domenica 1 aprile 2012

La notte dei desideri

Lorenzo è steso su qualcosa di umido, gli fa male la testa, fa fatica a respirare. Si sente un peso sul petto ma non ha la forza di aprire gli occhi tanto meno di muovere il braccio per capire cosa lo tiene bloccato a terra. Fa un paio di versi che per lui sono parole ma sembra che nessuno lo senta. Potrebbe andare nel panico, forse gridare, ma decide che entrambe le cose sono troppo impegnative per cui smette di sforzarsi e si lascia scivolare nell'oblio.



5 ore prima



Capo Miseno, 10 agosto di un anno imprecisato quando eravamo tutti giovani ed i nostri fegati sfidavano ogni sabato il coma etilico in una sfida all'arma bianca. La lunga spiaggia di Miseno è uno dei luoghi tradizionali dedicati ai falò estivi. Quando arriviamo noi, dopo aver superato tre posti di blocco ed aver affrontato un lungo tratto a piedi, sulla spiaggia c'è pochissimo spazio. Poco male, Eduardo e Antonio sono stati così abili da farsi sequestrare la legna per cui nessun falò.



Scegliamo un punto dove possiamo rubare agilmente luce dalle due pire funebri vichinghe degli zawa zawa* vicini. Cristian attacca a suonare i suoi bonghi prima ancora che qualcuno si sia seduto. Suona bene e soprattutto se suona non parla. Buono.

Mentre i giovani tirano fuori l'alcol e le asciugamani io Emanuele e Luca teniamo conciliabolo. Luca, da uomo previdente, ha comprato delle candele da spiaggia per fare luce. Peccato che a vederle adesso siano lumini da cimitero: quelli rossi con tanto di Madonna dorata in rilievo.



Dopo che Aurora si presenta col primo giro di alcolici i ricordi iniziano a farsi confusi: l'alcool è poco ma il cibo è totalmente assente e gli stomaci più deboli pagano pegno. Silvia insegue Daniele per tutta la spiaggia. Non so cos'abbia ma lo sento urlare “i zombie!” e decido di interessarmi ad altre cose.



La musica di Cristian attira man mano gente dai falò limitrofi, presto lo spazio tra le varie comitive si annulla mentre ragazzi e ragazze ballano. Le scorte dei vari gruppi diventano comuni, tranne la nostra: difesa strenuamente dallo zoccolo duro del gruppo interessato più a fumare e bere che alle femmine tutt'intorno. Santi uomini. Intanto io e Emanuele ci inbarchiamo in una compravendita di alcolici con uno Zawa Zawa che non sa manco il suo nome. Alla fine prendiamo 4 bottiglie di rum pagando 15 euro, Emanuele blueffa, l'altro passa e con un gioco delle tre carte degno della stazione garibaldi lui da venti euro a noi e se ne va soddisfatto e felice.



È quasi mezza notte. I più intrepidi ed ubriachi decidono che è arrivato il momento del bagno. Mancano i costumi ma in fondo mutande, boxer e reggiseni sono quasi equivalenti. Non so i dettagli ma quasi mezzora dopo siamo tutti di nuovo sulla riva: alcuni ragazzi sconosciuti hanno tirato fuori della brace: carne e salsicce. Non ci acorgiamo nemmeno che intanto Cristian si è accasciato esausto sul suo bongo.

Il tizio che sta cuocendo carne e peperoni è ancora discretamente sobrio e non lascia il cibo a ogni passante. Restiamo lì affamati come Pannela, ma senza una causa. Dopo un po' Aurora si avvicina al cuoco, non dice nulla. Lo guarda solo con quel suo sguardo che dice: “se magari mi dai qualcosa potrebbe essere che te la do”. Il cuoco ci casca la prima, le seconda e la terza volta. Dopo essesi mangiata il primo piatto Aurora rimedia cibo anche per alcuni di noi, quelli ancora in grado di masticare. Altri mettono in pratica anni di esperienza da imbucati saccheggiando i viveri incustoditi di altri falò.



Con le pance piene, senz apiù musica ma con alncora abbastanza alcool inizia il momento del sentimento. Dura fin troppo poco. Nessuno ha il tempo di appartarsi, il tuono fa sentire la sua voce e la prime gocce fanno il resto.

È il panico: gente che recupera i vestiti, gente che ha perso le sue cose. Si afferrano zaini e asciugamani che si avvicinano vagamente alle vecchie proprietà. Inizia a piovere più forte. Gocce grosse come olive ascolane. Aurora corre a piedi nudi con le scarpe in mano davanti Eduardo con le chiavi e dietro io e Emanuele carichi rispettivamente di Cristian e dei bonghi. Gli altri subito dietro. A tempo di record le nostre quattro auto attraversano Miseno verso la tangenziale, fuori una tempesta d'acqua come solo l'estate sa regalare.



Un rapio giro di telefonate per assicurarci di aver preso tutto: borse?ok, asciugamani? Ok. Bonghi? ok. Vestiti? Ok. Lorenzo? Cazzo!



Mentre facciamo inversione da qualche parte un vigile muore. Ci mettiemo quasi un ora a tornare indietro. La pioggia cresce e poi decresce fino a finire. Sulla spiaggia fangosa, tra i resti del falò Anna Chiara trova il cadavere: disteso a quattro di bastoni coperto di sabbia e da alcune asciugamani fracide Lorenzo borbotta qualcosa. Ci vogliono venti minuti molta forza fruta e una buona dose di promesse invitanti per tirare su Lorenzo.



Sorteggiamo a caso chi sarà il fortunato che se lo caricherà in macchina mentre alcuni scommetto sull'esatto kilometro del primo vomito.



Epilogo

Piazza Quattro Giornate, sono un macchina da più di un ora, abbiamo lasciato gli altri a casa. Emanuele nello stesso momento è impegnato a trascinare Cristian su per le scale di casa sua. Tra una decina di minuti Eduardo lascerà me ed Aurora a casa e poi andrà a dormire.

Una curva e subito dietro una paletta. Un carabiniere di guardi fuori la caserma che ha deciso di farla pagare a sti stronzi che vanno in giro a divertirsi. Eduardo accosta e tira fuori la sua miglior faccia da uomo d'affari, Aurora dorme appoggiara al finestrino davanti io sto steso dietro.

“patente e libretto per favore”

“si subito” dice Edo dopo essersi impappinato in una serie di buon giorno e buona sera

Aurora apre un occhio.

Eduardo sta passando il libretto. Se ci fanno il test dell'alcool questo ci spara direttamente

“ma nun rumpit o' cazzo” sentenzia Aurora prima di rimettersi a dormire.

Eduardo sbianca, il carabiniere lo guarda, poi guarda lei, guarda me e di nuovo lei.

“lasci stare, vada” ci dice quasi in tono di scusa.

Edo non se lo fa ripetere due volte.

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