lunedì 18 Marzo.
Le cose si fanno
sempre con una discreta calma dopo San Patrizio. Nessuno di noi ne fa
un dramma visto e considerato che la tradizione ungherese pone nel
lunedì il giorno del riposo del guerriero e di qualunque cosa possa
interessare ad un turista armato di magica scatola cattura immagini.
I musei sono chiusi, gli edifici storici sono chiusi, le terme(!)
sono chiuse. La città di Budapest si trasforma metaforicamente in
uno studente che ha deciso di fare sega a scuola e non ha nessuna
intenzione di alzarsi.
Anche noi ce la
prendiamo con una discreta calma optando per una visita all'isola
Margherita, che credo si chiami così dal nome di una regina. Di che
si tratta di preciso? Di un isolotto in mezzo al Danubio coperto di
verde (e scopriremo in seguito di poco altro). Oramai siamo padroni
dei mezzi pubblici della città e arriviamo con sulle rive del
Danubio con sufficiente facilità per poi attraversare il Ponte di
Margherita sotto il clima che si fa via via più ingeneroso: prima
pioggerella, poi nevischio poi anche un po' di vento.
Sara e la sua
reflex si dedicano nella produzione di una serie di foto in stile
cartolina. Non è una cosa semplice come chiunque possa pensare.
Niente del genere punta-guarda-e-scatta così comune tra le nuove
generazioni di fotografi. Eh no! Sara è professionale, ogni foto
richiede il suo componete che si un obiettivo, una luce o un Aurora
in posa da qualche parte. Va da se che ogni foto richiede svariati
minuti per essere portata a termine tra le manovre di assemblaggio e
preparazione. Non stiamo poi a parlare del blocco del traffico
conseguente. Con un attento studio siamo anche giunti alla
conclusione che nel momento in cui Sara punta la sua fida reflex un
qualche tipo di mezzo pesante passerà davanti all'obiettivo. Sempre.
Nei musei eravamo sempre costretti a scansarci.
Mentre io e Sara
eravamo intenti nelle operazioni di di assemblaggio Aurora cercava di
convincere Alessandro che “si, non è una tua impressione: questo
fiume è più grande del Tevere”. C'è voluto un po' ma alla fine
la ragione ha prevalso sul campanilismo.
Alla fine un po' il
tempo un po' l'ora un po' il fatto che sull'isola con una giornata
simile non c'è nulla se non i serial killer si decide di andare a
mangiare seguendo i suggerimenti della Guida. Qui vicino c'è un
ristorante con menù fisso a 800 fiorini (2 euro). Ci fiondiamo lì,
ovviamente prendendo la Via Lunga. Quella che passa per la strada
sbagliata.
Arriviamo alle 15,
ci sediamo, fuori inizia a diluviare. La cameriera ci informa che il
menù è finito e ci fissa con l'aria di chi vuol sapere cosa
vogliamo e vuole saperlo ORA.
Ordiniamo delle
patate fritte e varie zuppe e zuppine che stanno sempre bene e
guadagniamo un po' di tempo. Com'è ovvio dal menù non è dato
sapere in cosa consistano i piatti, le uniche due guide sono le
traduzioni “ a sentimento” di Sara e i prezzi. Visto e
considerato che siamo gente a cui non solo piace mangiare ma anche
sperimentare il cibo indigeno quando la cameriera ritorna si ordina
un po' di tutto in ordine sparso con una serie di accordi del tipo
“tu prendi e gli altri assaggiano”. La cameriera ci guarda
sconvolta, un paio di volte fa per andarsene ma viene fermata per
completare le ordinazioni. Ci guarda come se fossimo pazzi.
Quando arrivano i
piatti capiamo che ha ragione. Gli ungheresi hanno evidentemente una
diversa tradizione culinaria. La differenza fondamentale sta tutta
nelle dimensioni delle porzioni: ogni piatto, anche quelli che sul
menù sembravano stuzzichini, è in realtà un pranzo a sé.
Emblematico è il caso del “formaggio tipico impanato e condito”
che noi credevamo essere una specie di sofficino esotico che si
rivela invece essere una mattonella di formaggio fritto alta due
dita. Il pranzo va avanti come una battaglia campale. Fuori piove, la
cameriera ogni tanto passa e ci guarda come a dire “io ho provato
ad avvisarvi”.
Usciamo dal
ristorante verso le 17 con le panze in mano e un irrefrenabile
desiderio di buttarci su un letto. Facciamo tappa in un negozio di
dolci tipici e non dall'aria invitante, Sara e Aurora hanno un piano
in mente: quei dolci possono diventare la nostra cena “leggera” o
una colazione dei campioni.
A casa il tempo
passa. Il fatto che io non ricordi assolutamente cosa sia successo
dopo mi fa dedurre che non ci sono altri eventi degni di nota per la
giornata. Si, avremmo voluto fre un giro sul fighissimo bus anfibio
che prima ti porta a spasso per la città e poi si butta nel Danubio
diventando battello ma dopo un attenta analisi dei costi (35 euri)
decidiamo che non è poi così figo da sacrificare quasi tre pasti.
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