giovedì 26 settembre 2013

In principio era l'ignoranza.


Siamo uscii dal scuola comics e ci siamo guardati in faccia con i nostri bei diplomi consapevoli di non avere la più pallida idea di cosa fare da quel momento in poi.
“Tu quanto hai preso?”
“trenta e lode. E tu?”
“pure io”
“io pure” fa una terza voce”
“Io trenta”
“vabbuò tanto i voti non significano niente”
“intanto anche io ho preso 30 e lode”
“si ma ora che si fa?”
“ci proponiamo in Bonelli”
“io avrei un mezzo progetto per la Francia.”
“Anche Hitler ma alla fine non gli è andata bene”
“intendevo per il fumetto francese”
“Vi rendete conto che al momento per gli editori grossi siamo appetibili come un kebab caduto per terra, vero?”
“Ma che schifo!”
“però ha ragione”
“e quindi che si fa?”
“mmm”

ci vorranno molti caffè e un sacco di chiecchiere per arrivare alla naturale conclusione: non sappiamo nulla del mondo dell'editoria a fumetti. Men che mai sappiamo come potremmo farci notare da qualcuno al punto da convincerlo a farci scrivere per lui. L'unica cosa chiara ci fluttua nella testa a caratteri infuocati alti quindici metri. Ce lo ha insegnato Lorenzo Bartoli, lo hanno confermato molti professionisti sui loro blog:
“leggere una sceneggiatura è già noioso di suo, leggere quella di un esordiente lo è di più.”
Occorrono disegnatori così da mettere in fumetto le nostre idee e renderle così più piacevoli da leggere.
Un pomeriggio di tardo novembre sul tavolino di un bar nascono i Faq Tales, anche se allora non ci chiamavamo così. Eravamo in quattro: io e Valerio intenti a convincere le due Valentine che non eravamo pazzi. Che si poteva fare.

“noi ci mettiamo le sceneggiature e i soldi, voi disegnate”
“in che senso i soldi?”
“paghiamo la stampa, vorremmo pagare anche voi ma il fatto che io abbia preso un bicchiere d'acqua e lui faccia finta che ha già ordinato dovrebbero suggerire qualcosa.”
“Ok, ci sto”

La conversazione va avanti per un altro paio d'ore mentre io e Valerio ci confrontiamo col problema di convincere due persone che hanno già accettato di partecipare a partecipare. Lo so, non ha senso. Ma è andata così.
Cresciamo. I primi mesi si dividono tra febbrile attività e cazzeggio demente. Poi arrivano le rogne, le prime arrivano e passano senza dare troppo fastidio. Ma le rogne sono come i livelli di Tetris.
Un paio di volte quasi scoppiamo perché alla fine della fiera siamo tutti degli sbarbatelli che provavano a giocare coi grandi senza avere idea di come si fa.
Abbiamo un paio di aiuti. Aiuti importanti. Non smetterò mai di ringraziare le persone che ci hanno aiutato: chi materialmente come Francesco Lo Storto che ha messo le matite su una storia che stava rimanendo orfana di disegnatori. O chi in modo più sottile come Lorenzo (ma a lui lo ringrazio a modo mio con una frittata di maccheroni che è contento). Chi invece ci ha fatto degli omaggi, come li chiama il mio amico ignorante, dei disegnetti. Chi ci ha fatto delle copertine chi ci ha fatto 40 volte la grafica degli albi subendosi chiamate nel cuore della notte piene di terrore.
Vi ringrazio tutti. Vi ringraziamo tutti. Se volete qualcosa di più dei miei ringraziamenti sappiate che da me una birra offerta la trovate sempre.

A 5 giorni dalla deadline definitiva riusciamo a mandare in stampa la roba. Dopo aver litigato con la tipografa più stronza del mondo per fare delle prove di stampa che ora ogni tanto guardo con timore reverenziale.
È successo davvero. Ho fatto un fumetto. Non so come la pensano gli altri del gruppo. Non so come la vedono le Valentine, come la vede Valerio, Fabio, Gabriele.
So solo che sono atterrito. Perché è successo veramente. Se lo dicessi al me stesso di un anno fa, quello che cianciava di fesserie con le Valentine, credo che mi avrebbe coperto di insulti.
Il me stesso di tre anni fa avrebbe detto di smettere di fantasticare e tornare a lavorare.
Alla fine sono atterrito. Perché so che adesso si inizia davvero.


Tre una ventina di giorni sapremo se non è stato solo un fuoco di paglia. E allora si berrà come se non ci fosse un domani.

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