tanto tempo fa in una casa studenti
baciata dal corroborante rumore del traffico di via Appia Nuova
viveva uno studente spagnolo. Il suo nome è andato perso nella notte
dei tempi ma egli è da noi stato ribattezzato Sancio per astuzia e
sagacia.
Sancio era un giovane erasmus giunto
dalle iberiche terre per imparare l'idioma italico in quella che, in
un'epoca remota. Era la capitale del mondo ed ora si riduceva a
grossa metropoli trafficata piena di palazzi vecchi e scassati che
ostruivano il traffico.
Sancio pagava per la sua cameretta una
cifra esorbitante ma ugualmente godeva di tutti i confort che la casa
potesse offrire, qualunque essi fossero. Ma in virtù della grossa
spesa che Sancio doveva mensilmente affrontare egli detestava, (giustamente) l'immondo essere che condivideva con lui parte della
nobile casa.
Costui era un gretto napoletano giunto
dalle terre oltre la civiltà. Viveva in una stanza più simile a
grotta che a camera e pagava un affitto sensibilmente più basso.
Invero si trattava di una creatura dalle strane usanze: egli lavava i
propri piatti come la peggior plebe, quando il cesto della spazzatura
era colmo egli rimuoveva il sacchetto e misteriosamente lo faceva
sparire chi sa dove. Evidentemente si trattava di strani riti della
sua gente. Presto Sancio si rese conto che il turpe figuro
borbottante non capisse nulla della sua lingua per quanto lui si
applicasse a ripetere le parole lentamente.
Sancio tollerava la maggior parte delle
eccentricità dello strano napoletano. Tutta tranne una. Il giovine
aveva infatti notato come il napoletano usasse accamparsi in una
delle camere sfitte in cerca di pace e refrigerio. Era una cosa che
faceva spesso nel pomeriggio quando il sole batteva inclemente sulla
sua grotta scaldandola. Il napoletano prendeva quindi il suo
portatile e si spostava nella stanza attigua.
Tutto ciò a Sancio non andava giù.
“Per qual motivo costui paga quasi la metà di quello che pago io
se poi va occupando stanze che non gli spettano!” disse a se
stesso. “Anche io pago! Quelle stanze sono mie quanto sue!”
Deciso a far valere le sue ragioni
Sancio prese abitudine di piazzare lo stendino col bucato nella stessa
stanza dove di solito andava il napoletano. Grande fu l'orrore e lo
sdegno quando il giorno successivo si accorse non solo che il
napoletano era sempre lì accampato ma addirittura la turpe creatura
aveva osato spostare il suo stendino!
Successe poi che il napoletano partì
per 4 giorni. Al suo ritorno trovò la porta della stanza vuota
chiusa a chiave e semplicemente si spostò in un'altra camera per
ripararsi dal sole. Al contempo Sancio fu felice: aveva chiuso a
chiave la porta così da impedire l'accesso al napoletano sia alla
stanza che al suo bucato.
Peccato che il napoletano sapesse una
cosa che Sancio ignorava. Invero la serratura di quella porta era
difettosa e infame. Secondo il mito che era stato tramandato di
fuorisede in fuorisede fino al napoletano nulla
sarebbe stato in grado di riaprire quella porta se qualche folle
avesse pensato di chiuderla a chiave.
Nulla
se non la mitologica entità nota come il Ferramenta.
E fu
così che Sancio dovette pagare il conto del nobile artigiano per
poter mettere le mani sulle sue mutande pulite.
La
storia si presta a molteplici interpretazioni e morali ma gli storici
concordano nel dire: “non so cosa significhi tutto questo ma di
sicuro non bisogna rompere il cazzo ad un napoletano”
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