Una volta avevo un amico. No forse
amico è un termine troppo specifico, diciamo che conoscevo un tizio
o meglio ancora mi trovavo spesso nello stesso posto con lui e tanto
bastava. Erano i tempi antichi in cui ancora andavo a scuola, Luca
aveva aperto da poco il suo negozio di giochi di ruolo, diventato
poi famoso in tutto il mondo come esempio di cosa non fare quando si
ha un negozio.
Ogni mattina mentre affrontavo a piedi
i ricchi cinque km che mi separavano da scuola ci passavo davanti e
come tutti potranno immaginare mi ci fermavo pregando che non fosse
il turno di Luca di aprire (il suo concetto di orario di apertura è
sempre stato “un ora dopo di quando mi sveglio”). L' dentro però
ho passato molte delle mie mattinate e ancor più dei miei pomeriggi.
Ma sto divagando. Quello di cui volevo
parlare è un antica inimicizia che nacque un freddo giorno di tardo
Settembre. Come al solito io era al tavolo di Warhammer, un gioco di
miniature, come al solito mi stavo facendo massacrare dal ragazzino
di turno. Un po' per mia abilità un po' per semplice sfiga ma quello
che è importante sapere è che ero nervoso.
Altra cosa importante da sapere è che
all'epoca non ero molto abile a tenere a freno la lingua, in più
l'ambiente favoriva reciproche offese e pesanti sfottò tra noi
abituè. Al tempo l' dentro c'era tutta la gioventù bruciata di
Napoli lì dentro, tutti quei ragazzi troppo pigri anche per mettersi
a fare i criminali.
C'erano Marco e Nikitas, due giovani
geni che si sedevano ad un tavolo, sceglievano un argomento e poi
dicevano stronzate a tema finchè non chiudeva il negozio. All'epoca
Luca e i suoi soci valutarono se non fosse il caso di far pagare il
biglietto per assistere a quel cabaret gratuito. C'era Andrea ragazzo
malato di Magic e subdola mente criminale intenta a tirar bidoni a
chiunque avesse una carta in mano. C'era Flavia, una ragazza che per
quanto anonima e muta riscuteva incredibile successo di pubblico in
quanto unica. C'era l'altro Luca, nato al tempo di Conan il barbaro e
poi ritrovatosi costretto a vivere in quest'epoca.
Ma sto di nuovo divagando come un
vecchio con l'Alzaimer. Oltre a tutta questa gente, e a torme di
ragazzini urlanti, c'era lui. Non lo chiamerò per nome. Le sue gesta
riverberano nei secoli come le stronzate più pure dette da anima
vivente. Ancora oggi intorno ad una birra le sue storie improbabili
tirano su il morale a noi derelitti. All'epoca sapevo poco di tutto
ciò ma già detestavo la sua mania di metter bocca in cose che di
cui non sapeva nulla dandosi arie da esperto.
Si, cose come Warhammer, proprio al mio
tavolo e proprio mentre stavo malamente perdendo contro uno
sconosciuto ultimo dei fessi di cui la storia ha oramai perso le
tracce. Come ho già detto all'epoca ero uno stronzetto pieno di
sarcasmo e così pronunciai L'Offesa:
“senti Peppe (nome di fantasia), è
inutile che continui ad aprire la bocca per sembrare intelligente.
Non funziona. E mo togliti dai coglioni”
e poi fu faida. O meglio per usare
parole sue quando altri gli chiesero espressamente: “no, io non
odio il ficca (si ero chiamato così). Basta solo che muoia lontano
da me”. Adesso ad anni di distanza abbiamo bevuto troppo e ne
abbiamo dette ancora di più e mentre torno a casa ripenso alla
storia delle spade di kendo o a quella del concerto. E secondo me
andrebbero raccontate.
Poi per fortuna mi addormento.
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