<<Ussupprupu.>> dice Sandro
con gli occhi spiritati di alcool e la faccia tipica di chi la sa
lunga. Lui giura che è una parola etrusca che sta per qualcosa che
ora non ricorda ma il suono che ha prodotto è più simile ad un
rutto parlato. Irina, la sua moglie tedesco-franco-austrica lo guarda
con un misto di commiserazione e divertimento mentre versa il vino al
cliente.
Bolsena, estate. L'aria è fresca la
gente sta fuori alle case nella piazza del castello. Si chiacchiera
in almeno sette lingue diverse ma il succo delle conversazioni è
sempre lo stesso. Se non fosse per i lampioni elettrici uno potrebbe
pensare di essere finito nel quattrocento ma è solo il fascino
suggestivo del paese vecchio.
Bolsena. Ad un occhio inesperto e
digiuno di architettura potrebbe sembrare che qualcuno abbia
appallottolato un grumo di case e strade e poi le abbia buttate alla
buon e meglio su una montagna. Come hanno già imparato generazioni
di turisti tedeschi le strade sembrano avere vita propria e se
proprio non si muovono comunque cercano di confondere al meglio le
idee. Ma a Sandro tutto questo non importerebbe se fosse sobrio,
figuriamoci adesso. In quel piccolo microcosmo lui è la terza carica
dello stato: c'è il sindaco, c'è il dottore e poi c'è lui. La sua
attività è punto focale della vita del paese vecchio anche se non
erano queste le intenzioni iniziali. In principio la vineria doveva
essere un posto dove bere in pace. Poi, sera dopo sera, Sandro ha
ripercorso tutte le tappe dell'economia umana: un bicchiere ad un
amico, un bicchiere in cambio di quel buon sigaro, un bicchiere per
un occhiata a del lavandino che perde e infine un bicchiere per
quegli strani fogli di carta colorata che ogni sera Irina ordina con
tanta cura nella cassetta sotto al bancone.
La vineria è un posto accogliente.
Probabilmente lo scantinato di un appartamento che però da sulla
strada: sgabelli, bancone qualche botte vuota che fa ambient. Sarebbe
un qualcosa di abbastanza anonimo ma il trucco sta poco più in là.
Un'apertura nel muro di destra che porta sotto in quelle che sembrano
un incrocio tra grotte naturali e la cantina di un contrabbandiere
del tardo anno mille. Qui riposano una quantità imprecisata di
bottiglie di vetro verde scuro. Le “bottiglie speciali” le chiama
Sandro. Sua moglie invece usa un termine più colorito ma, dopo dieci
anni di matrimonio, lui non sa manco a che lingua appartenga. A lei
non piace scendere lì sotto, almeno non troppo in basso. Non dove ci
sono le “bottiglie Speciali” e se proprio deve andarci lo fa solo
col giorno.
Valla a capire.
Agli amici di Sandro invece quel posto
piace. Le temperatura non va mai sopra i 13° il che è un bene sia
d'inverno che d'estate. Spesso, quando fuori c'è la neve, lì sotto
uomini liberi dagli attenti occhi femminili fumano pipe e sigari
raccontando cose inimmaginabili. Altre volte succedono altre cose.
Fuori. È una notte come tutte le
altre: i tedeschi continuano a vagare per i vicoletti facendo foto.
La gente crede che siano interessati all'architettura ma in realtà
stanno cercando di ritrovare l'albergo. Molti si arrendono davanti
alla vineria. Cinque euro per un bicchiere riempito a metà o per
metà vuoto, sta alla natura umana decidere. Nella piazza sui grossi
tavolacci di legno turisti meno forestieri consumano cene frugali
mischiandosi ai nativi che non hanno voglia di stare in casa. È un
mescolarsi di accenti perché Bolsena è in mezzo al nulla ma anche
al centro di tutto.
Sandro fuma la canna seduto fuori alla
vineria. Ogni tanto pronuncia perle di saggezza per chi le vuol
sentire altrimenti si limita ad ascoltare gli altrui discorsi
sottolineandone i punti salienti con un verso che lui giura essere
etrusco. Più in là un ragazzetto di città decide che proprio
questa è la sera giusta per sbronzarsi di vino a colpi di 5 euro a
bicchiere. Al secondo inizia a diventare molesto. Sandro osserva e
valuta nascosto nel suo personale mantello dell'invisibilità
etilico. “non va bene” pensa. Il suo sguardo passa ad altro in
cerca di qualcosa.
Poco più in là e poco più su due
persone e mezzo siedono sulla fontana del paese: due sono coscienti e
moderatamente brilli, l'altro sta valutando se vomitare o accasciarsi
semplicemente sulla panchina. Il paese è deserto: i nativi si sono
coricati e i turisti si sono accasciati agli angoli delle strade
abbandonando la ricerca dell'albergo. Quando Sandro li vede decide
che vanno bene. Si avvicina con una delle bottiglie speciali. Parla
dell'universo della vita e di tutto il resto, che per un ubriaco
significa parlare del più e del meno. Condivide la bottiglia con i
due mentre il terzo si accascia decidendo che è ora di dormire.
…
Fa freddo. Non l'aria fresca della sera
Bolsenese, è un tipo di freddo molto più prepotente che fa rizzare
tutti i peli delle braccia scoperte. C'è umido, c'è puzza, forse
muffa o forse residui di nicotina di tanti anni fa. C'è incenso. Ma
c'è anche qualche altra cosa. O meglio manca: la luce. È poca gli
occhi fanno fatica a percepirla come se qualcosa la assorbisse prima
che questa possa imprimersi sulle retine. C'è un dolore sordo alla
schiena e un freddo ancora più intenso. Sono stesi entrambi sulla
roccia al buio. Da qualche parte in lontananza Sandro struscia i
piedi su terreno della piccola grotta. I ragazzi non lo possono
vedere ma sentono i passi e i mormorii.
C'è anche qualche altra cosa. Qualcosa
che aspetta, o forse è solo un sensazione prodotta dall'adrenalina
mista all'alcool e alla cannabis. No, c'è qualche altra cosa. Le
ombre dipingono volti sulla roccia. Volti o cose ancora peggiori.
Hanno visto abbastanza film dell'orrore per sapere che da ora in poi
le cose difficilmente si metteranno bene. Sono legati e qualcosa li
osserva come l'ubriacone osserva una bottiglia piena.
Sandro sale le scale si sente un po'
ridicolo in quella tunica ma non ci bada. A vederlo nella vita di
tutti i giorni stupisce la maestria con cui tiene il coltello
cerimoniale. I due ragazzi si lasciano sfuggire un gemito che
vorrebbe essere urlo quando lui entra nel loro campo visivo.
“Ussupprupu uttu gozzo Ussu”
scandisce Sandro con voce chiara e ferma.
In antico dialetto Etrusco.
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