non c'è da fidarsi degli amici. Gli
amici hanno problemi, hanno paure hanno speranze. Gli amici vanno
consolati, spronati, ascoltati e dissuasi. Gli sconosciuti invece
passano come il fumo di sigaretta dal finestrino dell'auto.
Non danno fastidi (in genere), non si
interessano alla tua vita (in genere) e soprattutto sanno che non
devono romperti il cazzo quando non gli rivolgi la parola (in
genere).
Per quanto gli sconosciuti abbiano un
incredibile dosi di vantaggi noi ci ostiniamo a circondarci di amici.
Dopotutto ci serve qualcuno che ci sproni, ci consoli, ci ascolti e
quando è il caso, ci giudichi con quella severità che solo un vero
amico sa avere.
In una giornata strana come questa può
capitare di vedersi con un amica per un caffè e continuare a
passeggiare senza meta per sette ore ridendo e scherzando mentre
vicendevolmente esorcizzavamo le nostre ansie personali. Non
fraintendetemi, un uomo potrebbe camminare mano nella mano da Trento
a Reggio Calabria davanti all'invitante promessa di gambe lunghe,
seni sodi e uno sguardo ammiccante. Ma non è questo il caso.
C'è un genere di amicizia che sorpassa
i confini di genere. Quando si fa conoscenza da passeggini affiancati
a cercare di rubarsi il sonaglino tirandosi sberle tutto altro che
affettuose. A quell'età non ci si fa caso. L'altra persona esce dal
sesso opposto, il cervello non concepisce proprio la cosa.
Il fratello di Belen non si sognerebbe
mai di farsela, per lui l'impulso non esiste perché per lui non
conta donna.
E così si è marciato come persone in
fuga. Fermandoci ad ogni maledetta vetrina con la consapevolezza dei
portafogli vuoti. Abbiam vagato tra gli scaffali delle librerie
sapendo benissimo che a casa c'erano altre cose ben più importanti
da leggere e scrivere.
Abbiamo corso per prendere un bus che
non si fermava col fiato corto sulla salita della stazione Tuscolana.
Credo che almeno un paio di volte ci siamo persi. Ma lei, che qui ci
vive da molto, ha ostentato sicurezza e le strade le hanno dato
retta.
Abbiamo sceso il cane sotto la sua casa
provvisoria. Quella faina festante che saltava su e giù cercando di
bucarmi il giubbotto per la contentezza. Poi a casa.
Un autobus, una metro e un altra metro.
I piedi improvvisamente diventati sacchi di terra umida. Le cosce
doloranti mentre, da qualche parte, il malumore sale. Te lo dovevi
aspettare.
In un attimo speri che tutti quanti
siano ripartiti per tornare ai paesi loro e che ci sia finalmente un
po' di silenzio.
Manco per il cazzo.
Sono in quattro nella cucina. Ognuna
con un utensile diverso in mano che traffica nella sua stanza
uccidendo nippoli di polvere e Dio solo sa che altro. Ciao, saluti
ecc ecc.
“pensavamo fossi partito di nuovo”
“eh magari mica sono così ricco. Non
ti preoccupare non do fastidio, devo solo svenire su un letto”
un espressione preoccupata, quella
classica di chi non coglie a volo la metafora. Approfitto
dell'esitazione per andare al bagno prima che mi chieda “ma perché
non ti senti bene?”
potrei essere volgare.
Un ora dopo apro gli occhi. Di là
suoni imprecisati un vociare confuso franco-siculo-partenopeo. E un
altra voce sconosciuta, maschile.
Due palle.
Esco in cerca di cibo. La mia
espressione e quella di Fred Flinston dopo che l'hanno informato
dell'estinzione dei dinosauri. Saluto generico e assalto al frigo.
Giuseppe e la fidanzata cenano un altro riccioluto campeggia in
camera di Francesca. Quest'ultima intanto sosta in mutande e camicia
sula porta del bagno.
Faccia da poker. Lei ostenta
indifferenza io la ricambio. Per la faccia e l'umore che ho potrebbe
avere addosso un parka. Arrivo al frigo. Lei mi guarda male e chiude
la porta.
Non ho ben chiare le regole sociali di
qui ma di solito se sei in mutande in una sala comune il problema è
tuo se ti vergogni. E poi quante storie! Manco ti avessi chiesto di
che marca erano. Ti ho ignorato, ho contato i buchi di tarma sullo
stipite e me ne sono andato.
(otto per la cronaca)
si sta facendo tardi. La gente giovane
si prepara per uscire. Se Dio vuole tra un po' calerà la pace. Uno
ad uno gli sconosciuti fanno il loro fagottino di personalità e
vanno ad incontrare altri sconosciuti. A farsi offrire o offrire da
bere a sconosciuti, restare bloccati in lunghe code con decine di
altri sconosciuti. Per poi tornare a casa, ubriachi sfatti
ripetendosi in testa quanto si sono divertiti.
Non è importante la meta, la sappiamo
già, sotto due metri di terra con una frase fatta incisa sul marmo.
Del viaggio non ce ne può fregare di meno, non abbiamo voce in
capitolo. La cosa importante è da chi ti fai accompagnare
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