Due settimane fa, nell'androne del
palazzo, sudato fradicio per la corsa e zuppo per la pioggia da cui
stavo scappando. È pomeriggio. Entro dentro e mi dirigo
all'ascensore dove incontro un altro abitante di questo palazzone in
cui ho l'onore di pagare l'affitto a nero. È un uomo dal lato
sbagliato dei cinquanta, calvo con qualche accenno di ricrescita
occhiali un pizzetto e le guance spruzzate di barba. Sembra Walter
White di Breaking Bad ma più esile o una versione di me stesso più
magra e con più sfighe. È cortese ma silenzioso, quella cortesia
che ti aspetteresti dal conte Dracula.
-Buongiorno.-
-Buongiorno.-
-Posso?-
-Prego prego.- poggia la mano sul
tastierino.
-A che piano va?-
-Sesto.-
-Io al quinto.- preme mentre mi osserva
con curiosità.
-Lei sta nella casa... quella con gli
studenti?-
-Ehm si.-
-Ah.- silenzio. Poi rittacca -Le posso
chiedere una cortesia? Io abito sotto di voi e... non è che potreste
fare un po' meno rumore?-
Nella privacy della mia mente maledico
i Carlos con una serie di antichi anatemi.
Lui va a vanti per un po' e mi spiega:
che hanno una persona che “non sta bene” in casa ed hanno bisogno
di silenzio. Culo vuole che questa persona stia proprio sotto la
stanza dei Carlos. Mi impegno a
farlo presente a chi di dovere. Lui ringrazia io chiudo la porta e
torno alla mia vita.
Spiego la cosa a
casa, i due erasmus mi fissano e annuiscono lentamente mentre spiego
con termini semplici: “sotto, malato, rumore no. Alzate quelle
cazzo di sedie”.
Loro annuiscono
convinti: “ok, no problema.”
la vita va avanti
come al solito. Gente che va, gente che viene. Dovessi continuare a
chiamarli tutti Carlos N° x la serie sarebbe arrivata a Carlos 12.
da sotto nessun segnale. Poi scatta il contatore.
In un momento
imprecisato del passato nel condominio hanno cambiato la chiave che
da accesso al locale dei contatori (sapientemente piazzati in cantina
così da permettere a tutti di farsi una bella passeggiata se manca
la corrente). Cisco l'intrepido, dopo una rapida consultazione in
spagnolo, decide di andare a bussare a tutte le case finché non
otterrà quella chiave. Lo accompagno per scongiurare il disastro.
Per i primi due
piani ho una dimostrazione di come sia davvero la vita condominiale:
nessuno ci apre, due interpellati ci prendono persino per
malintenzionati. Scendiamo al 5° piano bussiamo.
BZZZZ
-Chi è?- fa una
voce roca.
Cisco mi fissa come
a dire “sei tu l'indigeno qui” e ha ragione.
-Ehm, mi scusi
signora. Siamo gli inquilini del piano di sopra. Ci è scattato il
contatore non è che potrebbe prestarci la chiave per favore?-
silenzio.
-Andate via!-
-Ma...-
-Non vi conosco,
andate via!-
-scusi signora c'è
suo marito o suo figlio? Mi conosce ci siamo visti l'altro giorno in
ascensore.-
-Chiamo la polizia
eh!-
Il fatto che Cisco
abbia subito afferrato il significato della parola la dice lunga sui
suoi studi erasmus. Anche il mio istinto di ex fattone di Piazza del
Gesù mi suggerisce che quando viene chiamata in causa la polizia è
il caso di desistere.
Andiamo via. La
faccenda del contatore si risolve poi tramite l'aiuto di due
gentilissimo condomini del piano di sopra. Ma è un altra storia.
Delle due inquiline
nuove nemmeno l'ombra. Potrebbero essere già morte.
Ce lo dice King, ce
lo dice una tonnellata di filmografia horror. Il male vive sotto:
nelle fogne, nelle grotte, nelle cantine e gli angoli bui. È lì
sopito e attende solo di essere risvegliato da due poveri fessi che
vogliono accedere al loro contatore.
Il
male attende e vuole la tua
sanità
mentale.
Quattro giorni dopo. Quattro giorni che non prendo più l'ascensore
perché devo trascinarmi la bicia a spalla fino a casa. No, non ci
entra nell'ascensore. O meglio: ci entra ma poi non si aprono le
porte. Ma il diavolo è nel dettagli e così preserverò le vostre
anime risparmiandovi una descrizione accurata del problema.
Non
ci entra e me la salgo a piedi per 6 piani di scale per paura che se
la lascio giù se la fottono. Sono le 21 ansimante e boccheggiante mi
fermo sul pianerottolo del 5 piano. Si, lo so, colpa mia. La bici mi
sfugge di mano. Non cade a terra ma sbatte sulla ringhiera producendo
la classica vibrazione. Nello
stesso istante
la porta del nemico si apre. Lui è in piedi sulla soglia. Il signor
Bincospino (nome inventato per associazione di idee). Mi fissa come
se avessi un neonato morto in ogni mano. Morto nel senso di “ucciso
da me”.
-Non potrebbe cercare di fare meno baccano?-
-Mi scusi, mi è scivolata di mano.- indico col mento la bici.
-Faccia più attenzione, abbiamo bisogno di tranquillità qui.
Buonasera.- chiede la porta, io faccio spallucce e completo la
scalata.
Oggi. Sono fuori al balcone a godermi il sole mentre sul foglio word
ho inanella to una serie positiva di ben 6 tavole (sarebbero 12 se
contassi anche quelle cancellate) e un soggetto finto, di quelli che
non sai a chi mandare ma che almeno lo tieni.
Nella stanza vicina Carlos 2 studia, dalla posa concentrata e lo
sguardo terrorizzato si evince che si approssima un esame. Le ragazze
stanno cucinando Carlos 1 vede telefilm, Cisco dorme.
Sono le 16:30
BZZZZZZZZZZZZZZBZZZZZZZ...BZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZ!!!
La porta.
Che, come al solito, ignoro: sto scrivendo, mi sta andando bene e non
mi scomoderò solo per un altro carico di Carlos. Ma non sono
generici Carlos. L'avrei dovuto capire dalla bussata, dal contesto,
dal male che ci sta per assalire.
Carlos 2 mi viene a chiamare si spiega a gesti e parole. Il succo è:
noi non lo conosciamo se tu lo conosci bene se no noi non apriamo
manco la porta.
Apro. Il tono di Biancospino è pacato, calmo, riflessivo. Gli occhi
raccontano tutta un altra storia. La discussione va avanti per un
po', il succo è: noi, sotto, casino, smettere, persona malata.
Io ribatto: scusa, cinque di pomeriggio, le cose vive fanno rumore,
lo dico agli altri.
Quando mi giro però non c'è più nessuno: i Carlos e le ragazze si
sono dileguati nel momento in cui si è aperta la porta lasciandomi
da solo col mostro. Faccio il giro delle stanze portando la Buona
Novella: “no rumore, sotto malata/moribonda, alzate le sedie e la
prossima volto i cazzi sono i vostri”
in cambio ottengo una serie di “ok” e un “poverina”
Ora è l'una di notte. Sono fuori al balcone cercando di riprendere
la serie positiva. Fa fresco, si sta bene e il caos di macchine che
passano sulla Appia ha un effetto catalizzante sulle vignette. Le
moto rombanti non mi lasciano assopire e per qualche strana
benedizione le zanzare mi ignorano. Un numero imprecisato di Carlos
(credo dal 1 al 5) gozzovigliano in cucina tra popcorn, lattine di
birra e un innominabile mostruosità fritta.
Stanno
facendo un casino d'inferno secondo la loro natura. Cisco accompagna
con alcuni giri di chitarra.
Poi suonano alla porta. E, dovesse entrare il sig Biancospino con una
motosega in mano io non mi muovo da qui.
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