martedì 3 luglio 2012

...e mò pedala


qualche giorno fa il Prof mi ha fatto una specie di regalo. Una bicicletta che stava a prender polvere nel suo garage. Sicuramente quando è stata comprata è stata caricata di ogni tipo di buona intenzione ma, come saprà la maggior parte della gente che vive in questa città folle che si da arie da capitale, per muoversi in bici per Roma devi essere pazzo.



Centoottantacinque euro. Ultimi residui dell'immenso patrimonio di quasi cinquemila euro che avevo quando sono arrivato. Tra stanza corso e roba da mangiare (e molto più cazzeggio di quello che avrei voluto) i fondi sono finiti e bisogna arrangiare con quello che c'è.



Il collegamento è quasi automatico.



Dopo gli ultimi due giorni mi domando se siano ancora rimaste tracce di maglietta in mezzo a tutto quel sudore e soprattutto come mai non sia ancora morto. Qui i ciclisti sono visti un po' come gli unicorni: esseri quasi mitologici dotati di poteri sovrannaturali (come quello di schivare le auto in corsa.



Ho vissuto questi ultimi sei mesi nella ferrea convinzione che Roma non fosse così piena di salite come Napoli. Ovviamente, visto che si parla ogni tanto dei famosi sette colli, mi sbagliavo. Ogni litro di sudore ne è la prova mentre in barba al collasso cardio-respiratorio arrancavo su una salita di cui ignoro il nome.



Mi fanno male le cosce, dei polpacci manco a parlarne, ogni volta che scendo i gradini di casa devo trattenermi da una sinfonia di “ahi e “ohi” più consono ad un ottantenne. Dopo questi primi due giri credo che ogni supermercato nel raggio di dieci km da casa sappia chi è Stefano Ficca: un tizio sudato che consegna un foglio spiegazzato di curriculum dove millanta mirabolanti imprese nel campo della salumeria. Anche gli addetti delle agenzie interinali stanno iniziando a conoscermi. Ovviamente fin ora non ci sono risultati apprezzabili.



In due sono andati via da casa. Il balcone è tutto mio. Dopo settimane di caldo finalmente un venticello fresco spira sulla Appia. La luna piena, che porta consiglio, illumina alcune cartacce su cui ho scarabocchiato il senso della vita e la storia che voglio scrivere. Ancora una volta batto i tasti a ritmo con le chitarre elettriche di gruppi sconosciuti. Attendo.



Sei mesi fa è iniziato uno dei periodi più belli della mia vita. Batte il “momento ferrarese” e frega a mani basse il periodo “conad” ma pecca molto in denaro. Devo risolvere la faccenda prima che la naturale entropia dell'universo mi riporti a casa. Ma non devo perdere di vista il vero obbiettivo.



E quindi, mentre mi godo il fresco alla luce della luna, dopo tanto tempo. Scrivo.

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