la cameriera ti guarda con un misto di
paura e ammirazione mentre posa sul legno umido la quinta pinta di
Harp. Tu la ringrazi con un sorriso gioviale pieno di autocontrollo
che quasi la spaventa ancora di più. Alla quinta pinta non si
dovrebbe avere tutto questo autocontrollo. Lei va via tu ti
ingobbisci di nuovo come quegli ubriaconi che si vedono nei film.
Fissi con aria sconsolata le scure profondità schiumose della birra.
Da qualche parte nella testa si formano immagini di pirati e marinai
intenti in una feroce lotta nello schiumoso mare in tempesta. Intorno
a te fioriscono conversazioni. Quel tipo di conversazione che ti fa
scappare un sorriso. Gente che racconta con voce impastata
dall'alcool le su personali imprese e disgrazie. Tendi l'orecchio: è
tua ferma convinzione che anche una formica ha qualcosa
d'interessante da raccontare davanti ad una pinta di birra.
Lei lo fissa come ci si fissa tra
poveri, con quel disprezzo malcelato che chi finge di essere migliore
riserva alle classi sociali meno fortunate. Lui farfuglia qualcosa
mentre allunga il curriculum con un espressione servile. Lei si
impettisce facendo chiaramente capire a lui quanle onore sta
ricevendo. Un intera fila di gente alla spalle di lui testimonia
l'importanza dell'attimo. Lei scruta il curriculum mentre fa qualche
domanda di rito giusto per infastidire l'aria con al sua voce. Lui
smette di fissarla come si fissa il medico prima che emetta il
verdetto delle analisi. Si fa coraggio e inizia a snocciolare le sue
competenze, poca cosa pensa lei con disprezzo, ma il fatto che lei lo
osservi interessata gli da più slancio e la voce di lui diventa mano
mano più sicura mentre elenca le sue personali dodici fatiche. Lei
crede che non stia bene avere tutto quest'orgoglio. Dopotutto la
gente deve saper stare al proprio posto. Se lui fosse stato una
persona di successo non sarebbe stato lì a implorare per un lavoro.
Lo interrompe con alcune domande, si finge interessata. Poi, sul più
bello, lo liquida: questa non è la sede giusta per questo tipo di
cose, deve andare altrove. Tanti saluti e avanti un altro.
Lei è stupenda. È qualcosa che lui fa
fatica ad immaginare al di fuori di una copertina platinata. Il fatto
che lei sia lì dietro quel bicchiere di guinness lo rende ancora più
nervoso. 'ci deve essere un trucco' pensa 'non è possibile che una
così esca con me'. Lei prende il boccale e fa un piccolo sorso
sorridendo con gli occhi. Ci sa fare sa cosa vuole ed è evidente che
non ha mai fatto troppa fatica per ottenerlo. Dopo i primi dieci
minuti la sua personalità si è già palesata come quella di un
rompighiaccio in missione nell'Antartide: qualcosa che va avanti
ineluttabile sospinto non tanto dalla forza dei motori ma dal fatto
che gli è stato detto che nulla la può fermare. Lui azzarda qualche
tentativo di conversazione. Lei coglie la palla al balzo. Dopo i
primi dieci minuti tutti quelli a portata d'orecchio, tranne il
diretto interessato, sanno che sta sbocciando un amore. Il diretto
interessato è troppo occupato a meravigliarsi della sua fortuna per
potersi anche solo accorgere di quello che succede. Non è
importante, domani mattina sarà felice.
È quasi mezzora che è lì da solo. Si
guarda nervosamente intorno fumando una sigaretta dopo l'altra in
attesa di qualcosa. Qualsiasi cosa: dall'arrivo dei suoi amici a uno
sbarco alieno in mezzo alla strada. Manco ci voleva venire, domani ha
da lavorare e il lavoro è un po' come la droga: lo odi ma non puoi
farne a meno. Intanto è mezzora che quegli altri “stanno
arrivando” e lui vorrebbe essere in qualunque altro posto se non lì
sotto lo sguardo curioso delle cameriere.
CRASH! Il terzo boccale della serata
che va in frantumi. Lei guarda il capo con espressione colpevole. Ha
un bel sorriso, uno di quei sorrisi che trasformano la rabbia in
risate. I vari ubriaconi seduti al bancone le fanno dei cenni
d'incoraggiamento col capo. Due di loro posano soldi sul banco in
cerca di altra birra. Nessuno pare badare al boccale a pezzi, se non
il ragazzo che sta alzando i cocci. Lei sorride. In teoria sarebbe un
avvocatessa con tre esami dalla laurea ma l'arte di arrangiarsi l'ha
risucchiata. Quasi ci prova gusto adesso.
Esce fuori verso i tavoli all'esterno.
“dai un occhio” ha detto il capo con espressione di chi la sa
lunga. E lui ha colto al volo l'occasione di fumersi una sigaretta
fingendo di controllare i tavoli. Uno è vuoto. Il cervello del
cameriere subito richiama alla memoria l'immagine di due anziani
seduti al tavolino. Gli occhi non possono far a meno di notare che
entrambi i vecchi mancano dalle sedie. “sti stronz...” inizia a
pensare poi una banconota da cinquanta euro smorza ogni sua
imprecazione.
Non sa parlare italiano, a stento
spiccica qualche parola di inglese ma l'istinto gli ha fatto il dono
delle lingue. Mentre si avvicina con le sue rose verso i tavoli già
sa dal linguaggio del corpo chi accetterà e chi rifiuterà. Non ha
ancora bene inquadrato i termini ma dal tono di voce riesce a
risalire al grado del rifiuto. Non demorde inizia il primo giro, poi
il secondo e dopo una decina di minuti il terzo. Alcuni si
spazientiscono altri si esasperano. Al quarto giro tra gli esasperati
qualcuno compra credendo che questo li risparmierà dal quinto giro.
Sbagliano.
La cameriera torna per recuperare i
piatti dal banco. Al posto delle cinque pinte non c'è nessuno. Gli
scontrini sotto i bicchieri le ricordano che hai già pagato. Lei
prende i bicchieri con una stretta di spalle. Tu nel frattempo
barcolli verso casa. Un ghigno idiota in faccia ed una decina di
storie nuove nella testa.
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