martedì 30 ottobre 2012

Finalmente Lucca


Sono circa cinque anni che puntualmente, in un modo o nell'altro mi imbuco al Napoli Comicon. Amici, amici di amici, abili utilizdi di fecce da culo da manuale e via dicendo. Sono anche cinque anni circa che cerco di organizzarmi per andare a Lucca Comics. Si perché a quasi trent'anni e con una lunga carriera da appassionato di giochi, fumetti e via dicendo non sono stato mai stato capaci di metterci piede.



Destino ha voluto che quest'anno pare ce la si faccia (perché finché non sono sul treno non si canta vittoria). Ce la si fa con un pelo di amaro in bocca perché in teoria avremmo dovuto portare il nostro banchetto e il nostro fumetto ma cause contingenti*. Un altro po' di amaro sta in quel contest della Panini che recita più o meno così: “se avete già pubblicato qualcosa passate da noi nell'area Pro con i vostri progetti perché siamo caduti con la testa a terra e vogliamo investire dei soldi nelle vostre idee”. Magari non ci prendevano ma a pensare che se fossimo usciti secondo i piani ora avremmo anche potuto partecipare. Da questa storia si è imparato molto** ma non è questo il punto.



Questa volta pare ce la si fa. Nel momento economicamente più duro*** per un attimo è parso addirittura che mi prendessero a lavorare dall'altra parte di Roma con un'altra salumeria in cerca di banconisti. Ma non hanno chiamato e il lavoro (come Lucca) inizia il 1 novembre.



Il quattro è un numero importane in questa storia: quattro tentativi falliti, quattro persone in viaggio, quattro ore di regionale che già mi immagino stipato come i carri merci. Quattro posti letto a Pisa. Quattro del mattino sarà l'ora a cui dobbiamo svegliarci per essere a Lucca in tempo. Quattro euro, quelli che mi potrebbero rimanere se non mi trattengo e compro tutto quello che mi sfizia alla fiera.



Ma soprattutto. Finalmente... ho aspettato per anni. Guardando solo le foto su internet, sentendo solo voci del passaparola. Ma questa volta.

Questa volta....

cosplayer di Lamù sto arrivando****



sbav





*tipo disegnatori che non disegnano, non rispondono al telefono e quando uno li rintraccia ti dicono: “guarda stavo giusto per mandarti le tavole” per poi sparire. Tipo alcuni membri del progetto che mi sto convincendo essere proiezioni della nostra immaginazione e non persone fisiche. Tipo che alla fine siamo gente inesperta che si fa fregare da cose semplicissime a cui nessuno aveva pensato.



**”Mai più nella vita” nello specifico: “mai più nella vita con ci questa storia la vive come un hobby e non come obiettivo professionale”. Guarda te che paroloni.



***per avere i soldi ho rimandato una cosa semplice come il pagamento dell'affitto dell'amabile loculo in cui vivo.



****non quella da 150 kg che si mettono un bikini tigrato e fanno le sexy con una parrucca blu in testa. Quelle talmente toste da farti venire il dubbio che siano comparse. Specifico poi che vanno bene anche altri personaggi, basta siano seminude

domenica 28 ottobre 2012

Sliding Door

Sabato sera. È tardi ma non troppo. Come vuole la tradizione le ragazze sono intente a prepararsi e in parti uguali a metter roba sotto i denti per garantirsi una sicurezza gastronomica nel mezzo di tutte le complesse faccende di un sabato sera. Stivali, magliette, gonne e Dio sa che altro sono sparse in giro. Nel forno una pizza margherita “bella Napoli” di quelle che le compri surgelate le metti lì e magicamente si trasformano in una succulenta crostata al pomodoro e sintomozzarella. Pochi cianci c'è ritardo. Non quella tipica mezzora che chiunque si aspetterebbe da due ragazze. È un ritardo più greve fatto di troppo cazzeggio e “non so cosa mettermi” che crea panico e sconforto mentre da qualche parte gli altri aspettano.

Ma le due sono abili: trangugiano la pizza mentre le altre articolazioni libere lavorano a trucco e indumenti. Come al solito le rispettive camere sono diventate campi di battaglia ma non importa. Dieci minuti dopo sono per le scale ridendo e scherzando.



Altrove.

C'è orgoglio e c'è soddisfazione. Un intero pomeriggio passato a scrivere in coppia col socio Valerio hanno prodotto finalmente un soggetto finito. Tutto quello che si deve fare è ricopiare e impaginare. C'è grande gioia e molto poco da fare. Siamo altrove, da qualche parte tra Cipro e Dio Sa Dove intenti in quel tipo di cazzeggio tipico dei ragazzi che non hanno veri progetti per quel particolare sabato. Casa di Michele è un buco spazio temporale fatto di passatempi. Una rampa di scale, una stanza con divano e un ENORME TV con console annessa. Fuori alla veranda si gioca a Magic. Avanti veloce. In una pioggia di frame con partite di Magic pizze al taglio e cameriere carine.

Sono le 23. sei buttato s una sdraio ad osservare gli altri che giocano mentre la digestione viaggia verso la pennica. Valerio controlla e ragiona del viaggio per Lucca. Tu hai un inspiegabile “prurito” mentale. Una sensazione che ti dice “vai a casa”.



Ora se siete di quelli che danno retta alle sensazioni andate al punto 2 se no continuate a leggere



(1)

in quella che chiami casa il forno che ha ospitato quella cosa che chiamano pizza con estrema fantasia la fiamma è accesa. Lo sportello è chiuso , sono già due ore che il calore del forno riscalda i ripiani vuoti arricciando alluminio e guarnizioni di gomma. Il meteo prevedeva temporali per cui tutti hanno avuto la prontezza di chiudere le finestre. Il calore si diffonde abrustolendo parete dello sportello. Intanto particelle di ossigeno finiscono nella fiamma con l'aria di chi non aspetta altro. Una altro paio d'ore e nel vano del forno l'antica reazione di combustione si esaurisce. Niente ossigeno niente fiamma e senza fiamma il gas lasciato aperto esce libero e felice come quindicenni a cui è stato revocato il coprifuoco. Le guarnizioni si sono sciolte da tempo e comunque il vecchio forno modello “casa di villeggiatura in Calabria” non è che sia così ermetico. Il gas si sparge nell'appartamento. Ha tutto il tempo. È sabato e il sabato si torna a casa tardi.

Tre del mattino. Qualcuno infila la chiave nella toppa seguendo i classici movimenti automatici di chi ha già dato tutto tranne che di stomaco e mo vuole solo dormire. Entrando dalla porta accoglie il bel tepore dell'area comune, automaticamente la mano accende la luce o forse ha una sigaretta accesa in bocca.

BUMMA!



(2)

vai via verso le undici mezza ma mentre prendi la metro attraversi Roma e fai l'ultimo tratto a piedi si fa una mezzanotte abbondante. Nel lungo viaggio in metro il sonno ha fatto sentire la sua opinione e ti trovi grossomodo concorde. Entri in casa e subito sei avvolto da un bel calduccio e da un persistente odore di bruciato. Non ci badi tanto pensano che sia l'ennesimo esperimento ad alta frittura degli spagnoli che poi non si sono curati di aprire la finestra. Ringrazi l'allergia che non ti fa accendere la luce ma che ti fa spalancare le due finestre. Quella in camera tua e quella nel bagno creando un mini tifone di corrente che ripulisce in fretta l'aria. Te ne accorgi per caso mentre ti poggi sul lavello per prendere l'acqua. Il lavello scotta e la puzza di bruciato ora la riconosci come gomma intenta nel magico transito verso la diossina. Apri il forno lì vicino: ragnatele di gomma sciolta accompagnano lo sportello da dentro ti saluta allegra la fiamma del forno mentre esce una nube di calore e fumo. Bestemmi. La fai per parecchio tempo e con la dovuta convinzione. Spegni tutto mentre realizzi la situazione e bestemmi un altro po'. Il sonno è passato abbondantemente. Alle tre del mattino sei ancora in camera a vedere le vecchie puntate di Scrubs sperando che al puzza che ha invaso la stana prima o poi passi.

venerdì 26 ottobre 2012

il risveglio del dio (1)

anni fa avevo (ho ancoroa) una passione smodata per un wargame: Warhammer 40000. il gioco consisteva in due eserciti fantascintifici di miniature che se le davano di santa ragione. la cosa che però mi faceva impazzire era l'ambientazione di tutto questo: è una specie di fantascienza gotica in cui l'umanità è caduta in un medio evo futuro pieno di superstizioni e magia minacciata da razze aliene e creature demoniache di altre dimensioni. un universo in cui l'Imperium (ovvero gli umani e quindi i buoni) sono un'impero galattico dispotico e fanatico oltre ogni tipo di fascismo. n piccolo gioello che ho sempre considerato un po' sprecato per un semplice gioco (e infatti ci stanno facendo dei romanzi di discreta qualità). comunque per farla breve all'epoca mi ero fissato parecchio e stavo scrivendo una storia a puntate ambientata in quell'universo. ora l'ho ripescata dai meandri oscuri di uno dei forum dell'epoca e lo ripropongo qui pari pari. forse alcuni passaggi risulteranno oscuri ma se riscuote interesse potrei anche prendere in considerazione l'idea di aggiungere un "prontuario" che riassume questo fantastico universo.

preludio 1: nel buio della TerraDa qualche parte sulla Terra.
Due sagome si aggiravano nel dedalo di cunicoli sotterranei. Gli antichi edifici della Sacra Terra nascondevano molti segreti vecchi di millenni. Ora i due adepti avanzavano nell'oscurità nel più segreto angolo del sacro ventre della Terra. Un passante casuale o un sorvegliante non avrebbe potuto sentire la conversazione tra i due: il servo teschio che li seguiva oltre a registrare vergare dati emetteva un segnale di disturbo capace di annullare le onde sonore oltre tre metri.
-le loro azioni non sono più tollerabili. Prima che sia mandato tutto all'aria dobbiamo intervenire.
-Mio signore per la natura stessa della nostra missione non possiamo procedere seguendo i nomali percorsi- la voce aveva un’inflessione metallica tipica di chi affida le sue parole ai doni del Dio-Macchina.
-Ne sono consapevole, è un’operazione troppo delicata per utilizzare gli Space Marine o la Guardia. Le situazioni precipiterebbe troppo in fretta.
-Di contro ci è impossibile utilizzare un agente dell'Assassinorum. Il loro impiego richiede l'autorizzazione del Senatus Imperialis e dell'Ordo Sicarius. Le probabilità che entrambe approvino la nostra linea d'azione sono dello 0.05%.
-Per questo siamo qui. L’unico modo di risolvere la crisi è utilizzare un assassino fuori dal controllo imperiale.
-Quindi stiamo cercando di reclutare uno xeno?- la voce metallica tradiva una certa agitazione.
-Assolutamente no! Siamo qui per utilizzare un asso nella manica che mi sono tenuto in serbo da tempo.
Il servoteschio smise di scrivere e segnalò con un suono stridulo la fine del documento.
- qui troverai qualche dettaglio in più, disse l’uomo porgendo il documento al suo compagno
Da sotto al cappuccio nero la luce rossastra di uno scanner ottico percorse rapidamente l’intera pergamena permettendo ai circuiti mnemonici dell’adelpto di assimilare il dossier in pochi secondi.
-Avete dimostrato una grande previdenza mio signore.
-esattamente abbiamo sotto il nostro controllo lo strumento perfetto: potente, abile e inconsapevole.
Si fermarono davanti ad una massiccia porta di plastacciaio e adamantium mentre l’adepto digitava una serie numerica necessaria a placare gli spiriti macchina guardiani

* * *
Erano passati sette anni, sette anni di prigionia nell’oscurità in un luogo imprecisato. Sette anni necessari a espiare le proprie colpe. Incatenato al soffitto e collegato al groviglio di tubi che lo nutriva e lo controllava in quella angusta cella.
Era il volere dell’Imperatore. Aveva fallito. A causa del suo fallimento molti dei Suoi divini servi erano morti, molti dei Suoi divini domini erano perduti. Solitamente non è concessa pietà, chi fallisce muore. Non vi è crudeltà in questo: chi viene toccato dall’errore potrebbe esserlo ancora. Ma l’errore di un assassino imperiale non è mai privo di gravi conseguenze. L’ordine occulto l’aveva risparmiato in virtù delle sue spaventose abilità, la punizione era stata esemplare: sette anni rinchiuso nel buio e nel silenzio circondato dai più oscuri segreti dell’Imperium. Sette anni di tormento, flagellato dal proprio errore.
Ora fuori, da qualche parte, sentiva dei lievi rumori. Dopo sette anni di silenzio assoluto quei flebili suoni per lui erano come tuoni di un dio iracondo. Alcuni istanti di silenzio poi con un possente stridio la porta si aprì lentamente.
Le luci del suo piccolo cubicolo brillarono come le fiamme della redenzione. I suoi occhi furono feriti dalla luce accecante, per le sue sensibili orecchie, il suono delle porte, era come una tempesta. Da qualche parte una macchina iniziò a pompare in lui fluidi sconosciuti che lo trascinavano rapidamente nella realtà.
Due sagome ammantate di nero lo fissavano da sotto il buio dei loro cappucci. Unico segno distintivo: l’aquila imperiale che gli chiudeva i mantelli.
Sono angeli dell’imperatore pensò nel caos della sua mente. Poi uno dei due parlò:
-Surek del tempio Vindicare. Il divino Imperatore ha bisogno dei tuoi servigi- disse la figura con voce solenne.
- onorerai i tuoi giuramenti ed i tuoi debiti al Trono D’oro?-
L’uomo allungò una mano verso Surek. Nel bianco abbagliante della cella il giovane assassino riuscì a scorgere il bagliore scarlatto dell’anello Inquisitorio. Una solitaria lacrima gli scese sul viso, era stato perdonato.
- Si, o mio signore, onorerò i miei giuramenti

continua           

Facciamo le aree pedonali che è meglio


ci ho messo un po' per metabolizzare la la cosa. Una settimana fa più o meno:



Sera. Un ragazzo come tanti si è preparato la borsa: calzoncini, maglietta parastinchi e scarpette e tutto quello che serve per il calcetto. Uno direbbe che è normale fare una partita di calcetto alla sera ma in realtà è una faccenda complicata. Mettere d'accordo una decina di teste, ognuna con il proprio lavoro e i propri cazzi per la testa. Trovare il campo, fittarlo, convincere le rispettive fidanzate ad allungare il guinzaglio e via dicendo.

È una brutta zona per vivere. Perché le case sono blocchi di cemento, le persone sono solari e attive come chi sa che la mattina dopo potrebbe svegliarsi con un problema senza soluzione. Uno di quei problemi che mette a rischio anche la sacra dieci euro dedicata al calcetto il venerdì. Gira droga, brutta gente ma non fa nulla. Si è vivi e va bene così. Nascosta da qualche parte c'è la speranza e con un po' d'impegno e lavoro di bracia la si può tirare fuori dal suo buco.

È sera. Le cose vanno bene. Stai lavorando, hai una fidanzata, hai un futuro da qualche parte la speranza ha sollevato la testa. Un bacio un abbraccio e un rapido giro di controllo per assicurarsi che tutto sia in regola. Lei resta a casa a guardare al TV. È una sera come tante. Una rampa di scale, poi l'altra e via così fino al portone. Nella penombra della lampada condominiale la ,mano va al bottone del portoncino. La luce dei lampioni, l'aria fresca di un estate che non sembra intenzionata a finire.

BANG!

BANG!

BANG!

BANG!

BANG!
BANG!
BANG!

BANG!

BANG!

BANG!

BANG!

BANG!
BANG!
BANG!

Fine. Steso a terra in una pozza di sangue.



Lungomare di Mergellina. La gente passeggia, ragazzini e ragazzine si fronteggiano nella vecchia danza dei rituali di accoppiamento adolescenziali, da qualche parte gli automobilisti bestemmiano in cerca della strada alternativa. Bar pieni di allegria, coppie che passeggiano. Gente che ride. Qualcuno sperimenta una la Pista Ciclabile, una striscia d'asfalto pittata di rosso scuro. Da qualche parte a Marianella un grido. Quello di chi si è accorto che la speranza è morta.



In questi casi mi sento di dare ragione agli Juventini: scoppiasse il Vesuvio. Smettiamola e ricominciamo da capo. Perché certe cose o le prendi così o, se sei umano, imbracci un fucile e spari finché non resta nessuno vivo.

giovedì 25 ottobre 2012

Dall'altra parte del curriculum


Concentrato, stai sul pezzo. Non dimenticarti chi è che valuta chi altro. Non farti impressionare da quella panza birrosa o dal pizzetto tagliato da poco. Stai sul pezzo cazzo! Guardalo negli occhi, poi guarda una riga a caso del curriculum e fai una domanda. Mi raccomando con indifferenza.

<<quindi ha già esperienza di salumeria>>

<< esatto, due anni. Uno anche come scaffalista>>

<<e sa usare tutti gli strumenti del caso? Coltelli, affettatrici...>> No! No! Cosa mi passa per la testa che domanda è. Eccolo che sorride di nuovo. Mi considera una merda lo so. Guardalo come mi fissa con quell'aria di superiorità spavalda nella sua camicia sportiva. E non smette di giocherellare con l'orologio come a sbattermelo in faccia. Lo sapevo che dovevo togliermi l'orecchino!

<< certo. Coltelli e tutto il resto.>>

<< sa anche usare la bilancia per pesare la merce?>> ecco ce l'ho fatta! Mi guarda perplesso. L'ho spiazzato dannato fighetto.

<<beh si... ci metti la roba sopra e quella ti dice il peso, poi digiti il codice del prodotto ed hai anche il prezzo>> sogghigna di nuovo.

Ecco di nuovo Francesca che sbuffa dalla sua postazione. Forse si è pentita di avermi assunto.

Calma. Guarda il curriculum, chiacchiera fai il vago.

<<leggo qui che ha lavorato a via Nicola Nicolini, a Napoli>>

<<si, anche lei è campano? Si sente dall'accento.>>

<< beh si. È nel quartiere Vomero giusto?>>

<<veramente è più vicino alla stazione. Una zona un po' popolare. Ci si incontra di tutto>>

Beccato. Hai fatto il vago eh? Mo ti aggiusto io.

<< a proposito com'è il suo rapporto con la clientela?>>

<< alla fine la regola com'è? Hanno sempre ragione loro no? Quindi chiacchiero con chi ne ha voglia sto zitto con gli altri e faccio quello che mi dicono>>

<< come mai si è trasferito qui?>>

<<motivi di studio>>

<<ah quindi è studente? E cosa studia?>> eccallà! Volevi farci fessi eh? Studio e lavoro?

<<sceneggiatura per cinema e televisione>> quindi sei un dannato fricchettone! <<ma ovviamente mi serve un lavoro più tradizionale in attesa che si muova qualcosa...>> e quindi secondo te noi stiamo qui ad aspettare a te che fai l'artistoide? <<...grosso modo una decina d'anni ancora credo>>

Sei abile maledetto, salvo incorner. È meglio chiuderla qui. Magari il secondo round lo faremo per telefono allora non la vedrai la mia ridarella.

<<bene signor Ficca le faremo sapere.>>

<< ottimo aspetto con ansia>>



grosso modo un estratto del mio colloqui di lavoro di stamattina in un agenzia a San Paolo. Si ovviamente roba di salumieri. E se qualcuno se lo stesse chiedendo il luogo di lavoro dovrebbe essere da qualche parte tra Plutone e Nettuno (il pianeta) o nella provincia nord occidentale dell'Afghanistan.



Via Cassia 800 e qualcosa. Le mamme loro: per arrivarci una media di 2 bus e una metro. Quasi quasi spero non richiamino.

mercoledì 24 ottobre 2012

Sia fatta la Luce


Spazio siderale. All'inizio del tempo, quando ancora lo spazio chiedeva timidamente permesso a tutta quella materia oscura stipata come pendolari sul regionale del venerdì sera. Non c'è nulla se non qualche appunto sparso del Creatore. Non ci sono ancora architetti, menager, global manager coordinator e human resource e tutta quella gente che rende così complicato mettere su una qualsiasi impresa a lungo termine. Così sono indispensabili spirito d'iniziativa e ingegno personale.

Una rapida rimboccata di maniche e …



SIA FATTA LU....



boom



La teoria moderna più accreditata al momento riassume il primo istante di vita del cosmo come un esplosione. Particelle che volano via da tutte le parti, Fotoni, Neutrini, Tachioni, Stranoni e via discorrendo. Sparati nel vuoto che ora è spazio. Pochi secondi e via, tutto fatto. Mo sta alle particelle decidere dove metter mano e organizzarsi in qualcosa che non si sbricioli nel nulla dopo appena un gigalione di anni.

Sembra che il creazionismo e la fisica moderna si contraddicono sull'inizio di tutte le cose: da un lato un essere onnipotente che ha organizzato tutto a tavolino, dall'altro una grossa esplosione e infiniti dubbi sul perché.



Probabilmente la verità sta nel mezzo.

Immaginate: un piccolo appartamento in un piccolo condominio. Al terzo piano la luce è sempre accesa. L'occupante di questa piccola casa è così esasperante che i vicini hanno perso il gusto di lamentarsi per i rumori, gli odori e gli occasionali urli. Non c'è un gran viavai di gente in quell'appartamento. Se non esistesse ancora il tempo si potrebbe dire che non si vedono ospiti da un pezzo. Ma se per puro caso l'addetto alla lettura del contatore riuscisse ad accumulare abbastanza coraggio e placche protettive da entrare la scena non sarebbe di quelle più rassicuranti.

Il fatto che tutti i pazzi ossessivi amino appendere alle pareti pezzetti di giornali appunti e strani scarabocchi probabilmente è una delle poche passioni che ci ha trasmesso il Creatore. Nella sicurezza del suo appartamentino affittato a nero si ingarbugliano tubi cavi e qualsivoglia divineria tecnologica presa qua e là dal futuro spazio tempo. Cibo di dubbia natura è sparso qua e la per la casa impegnato nelle prove generali dell'evoluzione (alcuni pezzi di protopizza hanno già sviluppato arti mobili). In mezzo a tutto questo, delirio un grosso tavolaccio da lavoro pieno di attrezzi rudimentali. Il Creatore si rimbocca le maniche della maglia bisunta preparandosi a fare il grande passo.

Da teoria a pratica. Quello che tutti gli esseri senzienti con un minimo di raziocino ponderano un migliaio di volte e spesso poi lasciano in mano ad altri. In teoria tutto si riduce ad un interruttore, qualche colpo di fiamma ossidrica ed abbondanti martellate distribuite qua e là per agevolare il processo.

È un peccato che solo dopo la prima Scintilla il Creatore si ricordi di essere onnisciente. Se se ne fosse ricordato prima magari avrebbe sentito la puzza di gas (quella con cui i vicini hanno oramai imparato a convivere). Forse si sarebbe anche ricordato perché mangia solo cibo a portar via a causa di fornelli rotti da eoni.

Per farla breve. Fosse stato onnisciente il Big Bang non sarebbe iniziato nel suo salotto e magari le particelle fondamentali della vita non sarebbero stati i suoi mobili vaporizzati.

Ora ci si sorprende che l'universo sia caotico, complesso e spesso privo di qualsiasi senso. Provate voi a nascere a causa di un incidentale fuga di gas e vivere per i successivi miliardi di anni in attesa che il Creatore esca dal pronto soccorso e torni a mettere un po' d'ordine nel laboratorio.


lunedì 22 ottobre 2012

Correre


Bisogna correre. Con agilità e scioltezza di gambe. Come se la panza gonfia di birra non fosse un impedimento ma un vantaggio.

Bisogna essere veloci, anche se il casco in testa limita la visuale e impaccia i movimenti. Attraversare la notte col passo svelto di una verginella nel Bronx alle tre di notte. Sei un tipo speciale di maratoneta: per te il bang dello starter segna quasi sempre la fine della corsa.

Bisogna correre perchè se no non si mangia. Non ci si può fermare anche se si dice che a fermarsi c'è un pasto caldo ed una stanza asciutta.

Bisogna correre veloce. Più in fretta di chi insegue con comode scarpe di pelle e molto più di chi scappa con scomodi tacchi a spillo. Bisogna correre in fretta perchè la notte e oscura e si riempirà di terrori all'apparire di un lampeggiante azzurro. Sempre tesi, pronti a scattare come un gatto attaccato alla due e venti. Le gambe doloranti e i polmoni intasati di fumo sono l'unica cosa che separa da manganelli e bracciali di ferro dalla dubbia estetica. Non ci si può guardare indietro, non si può perdere di vista quel vicolo buio dove la salvezza aspetta su due ruote cromate.

Cacciatori e prede, guardie e ladri, fessi e furbi tutti sulla stessa pista a due a due in una staffetta infinita che non mostra mai il vincitore se non con un fotofinish di piombo.

Saresti più leggero se non avessi le tasche appesantite da panetti di fumo o le braccia impegnate a stringere una borsa che promette tesori urbani.

Corri veloce senza badare a quello che arriva dagli angoli della strada perché alle tue spalle c'è la brace e qualunque padella arrivi è buona per la fare la frittata. Ma per certe prelibatezze culinarie del popolo è necessario qualche uovo rotto, come le ossa che tra poco non reggeranno all'impatto dell'utilitaria che ti sta venendo addosso.

Il suono della frenata è così alieno. Un botto come un milione di persone che fanno il gesto dell'ombrello ad una vita grama. Un piccolo volo sulla strada, come a continuar la fuga. Poi lo stop.



Bisogna correre per restare vivi. Ignorando i lampi azzurri che affogano l'ambiente in un mare che non bagna. Ignorando il lamento degli angeli che latra sopra le teste. Ignorando il dolore e le curve troppo strette. Perchè se non si corre domani non si mangia e non si mangerà mai più. Perché se non si corre adesso domani non sarà più importante l'acido lattico accumulato nelle gambe. Bisogna correre anche se i legacci bloccano gambe e braccia e qualcuno altro sta cercando di distanziare il più antico degli inseguitori. Quello che alla lunga non perde mai.



Bisogna correre perché la notte è fredda e piena di terrori. Perché il buio è molto peggio del lampeggiare di qualsiasi sirena. Perché il palo è lontano e se non fai in fretta si prenderà tutto lui. Bisogna correre perché prima o poi, forse, sorgerà l'alba.

lunedì 15 ottobre 2012

Fumetti a caso: Pax Romana

di Jonathan Hickman
brussolato
100 e tot pagine
14 euro


Premettiamo subito una cosa: questo è strano forte. L'unico motivo per cui l'ho comprato è il fatto che ne parlavano come “il male assoluto” sul forum di Comicus (molti senza averlo manco letto). Anche il termine fumetto a questo volume sta abbastanza stretto se per Fumetto si intende una storia composta da una sequenza di immagini e testi. In relatà sembra più un libro illustrato. Ma procediamo con ordine.



Un qualcosa che si identifica come “Gene Papa 7” appare alla corte di un imperatore bambino che è sovrano del mondo. Non si parla dell'anno né tanto meno di una contestualizzazione storica. All'inizio sembra di essere ai tempi dei romani dopo due dialoghi pare di essere nel selvaggio futuro. A questo punto il Gene Papa racconta al ragazzino la storia di un segreto.

Futuro prossimo (2050 e un tot) l'Europa è stata conquistata dalla Federazione Islamica. La Chiesa cattolica se la passa malissimo e in generale ci sono tutte le premesse per la Terza Guerra mondiale. Contro ogni previsione tutto l'otto per mille della Chiesa non viene reinvestito in appartamenti da fittare a costi stratosferici et simila ma molto viene reinvestito nella ricerca tecnologica.



Fermiamoci un attimo. È roba scritta dagli americani, non sanno manco cos'è l'otto per mille e vivono nel paese delle fate turchine. Facciamo finta che questa non sia una stronzata tale da far defenestrare il fumetto ed andiamo avanti.



Per farla breve al Cern di Ginevra viene scoperto il modo per viaggiare nel tempo e la Chiesa ci ha messo le mani sopra. Il piano è semplice: cambiare la storia! Creare il mondo perfetto. Il Papa e i cardinali discutono e si trovano d'accordo su due punti: non prima di Cristo e lo facciamo perché solo noi siamo moralmente nel giusto. Ci sono un altro paio di ingenuità americane ma il principio di fondo è quello giusto: la Chiesa vuole tornare indietro nel tempo per creare il mondo perfetto e nel contmpo rimediare ai suoi peccati (crociate, inquisizione e via dicendo).



Come si fa? Con una crociata nel fottuto passato! Un generale un prete e una marea di mercenari attentamente scelti pronti a tutto per il Bene Superiore. Un punto storico fondamentale, manco a dirlo Costantino, e un grande piano intriso sociologia e di buone intenzioni che riescono solo nei film e nei fumetti.



E l'imprevisto? Facile: chiedi a due persone qual'è il mondo perfetto per loro e poi resta a fissarli mentre si incartano in una discussione infinita. Ora aggiungici un po' di religione e la possibilità di poter cambiare la storia a piacere. Ecco riassunto Pax Romana.



Il volume sembra essere una specie di dossier di un ucronia. Quando ci sono dialoghi troppo intricai si passa ad una doppia pagina di trascrizioni prese da un ipotetica trascrizione storica (sembrano le intercettazioni che trovi sul giornale) i fatti salienti e gli indispensabili riferimenti storici vengono spiegati in appositi riquadri presi dagli “archivi vaticani”. E la parte finale della storia è molto tirata per i capelli (credo sia dovuto al fatto di essere un volume autoconclusivo) al punto che uno dei momenti salienti della storia viene solo raccontato e non mostrato. In compenso i personaggi sono caratterizzati benissimo e il flusso della storia, per quanto passi solo per i dialoghi, fila che è una meraviglia mantenendo anche quel minimo di sospensione dell'incredulità necessaria ad una storia del genere.



Per i disegni un capitolo a parte. Come ho già accennato non si tratta di vere vignette ma più che altro di illustrazioni ad effetto che coronano la storia lasciando qualcosa da osservare tra un dialogo e l'altro. Sono molto evocative ma per certi versi dopo un po' stufa la totale assenza di sfondi e di cose che facciano davvero capire che succede.



In conclusione l'idea è buona soprattutto il punto principale: cambiare la storia per un futuro migliore e il fatto che una forza che da sempre è sinonimo di staticità come la Chiesa ne sia il catalizzatore (anche se non è proprio così).



Una buona lettura ti tiene impegnato un oretta e francamente vale i suoi 14 euro.




Grunt (1)


Grunt annusava l'aria con fare pensoso. Le sue narici si dilatavano mentre le miriadi di sensori olfattivi rapivano molecole d'aria e le interrogavano brutalmente. L'aria era fredda, la neve copriva tutto attutendo i rumori ed abbassando le già scarse possibilità di sopravvivenza.

Nell'aria c'era l'odore di un predatore: qualcosa di grosso, violento e probabilmente interessato alla carne di Grunt quanto Grunt era interessato alla sua. L'uomo-scimmia rimase immobile tra le rocce innevate stringendo il bastone appuntito e guardandosi freneticamente intorno. Non era ancora stata inventata la religione, per ora gli sciamani si limitavano a dire che lo sapevano loro come funzionava privando Grunt e i suoi simili di un facile bersaglio per preghiere e imprecazioni. Da qualche parte dovevano esserci gli altri cacciatori ma lui non li vedeva. Dire che era il più stupido della tribù sarebbe stato semplicistico visto che al momento l'intelligenza era ancora un embrione di idee sparse qua e la. Il vero problema di Grunt era che pensava troppo: ragionava si chiedeva i perché delle cose e come si sarebbero potute fare in modo migliore. Vista quindi la sua particolare attitudine all'innovazione gli anziani della tribù lo avevano assegnato ai gruppi di caccia sperando che la natura provvedesse al resto.

Quando il grosso orso (o meglio Cosa-pelosa-artigliata-molto-violenta). Spuntò dalla radura tutti gli istinti di uomo-scimmia in Grunt gridarono grossomodo la stessa cosa: scappa! A questo punto però intervenne quella grossa massa grigia che tanta importanza avrebbe avuto nei secoli a venire. Poche semplici scariche elettriche tra i neuroni convinsero il corpo di Grunt a lanciarsi verso la bestia invece di correre il più lontano possibile. La lancia di legno malamente intagliata colpì la bestia. Grunt non se la stava vedendo bene, anzi tra pochi secondi avrebbe scoperto se gli sciamani avevano ragione. Fortunatamente gli altri cacciatori, tutti uomini-scimmia grossi e muscolosi, intervennero. Dopotutto se il più debole del branco attacca gli gli altri non possono fare brutta figura.

Per quanto la civiltà fosse ancora un idea lontana i cacciatori avevano ben chiaro cosa dovevano fare: affonda lì distrai là, urla un po' e soprattutto evita i grossi artigli. Non ci volle molto, i cacciatori erano un gruppo abbastanza affiatato, nonostante Grunt, e riuscirono presto ad avere ragione della bestia. La discussione subito successiva non merita di essere riportata. Basti sapere che dopo una serie di guardi in cagnesco versi gutturali e qualche rapida minaccia Grunt e altri due uomini-scimmia afferrarono la bestia e si prepararono a trascinarla a l villaggio.



Nel freddo della notte il fuoco bruciava. Le fiamme guizzavano all'ingresso della grotta con un'aria di superbia tipica di chi sa di essere indispensabile. Un paio di donne-scimmia lo sorvegliavano buttando ogni tanto qualche rametto per ravvivare le fiamme. Non avevano ben chiaro il meccanismo delle stagioni ma di una cosa erano entrambe abbastanza sicure: quel freddo durava da troppo tempo. Se ne lamentavano per quanto il lungo gelo le risparmiasse il gravoso compito d'andar a caccia di bacche stavano iniziando a notare entrambe come il cibo stesse scarseggiando e di come i cacciatori tornassero sempre più tardi con prede sempre più piccole.

Molto dopo che il sole era tramontato gli finalmente i cacciatori si rifecero vivi: Urk il più grosso guerriero della tribù apriva la strada seguito dal suo personale branco. In fondo alla fila Grunt intento a tirare con tutte le sue forze la carcassa del grosso orso.

Urk si fermò per qualche istante al limitare del fuoco, qualcosa nel suo piccolo cervello lavorava per mantenere la teatralità. I suoi muscoli e rilucevano sotto le fiamme la sua statura ingobbita gli dava un idea di possanza che le donne moderne non potrebbero cogliere. Poi la sua fronte si corrugò , in segno di un grande sforzo mentale. Dopo alcuni grugni e false partenze il giovane disse:

“portato cibo!”

ci vollero altre due ore mentre le donne si indaffaravano a pulire la bestia e cuocere sul fuoco grossi pezzi di carne. Come al solito gli anziani mangiarono per primi. Poco dopo i cacciatori poi donne e bambini. Infine qualche donna sufficientemente sazia si accorse di Grunt e malvolentieri prese a scottare un altro pezzo di carne. La carcassa dell'orso durò qualche giorno. Nessuno nella tribù lo notò. Da molto tempo non si vedevano più Cose. Non c'erano più bacche il cibo scarseggiava e probabilmente l'orso che ora riempiva le pance degli uomini-scimmia era uno degli ultimi ritardatari.



Quella notte Grunt fece un sogno. Lo faceva spesso in relatà. Da quando la sua tribù era stta sconfitta e lui era stato preso. Il concetto di schiavismo era troppo complicato per gli uomini-scimmia, il tutto si limitava a un più blando “fai quello che io dice o io mazza in testa te”. Grunt aveva accettato quella situazione come un cane debole accetta il proprio capobranco. Era isolato e reietto ma non per questo inutile. Ad esempio era un esca ideale. Gli altri nella tribù non lo consideravano molto e questo in parte gli stava bene. Essere considerato troppo intelligente per poter essere utile aveva i suoi vantaggi: ad esempio, se sopravviveva alle battute di caccia aveva un sacco di tempo per se.

Quello che stava sognando adesso risaliva a un inverno precedente al lungo inverno i cui si trovavano. Era seduto su un masso fermo immobile con la testa posata su un pugno ad osservare la prima neve che copriva le cose. Era un pessimo uomo-scimmia ora come allora. Uno di quelli che si chiede il perché delle cose, uno di quelli che da il tormento agli sciamani per sapere e capire cosa succedeva. Lo sciamano della tribù aveva creato un piccolo pantheon di dei sono per spiegare i suoi dubbi. Là dove il resto degli uomini-scimmia si limitava a venerare il fuoco.

In quel giorno di inizio inverno Grunt fissava l'orizzonte concentrando la mente sui fiocchi di neve che cadevano. Era solo fuori dalla grotta, di guardia. Gli altri dormivano ammucchiati al caldo. Sentì un rumore. Il rumore che fanno gli uccelli in volo e levò lo sguardo incuriosito e speranzoso ala possibilità di un possibile pasto fuori programma. Nel cielo uno stormo di uccelli volava verso le montagne. A Sud, anche se per lui questo non significava nulla. Li vide allontanarsi. Nelle ore successive di veglia ne vide altri e poi altri ancora.

Nel sogno Grunt riviveva quei momenti, le stesse domane ora come allora: dove vanno? Perché ci vanno? Per quanto si sforzasse non riusciva a capirlo. Ma nel sogno non erano solo gli uccelli ad andare via: lupi, orsi e ogni genere di bestia andava verso i monti e poi oltre. Il villaggio rimase avvolto nel silenzio. Gli altri dormivano. La neve si ostinava a cadere. Poi anche gli alberi si mossero: sollevarono le grosse radici e si incamminarono barcollanti. Prima uno poi un altro. L'intera foresta si mise in viaggio. Ma il villaggio rimase immobile. La neve continuava a cadere finché non diventò tutto bianco. E lui rimase solo.

sabato 13 ottobre 2012

Essere soli è una brutta cosa


Ci sono momenti, giornate, in cui non si ha altra compagnia se non la propria. Di solito piove, perchè quando piove si sta a casa ed è più difficile vedere gente e fare cose. Per quanto sia romantica la pioggia , per quanto sia bello vederla cadere al sicuro dietro al finestra in queste giornate non fa proprio bene alla vita.



Suona male come parola figuriamoci come esperienza: solitudine. Non mi riferisco a quella cosa metafisica di “essere soli in mezzo alla folla” quella la si più accettare la si supera perché in fondo in fondo a tutti piace sentirsi superiori guardando la folla e se ti senti inferiore almeno hai modo di ammirare qualcuno. Il problema è la solitudine vera. Quando non puoi fare quattro chiacchiere con qualcuno o bere in compagnia perché tutti sono da un altra parte che non è qui.



Si sposa bene con l'apatia (e su questo ci sarebbero fiumi di parole da spenderci nel mio caso). Sei solo. Prigioniero in camera tua a causa dei maledetti spagnoli che non hanno ancora levato le tende loro e quelle zoccole delle amiche loro. Fuori viene giù che Dio la manda. Non hai idea di che fine ha fatto l'ombrello e quindi di scendere per andarti a fare un bagno senza uno straccio di motivo non ti va mica. Hai un po' di oggetti con cui passare il tempo: un portatile, un libro e un paio di fumetti letti e straletti. Tutti e tre questi oggetti hanno in comune la stessa cosa: non ti va di usarli. Non hai voglia di scrivere, tranne per quella mezza pagina che ora si è arenata, non hai voglia di leggere ancora perché hai letto troppo e ti fanno male gli occhi. Il fisico freme per fare Qualcosa ma cosa?



Forse è solo questione di abitudine. A Napoli ne hai passate migliaia di giornate così ma i suoni erano diversi. Passi parole persone e bestie domestiche. Qui il massimo che puoi avere come animale da compagnia è una zanzara grossa come un pugno che è entrata in camera ieri sera.



È sabato. Io odio il sabato con tutte le mie forze. Come si odia San Valentino quando sei single o il Natale quando sei di malumore. Lo odio come inizia ad odiare il tuo compleanno quando gli hanno superano i trenta. Non c'è buon umore stasera perché non c'è nulla da fare. Altra gente ha da fare altre cose è in altri posti.



E poi c'è una domanda che rimbomba nel cervello perché tutto il resto è uscito a farsi una passeggiata o non ha voglia distare a sentire: che ci faccio ancora qui? Il corso è finito, il lavoro per quanto si cerchi non esce come succede con le chiavi di casa o con quell'ultimo spicciolo che farebbe la differenza. I soldi vabbè manco stiamo a parlarne. Insomma cosa cazzo ci faccio ancora qui?

venerdì 12 ottobre 2012

Gente che sa campare

Stasera sembrava un ottima sera. Una di quelle in cui puoi riposarti, goderti la pioggia fuori e la pace dentro. Le due maledette della doppia (la Cula e l'altra) come ogni settimana hanno fatto le valigie e sono tornate nella loro terra natale per dormire un po' nelle loro bare o ricaricarsi delle radiazioni che le tengono in vita.

Daniela è sparita ma pare che anche lei sia ritornata a Napoli giusto in tempo per beccarsi il diluvio che ha allagato la città. L'altra napoletana pure è partita. Eravamo rimasti io e i Carlos. Sembrava una serata rose e fiori.



Invece...



ore 20 bussano alla porta. Carlos 1 (vestito sospettosamente bene) va ad aprire. Io, nel mio completo da sera (pantaloncini verdi e una maglia messa al contrario) non mi scompongo e invece dovrei. Due tizie entrano dalla porta: stivali gonna corta o jeans attillato, maglie scollate e soprattutto due fregnoni che riempiono i suddetti panni. Fregnone spagnole che salutano ridacchiando me e sbaciucchiano prima Carlos 1 e poi Carols 2 che si manifesta come uno spettro dall'altra stanza. Le cose sembrano abbastanza chiare: due Carlos e due gnocche l'equazione si risolve da sola. Al momento sono occupati in quello che loro considerano romanticherie.

Vai a capire cosa stanno a dire. Parlano in spagnolo, ridono, riparlano fan casino. Bevono. I presupposti ci sono tutti. Stasera questi hanno in programma politico abbastanza chiaro. Tornano i ricordi di san Valentino di un annetto fa. La fine si avvicina.



Ho sonno, mal di testa e nessuna voglia di ironizzare sulla cosa. Sto valutando un quadruplo omicidio. Risolverebbe due piccioni con una fava: prima di tutto dormo sereno stanotte, in secondo luogo potrei poi andare come ospite in un sacco di programmi tv pomeridiani.



Pensateci solo qualche coltellata mi separa da un ospitata da Barbara d'Urso da decine di interviste e contro interviste. ,magari un ospitata al grande fratello. E soprattutto poche coltellate in cambio del silenzio e di otto ore di sonno.



Ovviamente però succederà tutt'altro: un po' brilli un po' fumati i quattro oltre la porta di camera mia litigheranno per chi ha il diritto al letto matrimoniale e la privacy della loro stanza. Sarà una rissa feroce e selvaggia. Si uccideranno tra loro. Io intanto davvero starò a dormire nel mio letto con l'Ipod al massimo nelle orecchie. Quando poi la mattina i carabinieri verranno a ripulire il macello questo post sarà visto come una dichiarazione di intenti.

giovedì 11 ottobre 2012

Evoluzione Lenta


A vederli così dall'alto nella landa desolata sembravano uno sciame di formiche e non una tribù di scimmioni in marcia. Anche ad avvicinare l'immagine non si sarebbe riusciti a distinguere il pelo naturale dalle pellicce. Corrono tutti perché il radioso futuro che attende l'uomo scimmia al momento non è alto che una delle tante possibilità, quella più scarsa. Al momento la statistica parla chiaro: se non saranno i predatori sarà la glaciazione o l'assenza di cibo o un'altra qualunque diavoleria tenuta in serbo dalla “madre” terra. Forse potrebbero assistere ad un bis del Grosso Sasso Infuocato.



Per fortuna al momento le menti sono così semplici da non badare a queste cose. Non esiste Dan Brown, Giacobbo e il team di mistero e i documentari di Sky* stanno aspettando che cambi era geologica per attaccare con la prima stagione. Per ora gli uomini-scimmia si limitano a correre perché hanno scoperto generazioni fa che è il metodo migliore per non essere mangiati da qualcosa. Dita pelose con troppe falangi stringono bastoni appuntiti e pelli di animali contenenti gli ultimi frutti della stagione. Molto più dietro, serviti e riveriti corrono otto** uomini-scimmia con delle torce accese. Il loro è un incarico importante, lo si intuisce dalla loro andatura impettita tipica di chi fa le prove generali per la superbia.



Il fatto che tutto il paesaggio sia coperto di neve e ghiaccio fa intuire perché il fuoco è così importante. Alcuni membri della tribù giurano di saperlo accendere ma fin ora non si sono dimostrati costanti nell'operazione e il resto della tribù si sente più sicura ad avere del pratico e caldo fuoco sempre a portata di mano.



Sono gente importante i portatori del fuoco. Pionieri nel loro campo a cui sono garantiti cibo e privilegi come il non andare a caccia. Per loro è una piacevole variante: invece di rischiare la vita per cercare di strappare della carne succulenta ad una qualche bestia i Portatori hanno diritto a rischiarla (e spesso perderla) in solitarie ricerche di bastoni di legno per alimentare le fiamme. Sono furbi i Portatori del fuoco. I loro limitati cervelli hanno già colto uno dei futuri pilastri della società: se sai fare qualcosa tienila per te che se no prima o poi qualcuno saprà farla meglio o qualcun altro si accorgerà che in fondo la può fare chiunque.***



ma anche con tutti i loro privilegi i Portatori sanno di aver sbagliato professione. Nella mandria di uomini-scimmia intenti a migrare verso climi più miti, in barba alla natura che pare tanto decisa a spazzarli via, nessuno è inutile. Tutti hanno un compito: chi caccia, chi porta il fuoco, chi bada ai cuccioli, chi raccoglie i frutti e via così. Ogni paio di mani hanno un incarico. Tranne alcuni. Questi alcuni non corrono con gli altri. Sono deboli, a volte malati ma la tribù si premura di trascinarseli dietro su una pedana di legna sorretta da molti antenati delle body guard moderne. Sono vecchi, alcuni degli occupanti della piattaforma hanno quasi vent'anni.



In principio tra gli uomini-scimmia vigeva la più semplice ed efficiente forma di governo. Ogni tribù era gestita da un capo che dava ordini e spaccava la testa a pugni (ma in seguito al progresso tecnologico o “dialettica” sono stati usati via via bastoni sempre più appuntiti e/o pesanti). Se per puro caso qualcuno contraddiceva il capo e riusciva a spaccargli la testa per primo era probabile che la sua obiezione avesse logica validità e fondamento.

Gli scenziati non sono concordi nello stabilire come e quando sia successo ma grosso modo deve essere andata così: ad un certo punto della girandola politica dell'epoca un capo, probabilmente dopo aver rotto la testa a qualcuno, ha avuto sete o fame o solo voglia di qualcosa di buono. Mancando merendine e stuzzichini il nostro capo avrà afferrato qualche bacca per buttarla giù. Ma qui i possenti ingranaggi dell'evoluzione si sono messi in moto: un altro uomo-scimmia, più vecchio ed esperto ha fermato il capo dicendogli qualcosa che dovrebbe suonare più o meno come “no buono quello.”

il capo come tutti i leader di ogni epoca deve essersene fregato dell'ammonimento e (sempre dopo aver dispensato mazzate all'insolente) ha proceduto con il suo spuntino procurandosi una feroce dissenteria che ha bloccato lui e di conseguenza tutta la tribù per diversi giorni. Probabilmente non tutti i capi di ogni tribù all'epoca hanno fatto due più due ma quelli più svegli (un esigua minoranza) devono aver iniziato a trattare con più rispetto gli anziani e la propria opinione. In fondo loro già c'erano passati.



Poco ci volle, in termini evoluzionistici, che anche gli altri facessero due più due e si domandassero a che servisse un capo che prendeva tutti a bastonate quando c'erano gli anziani che effettivamente sapevano cosa stavano facendo. Si, alcune tribù continuarono con il “vecchio metodo” ma al momento non stanno correndo verso terre più calde.



Quelli che non sono stati decimati da bacche velenose e bestie feroci sono seduti in cerchi in mezzo alla neve a massaggiarsi la testa dopo aver discusso col capo ed aver concluso che questo freddo passerà tra pochi giorni.



E pensare che c'è ancora gente che si chiede perché agli anziani spetta la pensione.





*l'amore per le cose catastrofiche e per lo spiegare in maniera dettagliatissima i mille modi in cui il mondo possa finire fanno parte dello statuto steso di Discovery Channel.



**diremo otto per semplicità visto e considerato che all'epoca gli uomini-scimmia si sono concentrati su problemi più pressanti rispetto alla matematica e per ora il loro metodo di conto consiste in quattro parole: nessuno, uno, due, molti.



*** secondo le moderne teorie da questo particolare tipo di uomini scimmia discendono: i filosofi, gli idraulici e una buona dose dei piccoli professionisti. Anche la cima dell'evoluzione sembrano essere i politici.

mercoledì 10 ottobre 2012

serata al Maxxi


Sabato 6 ore otto e un tot di sera piazzale Flaminio. Un appuntamento semplice, un gruppo di persone ferme a cerchio come ragazzi che giocano a sette si schiaccia senza pallone. Tutto è nato da un annuncio trovato da Chiara: “il museo Maxxi è aperto la sera del 6 dalle 20 alle 2 ed è GRATIS”. E visto che sulle cose gratis non si sputa mai sopra eccoci che è partita l'organizzazione. Che per certi versi ci è un po' sfuggita di mano.



Alla fine dopo lunghe tribolazioni telematiche ci siamo dati appuntamento in quel di Flaminio. I membri del cerchio erano: Io, Chiara, Valerio, Vittu, Arianna, Valentina, Vincenzo, Aurora e Alessandra. Quando poi si sono aggiunti anche Andrea e Max io avevo perso da tempo ogni tipo di corrispondenza faccia-nome degli altri arrivati che sono stati tutti archiviati nella cartella “amici_di_amici.txt”.



Una delle cose più chiare che si è palesata nel gruppo originale è che quando si chiede “e mo dove vogliamo mangiare” ognuno si chiude nel silenzio aspettando che sia un altro a proporre per poi obiettare qualcosa. Lunghi silenzi che sanno di trattativa hanno deciso per un democratico Buger King. Probabilmente perchè era la prima cosa struttura adibita al cibo che è capitata sott'occhio. Folla, caos, casino, tamarri. Insomma un fast food al sabato sera. Mangiamo chiacchiere e poi usciamo per incamminarci verso la meta. Non prima che altra gente si aggiungesse alla truppa.



Sembravamo un po' una comitiva di turisti in gita. La camminata è stata discretamente lunga ma ha avuto sicuramente ampie qualità digestive. Man mano che si avanzava ci si chiedeva ad ogni traversa se era quella giusta subito smentiti da Valerio e dai suo telefono magico. Tra i momenti di panico sicuramente possiamo annoverare Andrea che attacca a fare n filmato col suo i pad scatenando il panico nel suo pezzo di gruppo.



Il museo è abbastanza incasinato . La gratuità dell'evento ha spinto molta gente ad andare a dare un occhiata. Come noi in molti non avevano francamente idea di cosa avremmo trovato all'interno. Il sito recita “museo di arte e architettura moderna” ma se c'erano spiegazioni sono subito passate in secondo piano davanti alla parola GRATIS.



C'è una grossa fila, c'è lentezza, c'è noia. Ci separiamo quasi subito in gruppetti meno numerosi. Io Aurora e Alessandra vaghiamo per le sale ogni tanto incontrando altri esponenti della truppa intenti a vagare anche loro. È subito chiara la mia ignoranza per l'arte moderna o qualsiasi cosa ci sia qui dentro. L'edificio stesso è una specie di opera d'arte in onore della fantascienza post atomica (tipo grossi muri di cemento grigio e ambienti asettici). La cosa più particolare sono le scale che salgono e scendono ricordando un po' quel famoso quadro che fa sentire le gambe stanche solo a vederlo. Le cose interessanti si possono riassumere in:



una macchina degli anni sessanta parcheggiata in una stanza in penombra. Una stanza rivestita di finta corteccia di albeo con al centro un coso di legno con della resina. Varie cose informi, altre cose informi però stavolta appiccicate a terra, il puffo di rubick (da me battezzato così che consiste in un grosso cubo morbido con nove colori per lato. E infine una vetrata obliqua che se ti ci appoggi sopra non solo vedi il panorama ma ti senti pure di cadere.



Ci stiamo già dirigendo verso l'esterno per fumare e lamentarci della fuffosità dell'esposizione quando sbagliamo scalinata ci ritroviamo vicino ad un piccolo angolo con una porta girevole giallo splendente. Siamo come bambini e ci buttiamo dentro. Al di là c'è un altra ampia sala dove sono esposti modellini esotici e strani di opere di alta architettura. Camminiamo un altra oretta guardando le cose come se fossimo in un vero museo e poi usciamo.



Fuori si perde parecchio tempo. Si fuma si chiacchiera si verifica il dolore alle gambe e non ci si riesce a riunire. Ci andiamo a bere una cosa nelle vicinanze sicuri che prima il tram e poi la metro ci riporteranno a casa.



Non sarà proprio così. Al momento di rimettersi sulla strada di casa ci viene fatto notare che per quanto tardi possa chiudere la metro il tram non passa già da un pezzo. A questo punto tutto si fa confuso. Io Aurora ed Alessandra dobbiamo prendere quella metro. È l'una meno venti. Vuol dire che abbiamo una mezzora di tempo. Ci avviamo a passo svelto dopo rapidi saluti. Sbagliamo strada. Mi faccio ignorare da una signora a cui volevo chiedere informazioni e infine saltiamo su un autobus chiedendo: “questo va a Flaminio?”

“no.” Si chiudono le porte e parte. Ci sia ram di pazienza:

“e dove potremmo scendere per prendere una metropolitana?”

la risposta è vaga: forse conviene prendere i notturni forse a Ottaviano forse a Lepanto o a Piramide oppure... intanto le fermate passano. Alla fine ci vuole molta diplomazia e un uso accorto di metafore e parole semplici per farci lasciare nei pressi di Lepanto. Sono la 01:15 saltiamo in metro e siamo salvi.


martedì 9 ottobre 2012

Caos domenstico


peli. Peli ovunque. Non quelli onesti sul petto che coprono i muscoli flosci nè cespugliosi peli di ascella. Ma peli di barba. Ovunque tranne che sulle facce dei legittimi proprietari. Un bagno in tre i io e i Carlos e subito mi vien da pensare a diversi percorsi etnico culturali che forse non mi sono chiari.



Forse in Spagna si usa così. Farsi la barba e poi lasciare tutto a galleggiare nel lavandino. Oppure rasarsi i capelli riempiendo il bidet minuscoli capellini figli della ricrescita settimanale. Non so. Forse la loro religione gli impedisce di sciacquare le cose dopo averle usate.



Il lavandino ospita tre spazzolini tre dentifrici tre rasoi e tre macchinette per i capelli e una mezza dozzina di cartoni vuoti della carta igienica. Il pavimento ospita una pozza d'acqua a testimonianza dell'ultima doccia. Il mocio abbandonato in un angolo a seccarsi.



Sono civiltà diverse. Culture diverse più o meno avanzate. Uomini delle caverne contro scimpanzé. C'è qualcosa che non quadra e troppe cose che quadrano perfettamente. L'indifferenza di chi sa che nessuno può dirti nulla perchè tanto non capisci una parola di italiano e nessuno sa lo spagnolo in maniera sufficiente da fare il dovuto cazziatone.



Non è disordine è il caos primordiale che si manifesta nel mondo moderno in piccole porzioni di spazio ignorate dalla comunità: i cassetti della mia scrivania, la camera di Emanuele, il bagno di Aurora dopo che si è preparata per uscire di fretta. Oppure il microclima che muove i nippoli di polvere e i foglietti appallottolati in camera mia come i venti che imperversano nella stratosfera.



È caos primordiale come questo post senza senso che sto scrivendo solo perchè non toccavo il blog da una vita. Pensieri liberi, radicali liberi. Amebe e protopensieri che si combinano in primordiale brodino Knorr, forse scaduto, che mi sto cucinando. La terra ci ha messo milioni di anni per dare un senso a tutti i pezzi e il risultato finale ha svariati arti e ancora non ha capito cosa fare adesso.



Magari i pezzi andranno a posto oppure l'immenso meteorite della pigrizia spazzerà via tutto. Come se Dio a metà progetto avesse ribaltato il tavolo da lavoro e avesse pensato che tutto quella fatica per i documentari di Discovery Channel non valesse la pena.

mercoledì 3 ottobre 2012

I ragazzi dello Zoo di Roma


rientrare a casa oggi è stata una cosa sofferta. La sensazione era molto simile a quella di un veterano del Vietnam che si accorge di aver dimenticato le chiavi in missione e deve tornare a riprendersele. Mi erano giunte voci su cosa stava succedendo nella mia dimora capitolina. In poche parole altra gente. La casa va riempiendosi e la mia stanza torna lentamente ad essere quello che è: un buco.



Lasciamo stare che ho fatto tardi col treno. Facciamo anche finta che andare a cenare da Aurora non aveva nulla a che fare col fatto che non voglio avere nulla a che fare con questa gente perchè già è complicato così. È complicato vivere fuori casa pesando sulle spalle della famiglia, quasi com'è complicato cercare a tentoni idee per il lavoro serio. È complicato non avere più la libertà di andare in bagno a fare il fatto importante (o la cosa grossa) e doversi preoccupare della puzza. Soprattutto se ora si ritorna a condividere il cesso con una ragazza.



Abbiamo tre new entry: Chiara, un amica di Daniela da quel che ho capito, abbiamo fatto conoscenza nell'arco di tempo impiegato a posare la valigia e riscendere. Se ne deduce che già è assai se so il nome. Sembra una persona tranquilla ma mai dire mai. C'è sempre il pericolo dietro l'angolo con la gente tranquilla. Sono quelli che tranquillamente fanno festini in casa quando devi alzarti presto, o che tranquillamente cantano l'Aida alla 3 del mattino. E soprattutto le persone tranquille tendono a stare in casa.



Anche la doppia infittabile è stata infine affittata. Brutte rogne se considerate che gli ultimi occupanti erano Giuseppe il Killer e la sua pupa francese. Ora sono due spagnoli. Non li ho ancora visti in faccia ho solo sentito uno dei due parlare dalla porta per ora li ho ribattezzati, senza un briciolo di fantasia, i Carlos. Tutto il resto si vedrà per ora so solo che prendendo la doppia si sono presi pure il mio bagno costringendomi a cacare in clandestinità.



Per il resto che si può dire? Tutto come al solito. Si procede a tentoni come chi cerca l'interruttore della luce in una stanza dove ha sentito un rumore sospetto. Si stanno preparando cose ma francamente alle volte mi sembra di stare metaforicamente cantando sotto la doccia convinto di essere a Sanremo. In teoria alcune cose si stanno anche muovendo. Il punto è proprio il movimento: una cosa è farlo in Ferrari un altro e farlo con una bici scassata. Mi basterebbe una Cinquecento.



Al momento però la prima conseguenza “grave” della folla che è tornata a vivere in casa è il fatto che mentre scrivevo questo post la connessione è saltata 4 volte.

lunedì 1 ottobre 2012

Notte bianca al Vomero


ovvero il triangolo delle bermuda.

Prologo

negli ultimi anni il concetto di notte bianca è stato più volte tentato a Napoli. I primi tentativi sono stati, ad essere generosi, incasinati. Chiedete a Marika cosa si prova a rimanere bloccati sotto la metropolitana di Piazza Dante perchè sopra c'è una ressa tale che non si riesce ad uscire.

Quest'anno il piano è diverso: invece di rendere tutta la città area pedonale piena di cose divertenti da fare si è deciso per il solo Vomero (quello che in teoria è un quartiere bene dello shopping). Il piano prevedeva una serie di eventi e “scuse per far casino” limitate in un triangolo di circa 3 km di lato di area pedonale tra piazza Medaglie d'oro, piazza Quattro Giornate e Castel Sant Elmo. La percezione della cosa tra commercianti e cittadini è stata freddina (almeno nei giorni precedenti alla manifestazione).



L'idea era quella di presentare un resoconto con foto annesse come i dossier di guerra ma niente macchina fotografica quindi arrangiatevi con le descrizioni.



Ore 20:30 partenza

dal parco ci avviamo in un gruppo di una decina di persone. Siamo abbastanza vicini al triangolo della fiesta e ci avviamo con la metropolitana verso Medaglie d'Oro convinti che sia l'accesso più semplice. Nel treno c'è una folla importante, per lo più ragazzetti, vecchi ragazzine. È il caos. Ma tutto fila liscio. Dopo un paio di fermate siamo giù e vaghiamo per la piazza per riunirci col resto del gruppo. Il piano è semplice: mangiare e poi vedere che c'è da fare. Tutto sta nell'allontanarsi dal palco pieno di musica etnico-dance che occupa la strada.



Gustomania

Un salto indietro. Sono quasi due mesi che Luca e Gianluca hanno aperto la loro tavola calda in una via laterale di via Luca Giordano. Quando entriamo nella traversa è un piccolo mondo a sé: musica da discoteca rimbomba tra i palazzi mentre una folla oceanica si accalca a centro strada. Ci vuole un po' per ricostruire la situazione.

In fondo alla strada le ragazze di un negozio di scarpe si sono attrezzate al meglio: due grosse casse un lettore mp3 e abiti succinti con cui ballano per attirare clienti. Un po' più su Speedy Pita è preso d'assalto. Quel posto ha una storia tutta sua: è famoso per essere uno dei pitari più buoni del Vomero e, soprattutto, per la quantità e la percentuale di unto per cm cubico delle sue pietanze. Il nome però è una bieca ironia: in giornate normali il tempo di attesa per una pita va dai trenta ai quarantacinque minuti. La folla oceanica a centro strada è la fila per ordinare o per mangiare dentro Speedy Pita. Quando noi arriviamo la fila si è allargata al punto che a decine hanno notato Gustomania (il negozio di Luca) poco più giù e lo hanno preso d'assalto. Luca è nel pallone. Passare da una decina di clienti per sera ad una torma infinita di gente è un trauma. Ordiniamo i nostri panini e aspettiamo mentre altri si devono unire alla banda. Ad un certo punto della serata Luca esce dal negozio esaurito “mi devo fumare una sigaretta! Sto impazzendo.” quando vede che la marea di gente cresce nuovamente si allontana in un delirio tutto suo. Solo l'arrivo di Gianluca (che fino a quel momento era impegnato in un matrimonio) risolleva il morale.

Ci mettiamo un ora a mangiare, intanto Luca ha perso il conto delle birre che abbiamo preso con l'antico metodo del “pagherò” e i cuochi dentro urlano che sono finiti i panini e mo si passa alle piadine.



Salvate il soldato Nikitas

Nik e Scanna sono a via Aniello Falcone. Lontano fuori dal triangolo. Siamo rimasti che loro mangiavano a casa e poi ci saremmo acchiappati. Verso le 23 ci sentiamo telefonicamente. La linea è disturbata, c'è casino, è tutto confuso.

“we! Addò stai?”
“stiamo salendo verso San Martino (castel Sant Elmo) siamo all'altezza di via Kerbaker”
“noi stiamo sotto da Luca tra un po' ci muoviamo anche noi”
rumori di sottofondo, un ambulanza, gente che urla come se fosse passato il papa.
“non so se ci trovi ancora. Qui è l'inferno!”
“che?”
“stanno venendo tut-fzzzt-ti qui! Fzzzt non -bzzz-si cammina.”
“vabbè vediamo di acch..”
“non puoi capire c'è -tu tu tu-”
in teoria non dovrei stupirmi Nik non è un amante delle folle ma il caos che si sentiva e che dipingeva mi fanno preoccupare della bontà del piano.



Piazza Bernini

è una piccola tappa. Dobbiamo incontrarci con degli amici di Lisa. Nel viaggio ci separiamo da alcuni dei nostri che decidono di salire verso Vanvitelli, nel cuore del casino. “wabbò ci riacchiappiamo poi” ma ci stiamo rendendo conto che stiamo ignorando la realtà dei fatti.

La piazza dove arriviamo è una ressa: un palchetto butta musica da discoteca con vaghi intenti etnici e qualche reminiscenza di anni ottanta. Una folla di ragazzini e tamarri si dimenano a centro piazza sui bordi l'umanità si divide in chi cerca qualcuno e in chi sta aspettando. L'incontro con gli amici di Lisa dura poco poi decidiamo di seguire il piano e spostarci verso San Martino.



L'idea che ha avuto tutta Napoli

il belvedere di San Martino e lo spiazzo difronte castel Sant Elmo sono tradizionalmente luoghi cool del Vomero. In serate normali la gente va a festeggiarci i compleanni, a farsi le canne, a prendersi l'aperitivo o anche solo a parcheggiarsi lì e guardare quelli che giocano a pallone usando il portone della chiesa come porta. È un luogo di ritrovo naturale, forse proprio per la sua natura di vicolo cieco. L'interà città si sta lentamente muovendo verso piazza Vanvitelli e da lì poi verso il castello. Quando noi arriviamo alla piazza la situazione è abbastanza chiara: due fiumi di gente compatti come file alle poste intasano la strada per San Martino: chi va e chi ritorna. La piazza è confortevole ed abbastanza spaziosa da ospitare i transfughi. A noi fanno male le gambe, ci sediamo nella piazza mentre le chiacchiere prendono il sopravvento sul piano. Non siamo gli unici è quasi l'una e in molti stanno facendo bivacco o si stanno dirigendo verso le discoteche all'aperto.



Razionamento

ci riusciamo a incontrare con Nik, che nel frattempo si è perso Scanna chi sa dove, ma il problema principale è la sete. Vista la sfiducia dei commercianti per l'evento (oppure un affluenza enorme) non si trova una bottiglietta d'acqua o una Peroni da nessuna parte. Le bibite sopravvissute sembrano essere tutte Sprite, Esta Tea, e Red Bull. Il cibo è un altro miraggio. La gravità della situazione si palesa quando anche gli ambulanti abbandonano il campo col carretto vuoto si quelli che vogliono 4 euro per una bottiglietta d'acqua).



Ritirata

Alcuni giri di telefonate ci informano che la ressa a San Martino continua. Memori di precedenti esperienze di altre notti bianche decidiamo di desistere. I piedi gonfi come pagnotte e le cosce doloranti contribuiscono alla decisione. Sono le 2 e mezza. Ci avviamo verso casa facendo tapa da Gustomania per recuperare un Luca incapace di intendere e volere. La marcia a piedi verso casa prende una ventina di minuti.

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