venerdì 21 giugno 2013

Un Lavoro gratificante

Capita di essere in bolletta. Capita spesso e volentieri soprattutto quando sembra che il tuo curriculum sia considerato come una brutta malattia che ira di sito in sito e di agenzia in agenzia.
Sono una persona tranquilla, con la testa piena di idee, pensieri filosofici e storie. Lento ma determinato come un impianto automatizzato di una vecchia fabbrica abbandonata. Faccio quello che mi dicono di fare, lo faccio al meglio perché comunque mi pagano. Proprio per questo ho attraversato varie fasi lavorative che sono poi culminate nella salumeria del Conad.

Non che fosse quello il mio obbiettivo eh. Lo scopo di tutta la manfrina è scrivere, trasmettere qualcosa al prossimo attraverso la penna (mia) ed il disegno (altrui) e magari camparci pure. Purtroppo questa consapevolezza mi è sfuggita per tutti gli anni della formazione scolastica facendomi così attraversare la scuola dell'obbligo con lento pede e indole svogliata.

Ad ogni modo con questo catalogo di aspirazioni e il mio miserevole rendimento scolastico mi sarebbe spettato un posto da giratore di hamburger o sorvegliatore di patate fritte al Mc Donald invece sono qui sotto un sole che tira schiaffi che manco mia madre a strappare erbacce mentre alcuni cani mi abbaiano attraverso la rete.

Ma facciamo un salto indietro.
È il 2006 sono più giovane e credo (erroneamente) di avere più capelli. Sono ancora disoccupato. È Agosto, io e la famiglia siamo a mare vicini Pestum. Seduto sull'asciugamano vedo avvicinarsi mio padre con quel suo linguaggio corporeo che comunica “devo dirti una cosa seria anche se questo non sembra proprio il momento”. Mio padre non ha mai saputo scegliere oculatamente le tempistiche per fare i discorsi importanti della vita. Non è colpa sua, lui ci metteva anche la buona volontà ma evidentemente c'è un meccanismo particolare che gli fa credere che determinate occasioni siano perfette per affrontare determinati argomenti.
Coma una spiaggia di Pestum a mezzo giorno con vagonate di gente è il posto adatto a parlare del futuro lavorativo oppure l'attesa dal barbiere è il momento ideale per spiegare tutta quella faccenda delle api e dei fiori.
Ma questa è un'altra storia.

Il dialogo sulla spiaggia di Pestum si può condensare più o meno in pochi termini:
Papà: “ok scuola finita, univerità no... che pensi di fare adesso?”
io: “beh trovarmi un lavoro” anche se in cuor mio la risposta era continuare a leggere libri e fumetti, giocare di ruolo e tutto il resto come se avessi ancora 14 anni
Papà: “beh è che ci sarebbe questa cosa... da zia Maria”
Quella cosa erano i miei due cugini ferraresi che mettevano su un impresa di giardinaggio estremo. Ovvero potavano ed abbattevano alberi usando solo corde e motoseghe. Pare che avessero bisogno di qualcuno per completare il terzetto lavorativo e avevano chiesto di me.

Verso ottobre feci i bagagli e mi unì all'allegra combriccola. Sono stato un annetto lì e nel complesso non mi è dispiaciuto: lavoro all'aria aperta, gente nuova, una città talmente tranquilla da sembrare morta, i miei cugini “pazzi”. Ma non stiamo parlando di questo. Per cui rimanderò quella particolare narrazione al futuro.

Stacco. Alessandro, il fidanzato di Aurora e educatore cinofilo guarda con aria sconsolata il terreno dove lui e il socio Riccardo hanno messo su il loro campo di lavoro. Nel giro di una settimana le erbacce si sono moltiplicate trasformando i recinti in giunga tropicale di erbacce.
-Ma fino alla settimana scorsa era ok. Che cazzo è successo?- fa Alessandro.
-Devono essere stati i druidi.- dice serio Riccardo.
-I che?-
-Quelli del terreno accanto?-
-Esatto.- annuisce solenne Riccardo.
-Vuoi dire che i braccianti rumeni del contadino di fianco sono venuti qui nella notte a piantarci erbacce?-
-Ma che sei scemo!- ribatte Riccardo paonazzo -Li senti tutto il giorno che parlano una strana lingua misteriosa? Sono incantesimi. Te lo dico io!-
-Mmm, ok facciamo che hai ragione. Che si fa?-
-Prendiamo qualcuno.-

ora, sarà perché da qualche parte nella mente di Alessandro c'è il ricordo che io ho fatto qualcosa di assimilabile al giardinaggio o sarà perché sa che ho bisogno di soldi mi propone di essere uno dei due giardinieri ufficiali.

Il campo ha due caratteristiche principali: non esiste ombra e ci sono i cani. Bestie curiose che in questi primi due giorni ho imparato a capire. Martedì mentre trafficavo fuori da un recinto Zara e Crash (i cani di Aurora e Alessandro) mi seguivano fissandomi dall'altra parte della rete. Nel loro sguardo si leggeva il messaggio “guarda a questo umano che è impazzito” ogni tanto Crash faceva uno sbuffo d'approvazione quando strappavo una ramaglia più grande. Oggi invece altri cani abbaiavano come degli ossessi per ogni filo d'erba che osavo staccare del vialetto che costeggiava il loro recinto. Mi seguivano, ogni tanto abbaiavano. Erano come vecchi davanti ad un cantiere ed ogni “bau” significava qualcosa come “ma no! Non quello lì! Ma che fai!?”

come ho già detto si tratta di un lavoro sfiancante, sotto il sole. E l'unica difesa che ho è quella di scendere presto la mattina. Si suda, si sta inginocchiati nel terreno a farsi spolpare dalle mosche. Però, per qualche motivo, lo trovo rilassante e divertente come in generale tutti i lavori fisici che lasciano la mente libera di pensare ad altro.
Che poi, a dirla tutta, con i soldi che mi pagheranno potrò pagarmi Lucca.

PS: ovviamente i personaggi sono esagerati per motivi narrativi. Alessandro e Riccardo sono gente seria che sa fare con i cani come io con i manuali di D&D. Per cui nell'eventiualità QUI c'è il sito di lavoro di Alessandro e se mai vi trovaste a passare la mattina di Martedì o Venerdì potreste anche incontrare il sottoscritto in carne ossa e sudore.


E, per l'amor di Dio, portate una bottiglia d'acqua

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