venerdì 6 luglio 2012

Seduto al Bancone


la cameriera ti guarda con un misto di paura e ammirazione mentre posa sul legno umido la quinta pinta di Harp. Tu la ringrazi con un sorriso gioviale pieno di autocontrollo che quasi la spaventa ancora di più. Alla quinta pinta non si dovrebbe avere tutto questo autocontrollo. Lei va via tu ti ingobbisci di nuovo come quegli ubriaconi che si vedono nei film. Fissi con aria sconsolata le scure profondità schiumose della birra. Da qualche parte nella testa si formano immagini di pirati e marinai intenti in una feroce lotta nello schiumoso mare in tempesta. Intorno a te fioriscono conversazioni. Quel tipo di conversazione che ti fa scappare un sorriso. Gente che racconta con voce impastata dall'alcool le su personali imprese e disgrazie. Tendi l'orecchio: è tua ferma convinzione che anche una formica ha qualcosa d'interessante da raccontare davanti ad una pinta di birra.



Lei lo fissa come ci si fissa tra poveri, con quel disprezzo malcelato che chi finge di essere migliore riserva alle classi sociali meno fortunate. Lui farfuglia qualcosa mentre allunga il curriculum con un espressione servile. Lei si impettisce facendo chiaramente capire a lui quanle onore sta ricevendo. Un intera fila di gente alla spalle di lui testimonia l'importanza dell'attimo. Lei scruta il curriculum mentre fa qualche domanda di rito giusto per infastidire l'aria con al sua voce. Lui smette di fissarla come si fissa il medico prima che emetta il verdetto delle analisi. Si fa coraggio e inizia a snocciolare le sue competenze, poca cosa pensa lei con disprezzo, ma il fatto che lei lo osservi interessata gli da più slancio e la voce di lui diventa mano mano più sicura mentre elenca le sue personali dodici fatiche. Lei crede che non stia bene avere tutto quest'orgoglio. Dopotutto la gente deve saper stare al proprio posto. Se lui fosse stato una persona di successo non sarebbe stato lì a implorare per un lavoro. Lo interrompe con alcune domande, si finge interessata. Poi, sul più bello, lo liquida: questa non è la sede giusta per questo tipo di cose, deve andare altrove. Tanti saluti e avanti un altro.



Lei è stupenda. È qualcosa che lui fa fatica ad immaginare al di fuori di una copertina platinata. Il fatto che lei sia lì dietro quel bicchiere di guinness lo rende ancora più nervoso. 'ci deve essere un trucco' pensa 'non è possibile che una così esca con me'. Lei prende il boccale e fa un piccolo sorso sorridendo con gli occhi. Ci sa fare sa cosa vuole ed è evidente che non ha mai fatto troppa fatica per ottenerlo. Dopo i primi dieci minuti la sua personalità si è già palesata come quella di un rompighiaccio in missione nell'Antartide: qualcosa che va avanti ineluttabile sospinto non tanto dalla forza dei motori ma dal fatto che gli è stato detto che nulla la può fermare. Lui azzarda qualche tentativo di conversazione. Lei coglie la palla al balzo. Dopo i primi dieci minuti tutti quelli a portata d'orecchio, tranne il diretto interessato, sanno che sta sbocciando un amore. Il diretto interessato è troppo occupato a meravigliarsi della sua fortuna per potersi anche solo accorgere di quello che succede. Non è importante, domani mattina sarà felice.



È quasi mezzora che è lì da solo. Si guarda nervosamente intorno fumando una sigaretta dopo l'altra in attesa di qualcosa. Qualsiasi cosa: dall'arrivo dei suoi amici a uno sbarco alieno in mezzo alla strada. Manco ci voleva venire, domani ha da lavorare e il lavoro è un po' come la droga: lo odi ma non puoi farne a meno. Intanto è mezzora che quegli altri “stanno arrivando” e lui vorrebbe essere in qualunque altro posto se non lì sotto lo sguardo curioso delle cameriere.



CRASH! Il terzo boccale della serata che va in frantumi. Lei guarda il capo con espressione colpevole. Ha un bel sorriso, uno di quei sorrisi che trasformano la rabbia in risate. I vari ubriaconi seduti al bancone le fanno dei cenni d'incoraggiamento col capo. Due di loro posano soldi sul banco in cerca di altra birra. Nessuno pare badare al boccale a pezzi, se non il ragazzo che sta alzando i cocci. Lei sorride. In teoria sarebbe un avvocatessa con tre esami dalla laurea ma l'arte di arrangiarsi l'ha risucchiata. Quasi ci prova gusto adesso.



Esce fuori verso i tavoli all'esterno. “dai un occhio” ha detto il capo con espressione di chi la sa lunga. E lui ha colto al volo l'occasione di fumersi una sigaretta fingendo di controllare i tavoli. Uno è vuoto. Il cervello del cameriere subito richiama alla memoria l'immagine di due anziani seduti al tavolino. Gli occhi non possono far a meno di notare che entrambi i vecchi mancano dalle sedie. “sti stronz...” inizia a pensare poi una banconota da cinquanta euro smorza ogni sua imprecazione.



Non sa parlare italiano, a stento spiccica qualche parola di inglese ma l'istinto gli ha fatto il dono delle lingue. Mentre si avvicina con le sue rose verso i tavoli già sa dal linguaggio del corpo chi accetterà e chi rifiuterà. Non ha ancora bene inquadrato i termini ma dal tono di voce riesce a risalire al grado del rifiuto. Non demorde inizia il primo giro, poi il secondo e dopo una decina di minuti il terzo. Alcuni si spazientiscono altri si esasperano. Al quarto giro tra gli esasperati qualcuno compra credendo che questo li risparmierà dal quinto giro. Sbagliano.



La cameriera torna per recuperare i piatti dal banco. Al posto delle cinque pinte non c'è nessuno. Gli scontrini sotto i bicchieri le ricordano che hai già pagato. Lei prende i bicchieri con una stretta di spalle. Tu nel frattempo barcolli verso casa. Un ghigno idiota in faccia ed una decina di storie nuove nella testa.

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