Siamo uscii dal scuola comics e ci
siamo guardati in faccia con i nostri bei diplomi consapevoli di non
avere la più pallida idea di cosa fare da quel momento in poi.
“Tu quanto hai preso?”
“trenta e lode. E tu?”
“pure io”
“io pure” fa una terza voce”
“Io trenta”
“vabbuò tanto i voti non significano
niente”
“intanto anche io ho preso 30 e lode”
“si ma ora che si fa?”
“ci proponiamo in Bonelli”
“io avrei un mezzo progetto per la
Francia.”
“Anche Hitler ma alla fine non gli è
andata bene”
“intendevo per il fumetto
francese”
“Vi rendete conto che al momento per
gli editori grossi siamo appetibili come un kebab caduto per terra,
vero?”
“Ma che schifo!”
“però ha ragione”
“e quindi che si fa?”
“mmm”
ci vorranno molti caffè e un sacco di
chiecchiere per arrivare alla naturale conclusione: non sappiamo
nulla del mondo dell'editoria a fumetti. Men che mai sappiamo come
potremmo farci notare da qualcuno al punto da convincerlo a farci
scrivere per lui. L'unica cosa chiara ci fluttua nella testa a
caratteri infuocati alti quindici metri. Ce lo ha insegnato Lorenzo
Bartoli, lo hanno confermato molti professionisti sui loro blog:
“leggere una sceneggiatura è già
noioso di suo, leggere quella di un esordiente lo è di più.”
Occorrono disegnatori così da mettere
in fumetto le nostre idee e renderle così più piacevoli da leggere.
Un pomeriggio di tardo novembre sul
tavolino di un bar nascono i Faq Tales, anche se allora non ci
chiamavamo così. Eravamo in quattro: io e Valerio intenti a
convincere le due Valentine che non eravamo pazzi. Che si poteva
fare.
“noi ci mettiamo le sceneggiature e i
soldi, voi disegnate”
“in che senso i soldi?”
“paghiamo la stampa, vorremmo pagare
anche voi ma il fatto che io abbia preso un bicchiere d'acqua e lui
faccia finta che ha già ordinato dovrebbero suggerire qualcosa.”
“Ok, ci sto”
La conversazione va avanti per un altro
paio d'ore mentre io e Valerio ci confrontiamo col problema di
convincere due persone che hanno già accettato di partecipare a
partecipare. Lo so, non ha senso. Ma è andata così.
Cresciamo. I primi mesi si dividono tra
febbrile attività e cazzeggio demente. Poi arrivano le rogne, le
prime arrivano e passano senza dare troppo fastidio. Ma le rogne sono
come i livelli di Tetris.
Un paio di volte quasi scoppiamo perché
alla fine della fiera siamo tutti degli sbarbatelli che provavano a
giocare coi grandi senza avere idea di come si fa.
Abbiamo un paio di aiuti. Aiuti
importanti. Non smetterò mai di ringraziare le persone che ci hanno
aiutato: chi materialmente come Francesco Lo Storto che ha messo le
matite su una storia che stava rimanendo orfana di disegnatori. O chi
in modo più sottile come Lorenzo (ma a lui lo ringrazio a modo mio
con una frittata di maccheroni che è contento). Chi invece ci ha
fatto degli omaggi, come li chiama il mio amico ignorante, dei
disegnetti. Chi ci ha fatto delle copertine chi ci ha fatto 40 volte
la grafica degli albi subendosi chiamate nel cuore della notte piene
di terrore.
Vi ringrazio tutti. Vi ringraziamo
tutti. Se volete qualcosa di più dei miei ringraziamenti sappiate
che da me una birra offerta la trovate sempre.
A 5 giorni dalla deadline definitiva
riusciamo a mandare in stampa la roba. Dopo aver litigato con la
tipografa più stronza del mondo per fare delle prove di stampa che
ora ogni tanto guardo con timore reverenziale.
È successo davvero. Ho fatto un
fumetto. Non so come la pensano gli altri del gruppo. Non so come la
vedono le Valentine, come la vede Valerio, Fabio, Gabriele.
So solo che sono atterrito. Perché è
successo veramente. Se lo dicessi al me stesso di un anno fa, quello
che cianciava di fesserie con le Valentine, credo che mi avrebbe
coperto di insulti.
Il me stesso di tre anni fa avrebbe
detto di smettere di fantasticare e tornare a lavorare.
Alla fine sono atterrito. Perché so
che adesso si inizia
davvero.
Tre
una ventina di giorni sapremo se non è stato solo un fuoco di
paglia. E allora si berrà come se non ci fosse un domani.
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