva.
Il mio cervello, occupato a non farsi venire un infarto, registra solo all'ultimo momento la presenza delle auto. Ruoto la testa.
Dal retro della fila di auto si stacca una Smart bianca. I miei pregiudizi sui guidatori di Smart sono molteplici e variopinti. Per semplicità mi limiterò a dire che, a mio avviso, i concessionari accettano di venderne solo a persone con il QI non superiore a quello di uno struzzo. Questo tizio non fa eccezione.
La Smart scarta e fa zig zag tra le auto mettendosi in testa alla coda ordinata. Lo strombazzare degli altri automobilisti attira la mia attenzione. Ho un primo piano del paraurti della Smart a circa mezzo metro da me che continua a correre come fossimo ad Indianapolis.
Nella plancia di comando il mio Io Cosciente fa dei rapidi calcoli balistici. In base a velocità e traiettorie l'impatto è imminente. Il fianco destro si irrigidisce preparandosi alla botta (e probabilmente al volo).
Ecco lo sapevo! Sbraita il mio Io Cosciente. Ero sicuro che non ce l'avemmo fatta a vedere le gioie della vita! Tutta colpa di questo cazzone che si crede un ragazzino e ancora gira su 'sta fottuta bici. Dio santo l'avevo detto io che venire a Roma era una pessima idea! Inseguire le proprie aspirazioni un cazzo! Ecco, bietolone di merda! Vai a spiegare le tue aspirazioni sul paraurti di sto burin
SBAM!
L'Io Cosciente cade a terra svenuto per la forza del cazzotto dell'Istinto. Quest'ultimo afferra i comandi digrigna i denti e inizia a sbraitare ordini.
La mano sinistra tira il freno posteriore, il corpo si inclina di lato mentre sterzo di botto tentando una curva stretta verso la salvezza. Nello stesso istante lo stronzo di merda nella Smart scarta convinto di potermi superare sul davanti rendendo la mia manovra inutile.
Quello che però nessuno aveva considerato è il gradino alto del marciapiede.
Curvando bruscamente la ruota anteriore ci sbatte contro. La velocità della bici non è eccessiva ma tanto basta a sbalzarmi dal sellino. Due o tre Leggi del Moto mi strattonano come bulletti pretendendo la precedenza. Dopo un rapido meeting concordano nel buttarmi contro le transenne che delimitano i lavori della Metro C. la bici mi segue per inerzia sbattendomi addosso.
Intanto la Smart passa sfrecciando come se non fosse successo niente su punto esatto dove pochi istanti fa c'ero io.

Nella sala comando il mio Io Cosciente riprende i sensi constatando che siamo ancora tutti vivi. Fissa per un attimo l'Istinto che sorride e si fa da parte cedendo i comandi


Io Cosciente rivolto all'Istinto

Mi rialzo lentamente. La botta a fatto abbastanza rumore ma nessun danno. Un terzetto di giapponesi abbassa la cartina che stava studiando e mi fissa con aria preoccupata e incuriosita. Io resto lì immobile mentre faccio il check up completo dei miei pezzi completamente dimentico della prima regola dal codice della strada Romano: bestemmiare, forte e a pieni polmoni.
Ma il mio antagonista a quest'ora sarà già a Termini per quel che ne so. Probabilmente è andato ad accompagnare la puttana della mamma al lavoro.
I giapponesi mi guardano sorridere, poi ridere e perdono interesse.
C'è mancato così poco per scoprire se c'è davvero il tunnel, la luce e tutto il resto. Questa considerazione metafisica mi fa morire in gola un bestemmione liberatorio.
-Grazie.- dico a chi di dovere.

Poi inforco la bici e ricomincio a pedalare verso il Colosseo.

venerdì 21 giugno 2013

Un Lavoro gratificante

Capita di essere in bolletta. Capita spesso e volentieri soprattutto quando sembra che il tuo curriculum sia considerato come una brutta malattia che ira di sito in sito e di agenzia in agenzia.
Sono una persona tranquilla, con la testa piena di idee, pensieri filosofici e storie. Lento ma determinato come un impianto automatizzato di una vecchia fabbrica abbandonata. Faccio quello che mi dicono di fare, lo faccio al meglio perché comunque mi pagano. Proprio per questo ho attraversato varie fasi lavorative che sono poi culminate nella salumeria del Conad.

Non che fosse quello il mio obbiettivo eh. Lo scopo di tutta la manfrina è scrivere, trasmettere qualcosa al prossimo attraverso la penna (mia) ed il disegno (altrui) e magari camparci pure. Purtroppo questa consapevolezza mi è sfuggita per tutti gli anni della formazione scolastica facendomi così attraversare la scuola dell'obbligo con lento pede e indole svogliata.

Ad ogni modo con questo catalogo di aspirazioni e il mio miserevole rendimento scolastico mi sarebbe spettato un posto da giratore di hamburger o sorvegliatore di patate fritte al Mc Donald invece sono qui sotto un sole che tira schiaffi che manco mia madre a strappare erbacce mentre alcuni cani mi abbaiano attraverso la rete.

Ma facciamo un salto indietro.
È il 2006 sono più giovane e credo (erroneamente) di avere più capelli. Sono ancora disoccupato. È Agosto, io e la famiglia siamo a mare vicini Pestum. Seduto sull'asciugamano vedo avvicinarsi mio padre con quel suo linguaggio corporeo che comunica “devo dirti una cosa seria anche se questo non sembra proprio il momento”. Mio padre non ha mai saputo scegliere oculatamente le tempistiche per fare i discorsi importanti della vita. Non è colpa sua, lui ci metteva anche la buona volontà ma evidentemente c'è un meccanismo particolare che gli fa credere che determinate occasioni siano perfette per affrontare determinati argomenti.
Coma una spiaggia di Pestum a mezzo giorno con vagonate di gente è il posto adatto a parlare del futuro lavorativo oppure l'attesa dal barbiere è il momento ideale per spiegare tutta quella faccenda delle api e dei fiori.
Ma questa è un'altra storia.

Il dialogo sulla spiaggia di Pestum si può condensare più o meno in pochi termini:
Papà: “ok scuola finita, univerità no... che pensi di fare adesso?”
io: “beh trovarmi un lavoro” anche se in cuor mio la risposta era continuare a leggere libri e fumetti, giocare di ruolo e tutto il resto come se avessi ancora 14 anni
Papà: “beh è che ci sarebbe questa cosa... da zia Maria”
Quella cosa erano i miei due cugini ferraresi che mettevano su un impresa di giardinaggio estremo. Ovvero potavano ed abbattevano alberi usando solo corde e motoseghe. Pare che avessero bisogno di qualcuno per completare il terzetto lavorativo e avevano chiesto di me.

Verso ottobre feci i bagagli e mi unì all'allegra combriccola. Sono stato un annetto lì e nel complesso non mi è dispiaciuto: lavoro all'aria aperta, gente nuova, una città talmente tranquilla da sembrare morta, i miei cugini “pazzi”. Ma non stiamo parlando di questo. Per cui rimanderò quella particolare narrazione al futuro.

Stacco. Alessandro, il fidanzato di Aurora e educatore cinofilo guarda con aria sconsolata il terreno dove lui e il socio Riccardo hanno messo su il loro campo di lavoro. Nel giro di una settimana le erbacce si sono moltiplicate trasformando i recinti in giunga tropicale di erbacce.
-Ma fino alla settimana scorsa era ok. Che cazzo è successo?- fa Alessandro.
-Devono essere stati i druidi.- dice serio Riccardo.
-I che?-
-Quelli del terreno accanto?-
-Esatto.- annuisce solenne Riccardo.
-Vuoi dire che i braccianti rumeni del contadino di fianco sono venuti qui nella notte a piantarci erbacce?-
-Ma che sei scemo!- ribatte Riccardo paonazzo -Li senti tutto il giorno che parlano una strana lingua misteriosa? Sono incantesimi. Te lo dico io!-
-Mmm, ok facciamo che hai ragione. Che si fa?-
-Prendiamo qualcuno.-

ora, sarà perché da qualche parte nella mente di Alessandro c'è il ricordo che io ho fatto qualcosa di assimilabile al giardinaggio o sarà perché sa che ho bisogno di soldi mi propone di essere uno dei due giardinieri ufficiali.

Il campo ha due caratteristiche principali: non esiste ombra e ci sono i cani. Bestie curiose che in questi primi due giorni ho imparato a capire. Martedì mentre trafficavo fuori da un recinto Zara e Crash (i cani di Aurora e Alessandro) mi seguivano fissandomi dall'altra parte della rete. Nel loro sguardo si leggeva il messaggio “guarda a questo umano che è impazzito” ogni tanto Crash faceva uno sbuffo d'approvazione quando strappavo una ramaglia più grande. Oggi invece altri cani abbaiavano come degli ossessi per ogni filo d'erba che osavo staccare del vialetto che costeggiava il loro recinto. Mi seguivano, ogni tanto abbaiavano. Erano come vecchi davanti ad un cantiere ed ogni “bau” significava qualcosa come “ma no! Non quello lì! Ma che fai!?”

come ho già detto si tratta di un lavoro sfiancante, sotto il sole. E l'unica difesa che ho è quella di scendere presto la mattina. Si suda, si sta inginocchiati nel terreno a farsi spolpare dalle mosche. Però, per qualche motivo, lo trovo rilassante e divertente come in generale tutti i lavori fisici che lasciano la mente libera di pensare ad altro.
Che poi, a dirla tutta, con i soldi che mi pagheranno potrò pagarmi Lucca.

PS: ovviamente i personaggi sono esagerati per motivi narrativi. Alessandro e Riccardo sono gente seria che sa fare con i cani come io con i manuali di D&D. Per cui nell'eventiualità QUI c'è il sito di lavoro di Alessandro e se mai vi trovaste a passare la mattina di Martedì o Venerdì potreste anche incontrare il sottoscritto in carne ossa e sudore.


E, per l'amor di Dio, portate una bottiglia d'acqua

giovedì 20 giugno 2013

Bobby Mallei

C'è stato un tempo in cui il mondo era più bello: c'erano le mezze stagioni, il problema principale era non andare troppo male a scuola e l'obiettivo di noi tutti era provare ad averla da ragazze che non avevano nessuna intenzione di darcela.
Le campagne di giochi di ruolo procedevano con una regolarità religiosa con grande sgomento di mia madre e mio padre. Quest'ultimo ancora si interrogava su quale errore genetico fosse intervenuto per fare del suo primogenito un rincoglionito perennemente con le testa fra le nuvole dotato di una fantasia così fervida quanto scarsa era la sua manualità.
Me li immagino tutti e due a discutere in ansia mentre io nella stanza accanto pittavo miniature e componevo l'ennesimo mazzo di Magic. Non che non provasse a capire in quanto sua convinzione è che ogni buon padre sappia, almeno per sommi capi, le passioni della prole.
Alla fine concluse con un “almeno non ti droghi”.
Rideva lui, ridevo io.
Per motivi molto diversi ma in sintesi era sollievo.
Nessuno di noi due lo sapeva all'epoca. Ma lui era lì.
In attesa

L'affermazione “almeno non ti droghi” non era del tutto esatta. Avevamo cominciato tutti in seconda superiore. Erba per lo più. Avevamo fatto degli esperimenti e ci era piaciuto. Nelle prime settimane, presi dall'entusiasmo provammo a fumare qualunque cosa che fosse di origine natura e arrotolabile in una cartina nella speranza di trovare qualcosa con il medesimo effetto. Nell'ordine provammo: basilico, origano, menta e peperoncino.
E capimmo che era stata una pessima idea.
Mentre noi tossivamo il peperoncino lui era lì tra i CD in attesa.
Rideva.

In seguito la cosa crebbe a livello esponenziale: una volta ogni tanto, ogni sabato sera, ogni volta che ci vedevamo ecc ecc. con una semplice costante: Bob Marley. Non ho mai ben capito quale fosse l'associazione di idee per cui se ti facevi una canna dovevi avere un giamaicano che cantava nello stereo. Sarà stato il messaggio di pace (che ignoravo), sarà che la musica era rilassante (non per me) o che per quanto ci sforzavamo di fare gli alternativi eravamo comunque vittima del marketing.
Resta che a me è sempre sembrato stupido insospettire più del dovuto. Immaginate di essere un carabiniere: state facendo il vostro giro quando passate vicino ad un auto parcheggiata con dentro 4 ragazzi, Bob Marley che canta nello stereo e una nube di fumo che manco la val padana.
È che cazzo, pare proprio che vuoi farti fermare.

Ma noi eravamo occupati in altre attività più importanti per notare questi dettagli. Principalmente fare i filosofi e ragionare sul perché lo stato nemico pretendesse che noi andassimo a lavorare per avere dei soldi. Oppure la guerra, la fame nel mondo, nella mia fiat punto sono state pronunciate alcune delle più indicibili cazzate che abbiano mai toccato l'aria. E non penso che eravamo i peggiori.
Ma lui era lì, nello stereo.

Quando ci stufavamo di stare in macchina in un angolo buio scendevamo in piazza del Gesù, da sempre ritrovo dei punkabbestia partenopei, i suoi servi, le sue vittime. Ci sedevamo su una fontana e fumavamo canne dicendo cazzate in mezzo ad un mare di idioti intenti a fare la stessa cosa. In quella piazza ho visto lo scarto dell'umanità. Gente che oramai non aveva più rapporti con la sua intelligenza.
C'era un tipo che metteva nello stereo della macchina canzoni dei Sud Sound System e le cantava a squarciagola ballando sul posto. Convinto che tutte le ragazze nell'area si bagnassero al solo vederlo.
C'erano delle tizie in piena fase lesbo che venivano ad accoppiarsi languide con le compagne sui bordi della fontana. Ubriache perse, fumate marce e con quell'atteggiamento di chi in realtà si sta mettendo in mostra.
C'era un tipo che, in cambio di un sorso di qualcosa di alcolico, si lanciava in un monologo accorato di analisi politica e complottismo che ancora resta alla base del mio manuale di traduzione Stefano-imbecilli.
C'era un piccione morto nella fontana. Ogni volta uno diverso.
E c'era una perenne puzza di sapone mai usato.
Ma c'era anche lui, nascosto da qualche parte: una spilla, una maglietta la copertina di un CD.
E ci fissava.

Le serate a volte sembravano non finire mai. Certe volte organizzavamo un poker dove oltre alle abilità richiesta dal gioco era richiesta una strenua resistenza per rimanere concentrati su quello che succedeva. Non era raro che qualcuno continuasse testardamente a giocare con un punto immaginario. A volte vinceva pure vantandosi dell'ottimo bluff che aveva fatto.
Altre volte dopo “essere stati in giro” verso le 3 accompagnavamo la gente a casa. Era quasi un obbligo morale l'ultima canna di saluto. Il problema principale è che a quel punto eravamo così pieni di cazzate che il dibattito si riaccendeva nello stesso istante in cui si tirava fuori il tritaerba. Un nostro amico aveva l'esasperante tendenza a non tener mai chiusa la bocca, cosa che poi gli impediva di leccare la cartina. Quando finalmente l'ultima canna era pronta ci voleva un'altra mezzora per fumarla.
E nello stereo c'era sempre lui,Bob Marley. Cantava No woman, no cry ed io, non capendo il testo (o intuendo qualcosa), immaginavo che Bob era un marito violento che menava la moglie e poi la minacciava di batterla ancora se non la smetteva di frignare.

Bobby Malley, come lo chiamavamo noi nella fattanza. Il gemello malvagio e perfido del povero Bob. Con una faccia simpatica che nasconde un sorriso crudele, rasta come serpenti. Bobby Malley è l'equivalente di It. Bobby sta arrivando con le sue canzoni sbiascicate, la puzza d'erba e i suoi discorsi pesanti sulla fame nel mondo e su come sono oppressivi i poliziotti che non vogliono farti fumare le canne.
Non è la droga che uccide. È Bobby Malley che ti fa centrare un palo della luce mentre cerchi di trovare la canzone giusta tra le 500 della sfigo-playlist.
Non è la droga che ti intorpidisce il cervello davanti allo sbirrume che ti ferma tutto fatto alle 4 del mattino. É Bobby Malley che continua a blaterare confondendoti le idee.
Non è la droga che non ti fa rizzare il cazzo tanta la pressione che si è abbassata. É Bobby Malley che ti mostra le foto di tua nonna coprendoti la visuale sull'unica punkabbesta tosta dell'emisfero.
Non è il sistema che ti esclude dal mondo del lavoro, non è il signoraggio che ti togli dalla sacca i soldi, non sono gli alieni a rapirti la notte, non sono i cellerini che ti menano, non sono io e i miei amici idioti che abbiamo deciso di stonarci a tal punto da non fottercene più.

È Bobby Malley. Non è consolante così? È lui che ha convinto il tuo cervello bacato che in fare il giocoliere giù piazza Dante è un'ottima idea.

Ti ucciderà. Non con quelle cazzate da pubblicità progresso e nemmeno con incredibili effetti speciali alla Final destination.
No, lui è più subdolo, ti ammazzerà un po' alla volta. Di noia.

lunedì 17 giugno 2013

Dragonero

Fin dai tempi del film Il signore degli anelli una domanda mi frullava per testa: possibile mai che non esiste un fumetto fantasy?
No, praticamente non esisteva se si escludono i vari manga. Eppure nel mio modesto parere un potenziale bacino di utenza c'è: giocatori di ruolo, appassionati, malati del suddetto film tratto da un famoso libro e via dicendo. Ma per qualche motivo niente all'orizzonte.

Poi arriva Dragonero della Bonelli. In principio trattasi di un volumetto da 200 e rotte pagine autoconclusivo. Siamo nel 2007, il volume esce, vende abbastanza bene e poi la cosa finisce lì. Ma evidentemente a qualcuno la cosa è piaciuta visto e considerato che adesso esce una serie regolare che riprende i personaggi, nome e mondo del primo volume Dragonero. Quest'ultimo diventa un prologo delle serie regolare.

Ora a me piacerebbe molto iniziare a parlare del volume autoconclusivo per poi spostarmi sulla serie ma una serie va vista nel suo complesso e ho sempre odiato quelle cose tipo: “ecco la serie di Robin ma sappi che se non hai letto prima Batman hai voglia di morire pazzo prima di capire tutto”.

Inoltre, il volume autoconclusivo non sono stato capace di trovarlo da nessuna parte. E questo è il vero motivo per cui non ve ne parlerò.
l'albo in se per se è bello e ben fatto a livello materiale come ti aspetti sia per la Bonelli. Se proprio devo fare il pignolo la copertina non è che mi piace tanto ma in fondo son gusti. In compenso la parte grafica è spettacolare dall'inizio alla fine: pulito, dettagliato, figo all'ennesima potenza. Una roba che quando la sfogli ti si scalda il cuore a te che sei stato cresciuto a pane e illustrazioni scarse dei giochi di ruolo.
Proprio a questi ultimi la storia sembra dovere parecchio. Ora io a Luca Enoch non lo conosco, non so manco che faccia ha ma dopo 15 anni di Dungeons & Dragons so riconoscere i segni.

La storia è più o meno questa: ci sono il guerriero umano, il barbaro orco, l'elfa ladra (?), e la tecnocrate (ci arriviamo dopo) che vanno in una città commerciale ad indagare per conto dell'Impero su un traffico d'armi. Nello specifico l'arma trafficata è una versione fantasy del napalm.
Ora a me giocatore di ruolo la trama e lo sviluppo della stessa sanno un po' di già visto però, ed è un però importante, il ritmo dell'albo è ottimo, i personaggi sono ben caratterizzati e alcune trovate generiche sul mondo davvero carine.
Per dirne una: nel mondo di Dragonero ci sono sia i maghi con barboni e strani incantesimi che i tecnocrati, ovvero gente che usa la tecnologia come la intendiamo noi per avere effetti straordinari. Altro punto forte è che c'è tutto quello che ti aspetteresti di trovare: c'è eroe senza macchia un po' tormentato, c'è l'amico burbero ma dal cuore tenero, c'è l'elfa scassacazzo, c'è l'oscura minaccia.
Insomma, prendete una bella campagna di D&D che avete giocato e provatela a trasporla a fumetti nella vostra immaginazione.
Dragonero sembra questo. E non è una cosa dispregiativa, anzi. Ogni pagina da l'impressione di avere a che fare con un amante del genere (e io ci metto i soldi che è anche un giocatore di ruolo).

La narrazione in se per se fila. C'è una vicenda principale che si incrocia con alcuni flashback spiegando man mano la matassa. Con questo giochino del flashback si risolve anche il problema di spiegarci grosso modo il passato dei protagonisti permettendo una lettura scorrevole.
Se bisogna trovarci un difetto a quest'albo sta in alcuni personaggi di contorno: i cattivi sono cattivi perché così gli ha detto il medico. Dragonero (all'anagrafe Ian) è buono come il pane caldo di forno.


Poi l'albo finisce e tu ci rimani male perché non è autoconclusivo e continua tra un mese. Ci rimani male soprattutto perché ci vorranno altri 30 giorni prima di un'altra dose di fantasy ben fatto.

domenica 9 giugno 2013

Anche questi hanno votato il M5S



Parafrasando il post sul blog di Grillo:

C'è chi ha votato il M5S perché le scie chimiche sono pericolose.
C'è chi ha votato il M5S perché Berlusconi è un rettiliano.
C'è chi ha votato il M5S perché bevendo urina si guarisce dai tumori.
C'è chi ha votato il M5S perché se vaccini tuo figlio rischi che diventa gay.
C'è chi ha votato il M5S perché Casaleggio dialoga con gli ufo.
C'è chi ha votato il M5S perché è laureato in filosofia.
C'è chi ha votato il M5S perché il mondo deve diventare vegano.
C'è chi ha votato il M5S perché ha più capelli di Berlusconi e fa ridere di più.
C'è chi ha votato il M5S perché "e se no poi chi voto" anche se sono anni che ripete che si è scocciato di votare il male minore.
C'è chi ha votato il M5S perché poi i treni passeranno i orario.
C'è chi ha votato il M5S perché non ci sono più le mezze stagioni.
C'è chi ha votato il M5S perché mò si porta.
C'è chi ha votato il M5S perché "se mi dai contro sei caccpuppù".
C'è chi ha votato il M5S perché la vera democrazia è che uno dice "Si fa così" e tutti applaudono. Ma su internet.
C'è chi ha votato il M5S perché devono andare tutti affanculo!!!1!!1!
C'è chi ha votato il M5S perché se metti fa davvero il reddito di cittadinanza e chi si piglia più il fastidio di lavorare?
C'è chi ha votato il M5S perché Grillo lo fa ridere.
C'è chi ha votato il M5S perché se tutti sti stronzi gli danno contro deve essere per forza intelligente.
C'è chi ha votato il M5S perché dice le stesse cose che dico io al bar
C'è chi ha votato il M5S perché Equitalia è cattiva non che io non pago le tasse, sono cattivi loro che le vogliono indietro.
C'è chi ha votato il M5S perché suo cugino è candidato e 10000 euro di stipendio non fanno mai male.
C'è chi ha votato il M5S perché è meglio attaccarsi al  costo di un caffé in parlamento che alle cose serie.
C'è chi ha votato il M5S perché glielo ha ordinato il suo spirito guida.
C'è chi ha votato il M5S perché alla fine Casa Pound in parlamento non ci arriverà mai.
C'è chi ha votato il M5S perché nella vaghezza dei discorsi di Grillo si riconoscerebbe chiunque.
C'è chi ha votato il M5S perché "se dobbiamo fare la botta almeno facciamoci 4 risate prima".
C'è chi ha votato il M5S perché così ha una scusa per sentirsi superiore rispetto al resto del mondo.
C'è chi ha votato il M5S perché non c' niente di meglio di uno che grida slogan quando hai davanti un problema complesso,

Il nemico sotto


Due settimane fa, nell'androne del palazzo, sudato fradicio per la corsa e zuppo per la pioggia da cui stavo scappando. È pomeriggio. Entro dentro e mi dirigo all'ascensore dove incontro un altro abitante di questo palazzone in cui ho l'onore di pagare l'affitto a nero. È un uomo dal lato sbagliato dei cinquanta, calvo con qualche accenno di ricrescita occhiali un pizzetto e le guance spruzzate di barba. Sembra Walter White di Breaking Bad ma più esile o una versione di me stesso più magra e con più sfighe. È cortese ma silenzioso, quella cortesia che ti aspetteresti dal conte Dracula.
-Buongiorno.-
-Buongiorno.-
-Posso?-
-Prego prego.- poggia la mano sul tastierino.
-A che piano va?-
-Sesto.-
-Io al quinto.- preme mentre mi osserva con curiosità.
-Lei sta nella casa... quella con gli studenti?-
-Ehm si.-
-Ah.- silenzio. Poi rittacca -Le posso chiedere una cortesia? Io abito sotto di voi e... non è che potreste fare un po' meno rumore?-
Nella privacy della mia mente maledico i Carlos con una serie di antichi anatemi.
Lui va a vanti per un po' e mi spiega: che hanno una persona che “non sta bene” in casa ed hanno bisogno di silenzio. Culo vuole che questa persona stia proprio sotto la stanza dei Carlos. Mi impegno a farlo presente a chi di dovere. Lui ringrazia io chiudo la porta e torno alla mia vita.
Spiego la cosa a casa, i due erasmus mi fissano e annuiscono lentamente mentre spiego con termini semplici: “sotto, malato, rumore no. Alzate quelle cazzo di sedie”.
Loro annuiscono convinti: “ok, no problema.”

la vita va avanti come al solito. Gente che va, gente che viene. Dovessi continuare a chiamarli tutti Carlos N° x la serie sarebbe arrivata a Carlos 12. da sotto nessun segnale. Poi scatta il contatore.
In un momento imprecisato del passato nel condominio hanno cambiato la chiave che da accesso al locale dei contatori (sapientemente piazzati in cantina così da permettere a tutti di farsi una bella passeggiata se manca la corrente). Cisco l'intrepido, dopo una rapida consultazione in spagnolo, decide di andare a bussare a tutte le case finché non otterrà quella chiave. Lo accompagno per scongiurare il disastro.
Per i primi due piani ho una dimostrazione di come sia davvero la vita condominiale: nessuno ci apre, due interpellati ci prendono persino per malintenzionati. Scendiamo al 5° piano bussiamo.
BZZZZ
-Chi è?- fa una voce roca.
Cisco mi fissa come a dire “sei tu l'indigeno qui” e ha ragione.
-Ehm, mi scusi signora. Siamo gli inquilini del piano di sopra. Ci è scattato il contatore non è che potrebbe prestarci la chiave per favore?-
silenzio.
-Andate via!-
-Ma...-
-Non vi conosco, andate via!-
-scusi signora c'è suo marito o suo figlio? Mi conosce ci siamo visti l'altro giorno in ascensore.-
-Chiamo la polizia eh!-
Il fatto che Cisco abbia subito afferrato il significato della parola la dice lunga sui suoi studi erasmus. Anche il mio istinto di ex fattone di Piazza del Gesù mi suggerisce che quando viene chiamata in causa la polizia è il caso di desistere.
Andiamo via. La faccenda del contatore si risolve poi tramite l'aiuto di due gentilissimo condomini del piano di sopra. Ma è un altra storia.
Delle due inquiline nuove nemmeno l'ombra. Potrebbero essere già morte.

Ce lo dice King, ce lo dice una tonnellata di filmografia horror. Il male vive sotto: nelle fogne, nelle grotte, nelle cantine e gli angoli bui. È lì sopito e attende solo di essere risvegliato da due poveri fessi che vogliono accedere al loro contatore.
Il male attende e vuole la tua sanità mentale.

Quattro giorni dopo. Quattro giorni che non prendo più l'ascensore perché devo trascinarmi la bicia a spalla fino a casa. No, non ci entra nell'ascensore. O meglio: ci entra ma poi non si aprono le porte. Ma il diavolo è nel dettagli e così preserverò le vostre anime risparmiandovi una descrizione accurata del problema.
Non ci entra e me la salgo a piedi per 6 piani di scale per paura che se la lascio giù se la fottono. Sono le 21 ansimante e boccheggiante mi fermo sul pianerottolo del 5 piano. Si, lo so, colpa mia. La bici mi sfugge di mano. Non cade a terra ma sbatte sulla ringhiera producendo la classica vibrazione. Nello stesso istante la porta del nemico si apre. Lui è in piedi sulla soglia. Il signor Bincospino (nome inventato per associazione di idee). Mi fissa come se avessi un neonato morto in ogni mano. Morto nel senso di “ucciso da me”.
-Non potrebbe cercare di fare meno baccano?-
-Mi scusi, mi è scivolata di mano.- indico col mento la bici.
-Faccia più attenzione, abbiamo bisogno di tranquillità qui. Buonasera.- chiede la porta, io faccio spallucce e completo la scalata.

Oggi. Sono fuori al balcone a godermi il sole mentre sul foglio word ho inanella to una serie positiva di ben 6 tavole (sarebbero 12 se contassi anche quelle cancellate) e un soggetto finto, di quelli che non sai a chi mandare ma che almeno lo tieni.
Nella stanza vicina Carlos 2 studia, dalla posa concentrata e lo sguardo terrorizzato si evince che si approssima un esame. Le ragazze stanno cucinando Carlos 1 vede telefilm, Cisco dorme.
Sono le 16:30

BZZZZZZZZZZZZZZBZZZZZZZ...BZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZ!!!
La porta.
Che, come al solito, ignoro: sto scrivendo, mi sta andando bene e non mi scomoderò solo per un altro carico di Carlos. Ma non sono generici Carlos. L'avrei dovuto capire dalla bussata, dal contesto, dal male che ci sta per assalire.
Carlos 2 mi viene a chiamare si spiega a gesti e parole. Il succo è: noi non lo conosciamo se tu lo conosci bene se no noi non apriamo manco la porta.
Apro. Il tono di Biancospino è pacato, calmo, riflessivo. Gli occhi raccontano tutta un altra storia. La discussione va avanti per un po', il succo è: noi, sotto, casino, smettere, persona malata.
Io ribatto: scusa, cinque di pomeriggio, le cose vive fanno rumore, lo dico agli altri.

Quando mi giro però non c'è più nessuno: i Carlos e le ragazze si sono dileguati nel momento in cui si è aperta la porta lasciandomi da solo col mostro. Faccio il giro delle stanze portando la Buona Novella: “no rumore, sotto malata/moribonda, alzate le sedie e la prossima volto i cazzi sono i vostri”
in cambio ottengo una serie di “ok” e un “poverina”

Ora è l'una di notte. Sono fuori al balcone cercando di riprendere la serie positiva. Fa fresco, si sta bene e il caos di macchine che passano sulla Appia ha un effetto catalizzante sulle vignette. Le moto rombanti non mi lasciano assopire e per qualche strana benedizione le zanzare mi ignorano. Un numero imprecisato di Carlos (credo dal 1 al 5) gozzovigliano in cucina tra popcorn, lattine di birra e un innominabile mostruosità fritta.
Stanno facendo un casino d'inferno secondo la loro natura. Cisco accompagna con alcuni giri di chitarra.

Poi suonano alla porta. E, dovesse entrare il sig Biancospino con una motosega in mano io non mi muovo da qui.

venerdì 7 giugno 2013

Biciclette e astensionismo


Quando sono tornato a Roma questa settimana ho avuto la brillante idea di portarmi su una bicicletta. Il principio è sempre lo stesso: ATAC maledetta, non avrai mai i miei soldi. Confesso che avrebbe funzionato meglio se non avessi i muscoli atrofizzati da dosi eccessive di telefilm e vita altamente sedentaria.
Alcune persone, in primis mia madre, sono abbastanza sicure che girare in bici in una città come Roma sia un ottimo modo per suicidarsi. In effetti il traffico qui è folle (mai quanto quello in patria) la gente corre e l'automobilista medio preferisce dieci anni di carcere per omicidio colposo pur di evitare il disonore di cedere il passo a un coglione con la bici che cerca di fare una curva. Niente di nuovo insomma finché ieri, pedalando sovrappensiero mentre fingevo che le gambe non mi stessero scoppiando, quasi vengo tirato sotto da un grosso bus azzurro.
Un bus pubblicitario di Alemanno: un coso a due piani come i mezzi per i turisti che girano per Roma ma pittato di azzurro cielo con toni di bianco, faccione di Alemanno e di Berlusconi e musica sparata a palla. Sulla cima del bus un gruppo di donnine succinte che buttava volantini come manco sulle spiagge californiane e un tizio che gridava al microfono l'importanza di andare a votate (preferibilmente Alemanno) e che astenersi è un po' come essere un drogato in una pubblicità progresso.
La scritta che campeggia sui lati del suddetto bus e le parole del tipo ti confondono anche un po' le idee: "Roma cambia" è lo slogan, il tizio al microfono parla di malgoverno della città, di liberare il comune dai comunisti. magari mi sono confuso io che pensavo che Alemanno è stato sindaco fino a mò. mah, sarà che sono un immigrato.

Ora capirete da soli che un'arnese del genere ha già fatto perdere milioni di voti solo con la sua esistenza però mentre tornavo a casa mi sono venuti in mente metodi più efficaci per combattere l'astensionismo.

Per la destra io suggerirei di abbandonare queste stupide pretese democratiche e ricominciare con il caro vecchio porta a porta. Quando arriva il giorno delle elezioni dei gorilla pelati in anfibi e pantaloni mimetici vanno a bussare casa per casa invitando “gentilmente” la gente a votare. Hai il bambino da solo? Tranquillo te lo guardano loro mentre vai, la nonna non si può muovere? Se la caricano in spalla per essere sicuri che anche lei faccia il suo dovere.

Per quelli di sinistra invece basterebbe dire: “chi dopo votato si presenta con la scheda elettorale timbrata in una qualsiasi delle nostre sedi riavrà indietro i soldi che ha buttato fino a mò nelle primarie che poi puntualmente disattendiamo.

Vogliamo spingerci ancora oltre? Qualcuno vada in tv e dica che per avere il rimborso IMU deve risultare che hai sempre votato. Vedi come la gente fila.

Ora i soliti democratici fastidiosi potrebbero dire che il votare è un diritto e non è che si può costringere la gente ad andare a votare, che anche il non votare è una scelta ecc ecc.
Cazzate. Le elezioni sono una cosa costosa e siamo in tempi di crisi. Quindi se proprio uno ci tiene a continuare a farle spendendo tutti questi soldi per una tradizione che non significa più niente tanto vale che le si fanno per bene.

In effetti si potrebbe usare ancora un altro metodo per combattere l'astensionismo: vietare per legge di discutere di politica al bar e alle fermate degli autobus a quelle persone che non hanno votato. In entrambi casi vince il popolo: o la gente va a votare in massa o le attese snervanti dei bus saranno molto più tranquille.



mercoledì 5 giugno 2013

The Boys


qualche piccola premessa prima di scendere nei dettagli. Garth Ennis è uno stronzo, nel senso buono del termine, è uno sceneggiatore irlandese che ha visto per la prima volta le luci della ribalta con un ciclo di Hellblazer (quello del film Costantine) in cui prendeva il protagonista lo faceva ammalare di cancro e poi guidava il lettore passo passo fino alla naturale conclusione della vicenda. Che, tanto per dire, non è quella che vi aspettereste nel caso di un investigatore dell'occulto/mago/demonologo malato di cancro. Dopo Abitudini Pericolose qualcuno nella Vertigo comics si rende conto che il ragazzo ha talento, fa un altro paio di cosette sparse e poi gli dicono: “Ehi bello, ti piacerebbe scrivere per noi una serie tutta tua?” ovviamente lui risponde qualcosa come “Cazzo, si!”





Ed ecco che nasce Preacher.

Esagerato, folle, intenso. Una roba che lo leggi mandando la tua sospensione dell'incredulità a farsi un giro. La trama semplificata di molto è: un prete che vuole uccidere Dio. Sono i dettagli che fanno la differenza. In Preacher Ennis oltre a creare una storia e dei personaggi spettacolari definisce anche quello che sarà il suo marchio di fabbrica. Un marchio che si riassume in pochi temi: machismo, amicizia, storie di guerra, torpiloquio e grottesco. Soprattutto grottesco.
Tanto per dire, in Preacher c'è un tizio che si incula un armadillo. Così tanto per vedere com'è. Un altra opera di Ennis narra le gesta di una prostituta coi superpoteri che la da ad una clientela specializzata: supereroi.
Si, esatto. Quel genere di grottesco.
Ma Ennis non è stupido perché altrimenti avrebbe rotto i coglioni. Perché altrimenti cose come il suo Punischer MAX e il più vecchio Hitman non si spiegherebbero. Qui poi troviamo un altro elemento: Garth Ennis odia i supereroi. Li odia al punto che ogni volta che ne ha l'occasione li umilia in ogni modo possibile. Così, perché è divertente. Ma soprattutto perché il suo punto di vista è che un soldato semplice sia più eroico di chiunque altro.

Bene, finita la premessa andiamo a parlare di The Boys. È da un po' che Ennis scrive storie con lo stampino, di quelle che servono giusto a far cassa. I tempi di Preacher sembrano passati da un pezzo. Poi esce questo: è una produzione slegata dalle case maggiori americane e qui un autore del genere ha piena libertà.
La storia di The Boys è grosso modo questa: i supereroi (chiamati solo super) esistono nel mondo reale e sono dei pezzi di merda interessati, nel migliore dei casi, solo a soldi e fama. Le masse li adorano credendo che siano gli stessi beniamini dei fumetti. Una multinazionale li copre e li aiuta mentre investe soldi su di loro. La CIA vuole tenerli sotto controllo e per questo che esistono i Boys: un gruppo di sociopatici iperviolenti con l'unico obiettivo di tenere in riga i super che “cagano fuori dal vaso”.
Già così andrebbe bene ma la cosa è più complicata: il capo dei Boys, Buthcer, ha un conto aperto con il più potente dei super in circolazione: il Patriota, praticamente una parodia di Superman. E non è l'unico accenno. Man mano che la serie prosegue ci vengono presentate varie “versioni alternative” e riletture dei personaggi classici del fumetto.
Tanto per fare qualche esempio:
i Sette sono la Justice League.
I G Man sono gli X man
la scuola di mutanti di Xavier qui è un pedofilo che si circonda di ragazzini che diventeranno super traumatizzati.
Tek Knight è un incrocio tra Batman e Ironman.
La parodia di Thor è Stormfront il primo super nazista.
E potremmo andare avanti per ore.

Con tutto questo Ennis mette su una storia di intrighi politici prendendo a piene mani dal mondo reale. Uno dei cardini della storia sarà che la Vought, la multinazionale che controlla e crea i super, vuole ottenere appalti militari e per arrivarci non esita a interferire con cose come l'attentato del 11 settembre.
Tutto ci viene raccontato attraverso due punti di vista diversi: da un lato Hughie, un tizio la cui fidanzata muore come “danno collaterale” in uno scontro tra super che viene reclutato da Buthcer in sostituzione di un membro della squadra.
Dall'altro Starlight, una supereroina idealista che si troverà reclutata tra i Sette e scoprirà man mano la mostruosità di quel mondo.
Ovviamente i due si innamoreranno per caso?

Insomma le premesse ci sono tutte: un bel intrigo, una bella premessa, violenza e riferimenti buttati qua e là. Capolavoro?
No.
Perché Ennis fa troppo l'Ennis. La serie soffre di continui alti e bassi alternando momenti buoni (tipo il primo numero) a cali di interesse già al secondo andando verso vere e proprio momenti WTF (tipo la “salsiccia della libertà”) poi momenti spettacolari (tutto il ciclo “La Verità”) e via così.
Uno dei problemi principali è il tipico grottesco di Ennis che si manifesta senza freni unito alla malsana idea di rappresentare la stronzaggine dei super solo con l'elemento sessuale per gran parte della storia. In breve: i super sono perversi, scopano tra loro, stuprano, si drogano delle cose più improbabili. La Vought per tenerli buoni organizza ogni hanno il maxievento: Erogasmo, un orgia su un isola. E la cosa non si limita solo ai super. Metà dei personaggi ha qualche fissazione sessuale, l'altra metà sono macchiette idiote che Ennis usa spesso e volentieri per siparietti comici. Non che sia un puritano ma alla lunga stucca. Un intero numero (Erogasmo) è praticamente un porno con si e no 10 pagine (su circa 90) in cui effettivamente succede qualcosa che vale la pena leggere.

La Salsicia della libertà grande Super russo.
tristezza...

Altro problema sono gli spiegoni. La trama è complicata e in alcuni punti si va a parlare di tecnicismi della politica militare e del complottismo che obbligano Ennis a far fare ai suoi personaggi lunghi spiegoni sui come e i perché. In alcuni punti ti ci perdi pure. Per pagine e pagine c'è gente che parla spiegando i come e i perché delle varie fazioni. Tutto questo per essere sicuri che il lettore abbia capito che sta succedendo.

La serie va avanti per 18 numeri (e probabilmente c'è ancora un 19) tra normalità e schifezza per i primi 6 volumi. Poi si riprende, lentamente, nella seconda parte. Le trame iniziano a risolversi, i misteri vengono svelati inizia a montare un interesse vero in te che leggi. Negli ultimi numeri Ennis chiarisce il suo punto di vista sui supereroi: non c'è nulla di eroico in loro e sono meno di qualsiasi soldato che abbia combattuto per il proprio paese. Sono dei coglioni senza addestramento che fanno danni e si credono dei grandi quando invece i veri eroi strisciano nel fango e via dicendo.

Poi arriva il 18° volume a chiudere le storie. Ed è un volume da prendere quasi a se stante. Qui c'è ansia, coinvolgimento. Finalmente un grottesco usato con un senso e non solo per fare l'Ennis. C'è lo scontro finale, una vendetta che aspetti dal primo numero o quasi e la rivalsa dei veri eroi sui pupazzi in calzamaglia.
Insomma c'è l'Ennis di Preacher.


lunedì 3 giugno 2013

Cisco



Cisco è un ragazzo spagnolo sulla ventina. È amico di Jaime, anche conosciuto come Carlos 2. Cisco ha affittato la camera che fu di Pigiama al modico prezzo di 550 euro comprese le spese e sorride come se avesse fatto un affarone.
Cisco è enorme. Mi supera di un'abbondante testa e mezzo è grosso e dai movimenti goffi. In tre giorni che è qui ha già collezionato 2 piatti e tre bicchieri in frantumi. Cisco guarda ossessivamente puntate di Futurama ridendo come come il pubblico ad un comizio di Grillo. Non come uno del pubblico, come tutta la platea.
Cisco ha un alito che in certe culture sarebbe considerato il soffio di Anubi in altre un superpotere. Se fosse stato un americano sarebbe stato arruolato nell'esercito e imbracciato come un bazooka.
Cisco parla una sua versione dell'italiano che ha imparato in un qualche monastero nella Catalogna con due mulatti che lo bastonavano ad ogni accento giusto ed ogni verbo coniugato sensatamente. Le sue capacità di comunicazione sono straordinarie: è in grado di comunicarti una lamentela ma poi non capisce quando gli dici “Si, anche qui si usa scaricare dopo cagato. Non sentirti in imbarazzo, puoi farlo! Non infrangi nessuna tradizione tribale”.
Cisco ha una chitarra grossa come un menir con delle corde tese sopra che suona tra un episodio di Futurama e l'altro. Ha l'abitudine di suonare prima e dopo i pasti e fin ora si sono già creati dei siparietti di lui che suona e io cucino canticchiando.
Cisco ha una fidanzata che mi pare di averla già vista da qualche pare. Su youporn per la precisione tra i video amatoriali ma non è che posso indagare che quello è grosso e magari si offende.
Cisco tromba come un martello pneumatico. O da capocciate contro il muro mentre la ragazza fa esclamazioni di sorpresa. Ogni tanto si lancia in versi belluini per far sapere a tutto il condominio il suo trionfo.
Cisco cucina con una quantità di cipolla e di fritto che ucciderebbe un mulo. Io stesso semplicemente respirando rischio la vita. Ieri Cisco si è quasi ustionato quando ha avvicinato la faccia alla padella piena d'olio bollente per “vedere se l'olio era buono”.
Cisco divide il bagno con me ma le uniche testimonianze della cosa sono un asciugamano buttata ad un angolo della doccia e la mia carta igienica finita. Dopo la doccia Cisco si asciuga come i cani piazzandosi nel mezzo del bagno e agitandosi finché tutta l'acqua non si è sparsa per bene. Evidentemente nel monastero dove è stato addestrato gli hanno detto che asciugare il pavimento è peccato mortale.

Stamattina Cisco ha provato a mettersi fuori al balcone a prendere il sole quando ha aperto la tapparella ha trovato la mia faccia sorridente spuntare da dietro al portatile mentre io occupavo l'unica sedia disponibile. È rientrato dentro e ha deciso che era meglio vedersi un altro episodio di Futurama.


Bravo ragazzo.

domenica 2 giugno 2013

Falsa partenza



Ultimamente ho passato troppo tempo a pensare. Cose stupide principalmente. Qualche cosa brutta e parecchie cose patetiche.
Per quelle tre persone che seguono qui e non mi conoscono dal vivo direi che è il caso di metter giù qualche spiegazione. Tutto si riassume ad una semplice affermazione: da troppi anni Maggio è un mese di merda. Negli ultimi cinque anni circa al mese di Maggio si accompagna un ecatombe. Belle speranze che si vanno a buttare dalla scogliera come branchi di lemming.
Poi hanno iniziato a morire le persone.
In un Hellblazer che mi ha fatto eleggere Garth Ennis come modello indiscusso si dice una cosa che suona grossomodo così:

Nessuno pensa mai davvero alla morte. Ci sono i paranoici, i depressi che si tormentano con quel pensiero ma non rischiano nulla e poi ci sono gli altri. Quelli che muoiono all'improvviso senza avere il tempo di pensarci. Io invece sono fortunato sto morendo un po' alla volta. Posso godermi tutto lo spettacolo.”
Io invece sono seduto in terza fila. Ma sono comunque nel teatro.

Secondo la tradizione napoletana la mia famiglia conta una marea di zii acquisiti e di sangue che formano il nucleo familiare. Potrei dire che sono stato cresciuto da due o tre famiglie con padri e madri putativi sparsi qua e là nel palazzo.
Ultimamente se ne sono andati via troppi. Alcuni ho anche il rammarico di non averli mai conosciuti veramente. Ad altri, beh. Fatevi un idea. Tutti verso Maggio. Oramai salutiamo con gioia il passaggio di questo mese infame e temiamo il suo arrivo.

Poi agli inizi di questo Maggio: mia madre doveva operarsi. Cazzi vari, in teoria una cosa semplice con risvolti potenzialmente tremendi. Un o' ho imparato a preoccuparmi quando i medici parlano di linfoqualcosa.
Dall'altra parte una zia che conta come mamma fresca di trapianto con la boccia lucida, il sorriso di chi non vuole saperne niente e quell'aria da “incrociamo le dita e speriamo bene”.

Era Maggio e io, forse esagerando, mi sono cagato sotto. Perché il mio cervello viaggia con la fantasia con quella tendenza alla tragedia tipica dei drammi serali di rete4.
Mi sono trovato a fare due conti e mi sono accorto che sto tornando al punto di partenza, quando mi vergognavo di dire le cose che mi piacevano. Quando avevo la sensazione che anche la mia faccia nello specchio mi rideva alle spalle.

In parole povere ho mollato tutto per potermi prendere l'onore di stare in ansia. È un po' brutto da dire ma per certi versi il resto è solo un pretesto. Certe volte è solo che mi mancano le palle. Mi avvio sparato e poi ci ripenso, trovo una scusa e torno indietro.
Sono il re delle farse partenze e a parte la merda di contorno non ho proprio idea del perché. Per cui grazie a quelli che mi sono stati dietro mentre passavo le giornate a vedere telefilm e giocare ai giochi di facebook invece di mettere mano alle cose serie.


Grazie per avermi fatto ricordare cosa voglio nonostante i sabotaggi.