Un esperimento. Ogni paragrafo è un
personaggio ispirato o tratto da gente che ho visto in giro o al
lavoro. Nessun nome o storie solo una persona che provo a
tratteggiare il più possibile in un paragrafetto. Buona lettura
A vederlo da vicino fa paura. Non è
alto o grosso. Ha un espressione gentile se non fosse che condivide i
lineamenti di Leonida. Non è nemmeno la boccia pelata o la barba
curata a fare paura né quegli occhi scuri e brillanti. Il sorriso fa
paura, un bel sorriso, amichevole e gioviale che non si preoccupa di
mettere in mostra i denti ingialliti dal fumo e spezzati da avventure
vecchie e nuove. È un sorriso che per quanto gioviale suggerisce un
importante messaggio cifrato. Quando vedi quel sorriso per la prima
volta i tuoi geni ti fanno tornare alla mente i gorilla nella
giungla: stanno tranquilli per i fatti loro ed è meglio che tu
faccia lo stesso. Il suo sorriso comunica qualcosa di molto simile:
non rompermi il cazzo e tutto andrà bene. Le mani grosse e
bitorzolute, di quelle che hanno lavorato da sempre, completano il
messaggio rendendo ancora più semplice la decisione.
Sorride sempre, qualche volta canta a
squarciagola incurante delle note storpiate. È agile di mente e di
mani sempre pronta a togliersi dalla traiettoria del prossimo guaio.
Li riconosce, pare, per puro istinto. Se lei è sparita è facile che
stia arrivando qualcosa. È intelligente come una donnola ma è tutta
conoscenza autodidatta: quella che ti fa scoprire che il fuoco brucia
perchè ci hai messo dentro la mano. Ha dei problemi con le parole
difficili quelle che racchiudono concetti complessi e spesso
metaforici. Non si fida delle metafore soprattutto perchè non ha
ancora capito come si colgono. Ma crede di essere a buon punto: se si
colgono o sono fiori o sono frutti. È semplice.
È sicuro di se. È sicuro di essere il
migliore di non aver bisogno di nulla. In trent'anni di vita non si è
mai chiesto un “come “ o un “perchè” e vive benissimo così.
Tira diritto per la sua strada certo che ogni cosa sia esattamente
quella che sembra o che lui crede che sia. Non ha bisogno di fare
domande perchè in fondo ha già le risposte. L'unica volta che ha
usato un punto interrogativo è stato nella frase “mi vuoi
sposare?” ma anche lì si trattava di una semplice formalità.
Qualcuno potrebbe pensare che sia un meccanismo protettivo, un modo
per tenere lontane le cose brutte della vita, ma è un complicarsi la
vita. Lui è felicissimo così. Non finge che vada tutto bene. Va
tutto bene.
Tiene la testa bassa si aggira nel
mondo con la perenne espressione della cerbiatta di fronte al tir. È
un fascio di nervi. Capelli arruffati e privi di grazia, vestiti che
le stanno addosso come starebbero su un attaccapanni. Non capisce o
non vuol capire quello che le viene detto. Mai. Ogni frase, ogni
parola è una velata minaccia. Un insulto ben mascherato. Ma lei lo
sa, sa e un giorno riferirà tutto. Sta solo aspettando il momento
buono. A casa la sera rimugina vendetta in poltrona, non accarezza il
gatto perchè non saprebbe scegliere quale. Ma il concetto è lo
stesso. Tutti le vedono fragile e terrorizzata ma, un giorno, gli
pioverà addosso come un mare di merda. Un giorno.
“che vita del cazzo” è la prima
cosa che pensa sempre ogni mattina da dieci dei suoi quarant'anni.
Non è molto femminile come cosa ma non può proprio farne a meno
mentre dall'altra stanza il piccolo piange e sua madre borbotta
qualcosa. Non la finisce mai di lamentarsi ma alla fine è lei che fa
tutto: bada ai bambini va a lavorare, sistema casa. Sua madre mette
sul tavolo la pensione e i spreca a dare un occhiata ai bambini
mentre è fuori. Ogni tanto ama anche ricordarle quanto è stata
stupida a divorziare. Per lei la felicità si riassume con una pancia
piena e un tetto sulla testa, il resto sono fronzoli inutili messi
dai giovani per rendersi la vita infelice. Qualche volta pensa che la
madre abbia ragione. Quando sta nella metropolitana schiacciata tra
gente sudata, quando fa finta che la schiena non le faccia male
mentre alza l'ennesimo scatolone o quando passa su quel ponte per
tornare a casa e ogni volta pensa a come sarebbe bello provare a
volare.
Potrebbe essere uscito da un telefilm,
una di quelle fiction della Rai che finge di replicare la realtà. Ha
una barba corta e rossiccia. Ben curata da altri, non prende in mano
un rasoio da quando aveva dodici anni. Jeans Armani, una polo
semplice e un maglioncino leggero buttato sulle spalle che
contribuisce a identificarlo come la sua porche o l'orologio d'oro.
Quando la gente pensa a quelli come lui immagina che non abbia un
problema al mondo. In molti casi è vero ma non in tutti. Lui ha due
problemi abbastanza gravi: la noia e “quell'altra cosa che sa il
dottore”. Ha smesso di pensare al secondo problema da tempo. Vada
come vada non è più in suo potere fare qualcosa. La noia invece è
qualcosa di tangibile che avvolge le sue giornate. Suo padre ha
ammucchiato tanti di quei soldi che le prossime cinque generazioni
potrebbero continuare a vivere come lui senza un problema. Suo padre
ha lavorato, ha costruito tutto e poi lo ha lasciato in mano a lui e
ai suoi fratelli ma oramai il grosso è stato fatto. Gira per il suo
piccolo “impero” con l'aria di chi sta facendo qualcosa di
fondamentale ma in realtà tutto quello che gli si chiede è
sorridere e stare buono. Non c'è più nulla da fare ed ora che le
cose vanno per il verso giusto solo un idiota potrebbe rovinare
tutto.

Nessun commento:
Posta un commento