venerdì 12 luglio 2013

Fumetti a caso: DMZ


di Brian Wood e Riccardo Burchielli

Attentati suicidi, squadroni della morte, rastrellamenti, guerriglia urbana, milizie di strada, complotti, bombardamenti, ONU impotente, media corrotti, fanatici.
Cos'è l'Iraq?
No è Manhattan, la De-Milited-Zone (DMZ).

Le premesse.
L'America è in guerra con se stessa. È da cinque anni che parte della popolazione si è unita alle forze degli Stati Liberi, un esercito intenzionato a prendere il potere contro un governo che, secondo loro, non fa più gli interessi degli americani. La guerra è andata avanti per anni ed ora è in stallo in tanti piccoli punti. Il più importante di questi è il fronte di New York: gli Stati Uniti da una parte gli Stati Liberi dall'altra e in mezzo la terra di nessuno conosciuta come la DMZ ovvero la fù isola di Manhattan con i suoi abitanti.



Il gancio.
Brian Wood (lo sceneggiatore della serie) ci introduce in questo mondo folle attraverso Matthew Roth, un giovane cazzoncello che per tutta una serie di motivi si ritroverà ad essere l'unico giornalista indipendente in grado di trasmettere dall'interno della DMZ. Matty è un personaggio particolare che segue il suo percorso di crescita da stronzetto ignorante fino a persona consapevole passando per tutte le declinazioni intermedie. Per buona parte della storia vi darà ampi motivi per odiarlo. Altre volte, invece, darà grandi soddisfazioni.

Il primo incontro tra Matty e Zee

Intorno a lui si muove un piccolo cast di comprimari, prima tra tutti Zee una ex-studentessa di medicina che si è improvvisata medico della DMZ da quando sono iniziate le ostilità. Zee è un'integralista pacifista di quelle con cui non ci puoi avere MAI ragione su nessun argomento. Perché lei la sa più lunga di tutti. Quindi è naturale che il nostro Matty se ne innamori. Poi ci sono glialtri: Wilson, un boss della mala cinese con sogni di grandezza; i genitori di Matty, entrambi invischiati nella guerra; e poi tutta la varia umanità che passa da un estremo all'altro dei due fronti in guerra.


L'impatto.
La cosa che mi sorprende di più di questo fumetto è l'impatto emotivo. Siamo italiani per noi l'America è quel posto dove nascono i film e le serie tv. Ma resta fortissimo l'impatto emotivo di vedere una New York devastata dai bombardamenti e dagli scontri a fuoco. Pensate l'effetto che deve aver fatto agli americani. Il sapore della DMZ si riassume tutto con una scritta sul muro che appare nelle prime pagine “ogni giorno è l'11/9”. Wood e Burchielli ci marciano sopra il più possibile: ogni scena cerca di trasmettere questo spaesamento, questo orrore. Non te lo sbatte in faccia ma lo percepisci.



Liberty News.
La guerra è una faccenda di propaganda, ancora di più la guerra civile. Liberty News è il network principale della propaganda americana. Matthew lavora (sulla carta) per loro. Le notizie sono trasmesse e manipolate da loro. In questi tempi di guerra il network è praticamente un istituzione politica che partecipa attivamente alle manovre militari. I commenti del notiziario di Liberty News accompagnano tutta la serie, solitamente nelle aperture e nelle chiusure delle storie, narrativamente fanno il punto della situazione ma omettendo qualche particolare o dando la lettura più conveniente degli avvenimenti che si sviluppano nel fumetto. E sono dei pezzi di merda. Dal primo all'ultimo.
Per avere un idea di com'è Liberty News prendete il Giornale mischiatelo al Tg1 e a Sky news poi immaginate cosa scriverebbe se fossimo in una guerra civile.

La storia
Tranne qualche eccezione ogni volume di DMZ copre una vicenda autoconclusiva. La narrazione segue il filo dei pensieri di Matty che ci racconta le varie fasi della vicenda in didascalia facendo da contraltare alle notizie di Liberty News. Le vicende seguono quello che potrebbe essere un filo conduttore realistico. Vediamo Matthew fare le sue prime inchieste e prendersi i contatti, poi lo vediamo alle prese con alcuni scoop che potrebbero stravolgere le sorti della guerra fino ad arrivare alle “libere elezioni”. Oltre a vedere il percorso personale di Matty seguiamo anche le vicende dei comprimari e della DMZ stessa. Ogni storia aggiunge un pezzetto sulle origini della guerra civile e sugli eventi che si sono svolti in precedenza. Ad un certo punto poi, quando ci si è quasi abituati alla struttura indagine di Matty-complotto-soluzione la storia cambia iniziando ad evolversi verso il finale della serie. Non mi dilungo perché poi è brutto svelare le cose alla gente.



I temi.
Non è nemmeno troppo misteriosa la tematica pacifista della serie, anzi ci viene proprio sbattuta in faccia un paio di volte da qualche dialogo (tipo “in guerra ci sono sempre 2 fazioni: i soldati e i civili”). Altra cosa che salta subito all'occhio è l'opinione generale sui media e sul governo, ma in generale verso l'autorità. Ovvero che sono tutti delle merde e chi non lo è sta solo aspettando l'occasione per diventarlo.
Questo può essere un difetto per alcuni, DMZ ti manda un messaggio chiarissimo ma che è lo stesso che ti potrebbe dare un punkabbestia delle superiori: il governo è cattivo, la televisione mente, le multinazionali sono perfide, la guerra è brutta e inutile e, dulcis in fundo, la povera gente ci sta in mezzo senza avere voce in capitolo.
A difesa di Wood c'è da dire che il fumetto nasce e si sviluppa negli anni di Bush e della guerra al terrore con tutto quello che ne consegue. A ben vedere le tematiche sono quelle che vanno per la maggiore in quel momento.

I disegni
Discorso tutto a parte per il disegno Riccardo Burchielli (che io ho identificato solo molto dopo essere italiano e non un italo-americano) fa un lavoro che lascia a bocca aperta. Il suo stile di disegno sporco e un po' deformato da un idea perfetta del mondo di DMZ non ci sono facce perfette ma smorfie, denti storti. I paesaggi sono brulli, malfamati. In ogni vignetta Burchielli si premura di inserire qualche elemento disturbante che trasmetta il degrado in cui striscia la serie: una macchia di sangue lì, un cumulo di rifiuti là, cadaveri, vetri rotti e tutto quello che serve. Anche nelle scene più movimentate il suo disegno riesce a trasmetterti l'emozione del momento che sia stupore, tristezza o anche semplice empatia. Ogni tanto nel corso della serie arrivano altri disegnatori, solitamente per le storie brevi che non riguardano la trama principale ognuno di loro ha un suoi stile particolare ma se dovessi definire con una parola tutti i disegnatori li definirei “writers”.
E poi le copertine! Dio mio! Le copertine!



In conclusione.
Si tratta di una serie che merita. Io personalmente l'ho comprata a letta tutta di botto in 2 giorni. La storia è coinvolgente ti tira in avanti con la curiosità di scoprire altri pezzi di questo scenario folle e apocalittico che Wood e Burchielli ci dipingono numero dopo numero. In ogni pagina ritrovate riferimenti al mondo reale alle situazioni sempre eternamente uguali che si presentano nelle guerre in quei paesi di cui a stento sapete pronunciare il nome.

Non è un capolavoro con la C maiuscola ma come minimo è un must have.

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