martedì 5 novembre 2013

Il contrappasso dei cretini



tanto tempo fa in una casa studenti baciata dal corroborante rumore del traffico di via Appia Nuova viveva uno studente spagnolo. Il suo nome è andato perso nella notte dei tempi ma egli è da noi stato ribattezzato Sancio per astuzia e sagacia.
Sancio era un giovane erasmus giunto dalle iberiche terre per imparare l'idioma italico in quella che, in un'epoca remota. Era la capitale del mondo ed ora si riduceva a grossa metropoli trafficata piena di palazzi vecchi e scassati che ostruivano il traffico.

Sancio pagava per la sua cameretta una cifra esorbitante ma ugualmente godeva di tutti i confort che la casa potesse offrire, qualunque essi fossero. Ma in virtù della grossa spesa che Sancio doveva mensilmente affrontare egli detestava, (giustamente) l'immondo essere che condivideva con lui parte della nobile casa.

Costui era un gretto napoletano giunto dalle terre oltre la civiltà. Viveva in una stanza più simile a grotta che a camera e pagava un affitto sensibilmente più basso. Invero si trattava di una creatura dalle strane usanze: egli lavava i propri piatti come la peggior plebe, quando il cesto della spazzatura era colmo egli rimuoveva il sacchetto e misteriosamente lo faceva sparire chi sa dove. Evidentemente si trattava di strani riti della sua gente. Presto Sancio si rese conto che il turpe figuro borbottante non capisse nulla della sua lingua per quanto lui si applicasse a ripetere le parole lentamente.

Sancio tollerava la maggior parte delle eccentricità dello strano napoletano. Tutta tranne una. Il giovine aveva infatti notato come il napoletano usasse accamparsi in una delle camere sfitte in cerca di pace e refrigerio. Era una cosa che faceva spesso nel pomeriggio quando il sole batteva inclemente sulla sua grotta scaldandola. Il napoletano prendeva quindi il suo portatile e si spostava nella stanza attigua.

Tutto ciò a Sancio non andava giù. “Per qual motivo costui paga quasi la metà di quello che pago io se poi va occupando stanze che non gli spettano!” disse a se stesso. “Anche io pago! Quelle stanze sono mie quanto sue!”

Deciso a far valere le sue ragioni Sancio prese abitudine di piazzare lo stendino col bucato nella stessa stanza dove di solito andava il napoletano. Grande fu l'orrore e lo sdegno quando il giorno successivo si accorse non solo che il napoletano era sempre lì accampato ma addirittura la turpe creatura aveva osato spostare il suo stendino!

Successe poi che il napoletano partì per 4 giorni. Al suo ritorno trovò la porta della stanza vuota chiusa a chiave e semplicemente si spostò in un'altra camera per ripararsi dal sole. Al contempo Sancio fu felice: aveva chiuso a chiave la porta così da impedire l'accesso al napoletano sia alla stanza che al suo bucato.

Peccato che il napoletano sapesse una cosa che Sancio ignorava. Invero la serratura di quella porta era difettosa e infame. Secondo il mito che era stato tramandato di fuorisede in fuorisede fino al napoletano nulla sarebbe stato in grado di riaprire quella porta se qualche folle avesse pensato di chiuderla a chiave.

Nulla se non la mitologica entità nota come il Ferramenta.

E fu così che Sancio dovette pagare il conto del nobile artigiano per poter mettere le mani sulle sue mutande pulite.


La storia si presta a molteplici interpretazioni e morali ma gli storici concordano nel dire: “non so cosa significhi tutto questo ma di sicuro non bisogna rompere il cazzo ad un napoletano”

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