di Brian Wood e Riccardo Burchielli
Attentati suicidi,
squadroni della morte, rastrellamenti, guerriglia urbana, milizie di
strada, complotti, bombardamenti, ONU impotente, media corrotti,
fanatici.
Cos'è l'Iraq?
No è Manhattan, la
De-Milited-Zone (DMZ).
Le premesse.
L'America è in
guerra con se stessa. È da cinque anni che parte della popolazione
si è unita alle forze degli Stati Liberi, un esercito intenzionato a
prendere il potere contro un governo che, secondo loro, non fa più
gli interessi degli americani. La guerra è andata avanti per anni ed
ora è in stallo in tanti piccoli punti. Il più importante di questi
è il fronte di New York: gli Stati Uniti da una parte gli Stati
Liberi dall'altra e in mezzo la terra di nessuno conosciuta come la
DMZ ovvero la fù isola di Manhattan con i suoi abitanti.
Il gancio.
Brian Wood (lo
sceneggiatore della serie) ci introduce in questo mondo folle
attraverso Matthew Roth, un giovane cazzoncello che per tutta una
serie di motivi si ritroverà ad essere l'unico giornalista
indipendente in grado di trasmettere dall'interno della DMZ. Matty è
un personaggio particolare che segue il suo percorso di crescita da
stronzetto ignorante fino a persona consapevole passando per tutte le
declinazioni intermedie. Per buona parte della storia vi darà ampi
motivi per odiarlo. Altre volte, invece, darà grandi soddisfazioni.
Il primo incontro tra Matty e Zee
Intorno a lui si
muove un piccolo cast di comprimari, prima tra tutti Zee una
ex-studentessa di medicina che si è improvvisata medico della DMZ da
quando sono iniziate le ostilità. Zee è un'integralista pacifista
di quelle con cui non ci puoi avere MAI ragione su nessun argomento.
Perché lei la sa più lunga di tutti. Quindi è naturale che il
nostro Matty se ne innamori. Poi ci sono glialtri: Wilson, un boss
della mala cinese con sogni di grandezza; i genitori di Matty,
entrambi invischiati nella guerra; e poi tutta la varia umanità che
passa da un estremo all'altro dei due fronti in guerra.
L'impatto.
La cosa che mi
sorprende di più di questo fumetto è l'impatto emotivo. Siamo
italiani per noi l'America è quel posto dove nascono i film e le
serie tv. Ma resta fortissimo l'impatto emotivo di vedere una New
York devastata dai bombardamenti e dagli scontri a fuoco. Pensate
l'effetto che deve aver fatto agli americani. Il sapore della DMZ si
riassume tutto con una scritta sul muro che appare nelle prime pagine
“ogni giorno è l'11/9”. Wood e Burchielli ci marciano sopra il
più possibile: ogni scena cerca di trasmettere questo spaesamento,
questo orrore. Non te lo sbatte in faccia ma lo percepisci.
Liberty News.
La guerra è una
faccenda di propaganda, ancora di più la guerra civile. Liberty News
è il network principale della propaganda americana. Matthew lavora
(sulla carta) per loro. Le notizie sono trasmesse e manipolate da
loro. In questi tempi di guerra il network è praticamente un
istituzione politica che partecipa attivamente alle manovre militari.
I commenti del notiziario di Liberty News accompagnano tutta la
serie, solitamente nelle aperture e nelle chiusure delle storie,
narrativamente fanno il punto della situazione ma omettendo qualche
particolare o dando la lettura più conveniente degli avvenimenti che
si sviluppano nel fumetto. E sono dei pezzi di merda. Dal primo
all'ultimo.
Per avere un idea
di com'è Liberty News prendete il Giornale mischiatelo al Tg1 e a
Sky news poi immaginate cosa scriverebbe se fossimo in una guerra
civile.
La storia
Tranne qualche
eccezione ogni volume di DMZ copre una vicenda autoconclusiva.
La narrazione segue il filo dei pensieri di Matty che ci racconta le
varie fasi della vicenda in didascalia facendo da contraltare alle
notizie di Liberty News. Le vicende seguono quello che potrebbe
essere un filo conduttore realistico. Vediamo Matthew fare le sue
prime inchieste e prendersi i contatti, poi lo vediamo alle prese con
alcuni scoop che potrebbero stravolgere le sorti della guerra fino ad
arrivare alle “libere elezioni”. Oltre a vedere il percorso
personale di Matty seguiamo anche le vicende dei comprimari e della
DMZ stessa. Ogni storia aggiunge un pezzetto sulle origini della
guerra civile e sugli eventi che si sono svolti in precedenza. Ad un
certo punto poi, quando ci si è quasi abituati alla struttura
indagine di Matty-complotto-soluzione la storia cambia iniziando ad
evolversi verso il finale della serie. Non mi dilungo perché poi è
brutto svelare le cose alla gente.
I temi.
Non è nemmeno
troppo misteriosa la tematica pacifista della serie, anzi ci viene
proprio sbattuta in faccia un paio di volte da qualche dialogo (tipo
“in guerra ci sono sempre 2 fazioni: i soldati e i civili”).
Altra cosa che salta subito all'occhio è l'opinione generale sui
media e sul governo, ma in generale verso l'autorità. Ovvero che
sono tutti delle merde e chi non lo è sta solo aspettando
l'occasione per diventarlo.
Questo può essere
un difetto per alcuni, DMZ ti manda un messaggio chiarissimo
ma che è lo stesso che ti potrebbe dare un punkabbestia delle
superiori: il governo è cattivo, la televisione mente, le
multinazionali sono perfide, la guerra è brutta e inutile e, dulcis
in fundo, la povera gente ci sta in mezzo senza avere voce in
capitolo.
A difesa di Wood
c'è da dire che il fumetto nasce e si sviluppa negli anni di Bush e
della guerra al terrore con tutto quello che ne consegue. A ben
vedere le tematiche sono quelle che vanno per la maggiore in quel
momento.
I disegni
Discorso tutto a
parte per il disegno Riccardo Burchielli (che io ho identificato solo
molto dopo essere italiano e non un italo-americano) fa un lavoro che
lascia a bocca aperta. Il suo stile di disegno sporco e un po'
deformato da un idea perfetta del mondo di DMZ non ci sono
facce perfette ma smorfie, denti storti. I paesaggi sono brulli,
malfamati. In ogni vignetta Burchielli si premura di inserire qualche
elemento disturbante che trasmetta il degrado in cui striscia la
serie: una macchia di sangue lì, un cumulo di rifiuti là, cadaveri,
vetri rotti e tutto quello che serve. Anche nelle scene più
movimentate il suo disegno riesce a trasmetterti l'emozione del
momento che sia stupore, tristezza o anche semplice empatia. Ogni
tanto nel corso della serie arrivano altri disegnatori, solitamente
per le storie brevi che non riguardano la trama principale ognuno di
loro ha un suoi stile particolare ma se dovessi definire con una
parola tutti i disegnatori li definirei “writers”.
E poi le copertine!
Dio mio! Le copertine!
In conclusione.
Si tratta di una
serie che merita. Io personalmente l'ho comprata a letta tutta di
botto in 2 giorni. La storia è coinvolgente ti tira in avanti con la
curiosità di scoprire altri pezzi di questo scenario folle e
apocalittico che Wood e Burchielli ci dipingono numero dopo numero.
In ogni pagina ritrovate riferimenti al mondo reale alle situazioni
sempre eternamente uguali che si presentano nelle guerre in quei
paesi di cui a stento sapete pronunciare il nome.
Non è un
capolavoro con la C maiuscola ma come minimo è un must have.
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