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mercoledì 26 febbraio 2014

Incroci e corde di chitarra



Una leggenda del blues racconta che un musicista ha sepolto una corda della sua chitarra ad un incrocio come pegno nel suo personale patto col diavolo.
Non era un musicista particolarmente bravo o ispirato. Lui suonava . Voleva vivere suonando ma non ne aveva assolutamente i mezzi. Da qui il patto. Le solite cose: fama, gloria e belle donne in cambio di un anima immortale. Ma alla base c'era la musica. Una corda di chitarra come pegno e un incrocio come studio notarile.
Un incrocio, chi sa perché il diavolo ama tanto gli incroci. Forse perché è qualcosa che si lega perfettamente alla vita e a quello scherzo chiamato “libero arbitrio”.
Gli incroci, posti complicati. Che tu sia un guidatore diretto al posto di lavoro o un'anima affranta nel mezzo del cammin della tua vita gli incroci sono posti importanti.
Forse è perché si legano indissolubilmente alla vecchia domanda: “cosa sarebbe successo se avessi girato a destra invece che a sinistra?” oppure..

“... E se avessi allungato un braccio nel letto per toccarle il fianco?”
“... e se gli avessi detto veramente cosa pensavo?”
“... e se avessi accettato quel lavoro?
“... e se qualcosa mi stesse aspettando dietro la prossima curva?”
“... e se...”




“...e se avessi sbagliato strada?”


Dio, qualunque dio, è sempre pieno di certezze. Noi però viviamo nella dimensione dei forse: forse riuscirò ad avere una storia con lei, forse lui mi richiamerà, forse non mi ama abbastanza, forse non sono ancora i grado di gestire questa situazione.

Forse...

al diavolo piacciono i forse. Perché il diavolo è una persona lungimirante. Lui pensa al futuro non al presente. È uno bravo nel suo lavoro perché quello che a noi ha sempre fatto paura è il domani non l'oggi. L'oggi è sopportabile, gestibile, arginabile, alle volte godibile. Il domani è incerto, misterioso, infido, bastardo.

E quindi torniamo al nostro musicista sospeso nel nulla della non scelta: essere uno tra i tanti che aspettano il colpo di fortuna o essere il più grande. Essere l'anonimo sottofondo di un incontro casuale nella notte di martedì grasso o il centro di un uragano di follia e corpi sudati di un giorno qualunque?

Per questo una corda di chitarra, un incrocio in una strada sterrata e un patto che ha come postilla un eternità di dannazione.
Non li ho mai capiti i patti col diavolo: un eternità di dannazione in cambio di qualcosa che sai che a breve finirà. Perché la vita e sempre breve e dopo la prossima curva potrebbe sempre esserci una strada sbarrata e un posto di blocco. Uno di quelli tenuti da un poliziotto costretto a lavorare nel suo giorno libero.

Ma intanto da qualche parte qualcuno suona un ritmo travolgente privo di qualsiasi criterio logico se non il caos che ha dentro. Decine e decine di corpi sudati agitano nella penombra trascinati dalla corrente. Negli angoli bui le donne gemono e gli uomini ridono. E tu al centro di questa marea che non rifluisce mai. Da qualche parte nel futuro il locale chiude e le donne delle pulizie si affannano a tirar su vomito e altre cose innominabili. Fuori splende il sole la gente rispettabile e noiosa va al lavoro guardando con disprezzo gli ubriaconi della sera prima che smaltiscono la sbronza.

Forse è questa l'essenza del patto, il vantaggio che ne ha il contraente: sapere che prima o poi il locale chiuderà, che alla fine la festa finisce, le che si riprende le mutande e se ne va. Sapere che alla fine tutto risulterà inutile e squallido.

Domani.

Ma oggi, stasera, c'è solo una notte senza luna che accompagna il ritmo della tua musica.
Domani...


domani si vedrà.

mercoledì 11 dicembre 2013

Quantic Coinflip



Lancia una moneta. Testa o croce. Alla fine non ha tutta quest'importanza. È solo un ramino che vortica nell'aria con pretese da direttore d'orchestra deciso a dettare la sua legge sulla platea di un pubblico deserto.

Testa. Hai i soldi, hai l'amore. Hai tutte quelle cose che spettano al trionfante eroe di Hollywood. Sei furbo, sei figo, magnanimo e di grandi qualità. La strada è bella che spianata, da qualche parte c'è quello che ti spetta con una grossa freccia luminosa sopra.
Devi solo prenderlo.

Croce. Non te la passi bene, non sei capace a prenderti della figa manco se te la tirano in faccia. Vivi la vita di Paperino senza la soddisfazione di far simpatia. Quello che vuoi è lì bene in vista c'è solo un fossato pieno di lava e coccodrilli assassini ignifughi pronto per te. Salta se hai le palle.
O dai un occhio sotto e vedi quelli che hanno detto “e che sarà mai.

Bello, netto e preciso. Ti metti l'anima in pace.

Che ci posso fare io? È uscito croce...

manco per il cazzo.

Ti convincono che la vita è in bianco e nero quando invece è tutto pieno di toni di grigio.

Lei è lì da qualche parte. Sfuggente come il gatto che devi portare dal veterinario.
Trovata per caso come quella 50 euro che ti eri dimenticato nel cappotto invernale.
All'inizio non è nulla di speciale se non l'unica costante di un continuo mutamento.

Poi le cose vanno a rotoli. Non sono ancora sicuro del perché. Probabilmente è che la gente sa parlare ma solo per dire che alla fine ha ragione.

Lancia una moneta.

Testa: ok tutto bene voltiamo pagina e vediamo cosa si può fare. Da qualche parte ci deve essere un ponticello stretto stretto su questo mare di lava.

Croce: Ma chi ve se incula a tutti quanti. A me l'uva manco mi piace e poi so una volpe e son carnivora e poi c'è la crisi e chi cazzo te lo fa fare, e poi a questa chi cazzo la sa ecc ecc fono al vecchi bancariello dei salumi che abbiamo imparato ad odiare.

Oppure fanculo alla monetina, al dado e alle opinioni molto costruttive. Fanculo alle pacche sulle spalle date slogandosi il braccio.

Bisogna saper ripartire da zero.

Per cui...


















giovedì 26 settembre 2013

In principio era l'ignoranza.


Siamo uscii dal scuola comics e ci siamo guardati in faccia con i nostri bei diplomi consapevoli di non avere la più pallida idea di cosa fare da quel momento in poi.
“Tu quanto hai preso?”
“trenta e lode. E tu?”
“pure io”
“io pure” fa una terza voce”
“Io trenta”
“vabbuò tanto i voti non significano niente”
“intanto anche io ho preso 30 e lode”
“si ma ora che si fa?”
“ci proponiamo in Bonelli”
“io avrei un mezzo progetto per la Francia.”
“Anche Hitler ma alla fine non gli è andata bene”
“intendevo per il fumetto francese”
“Vi rendete conto che al momento per gli editori grossi siamo appetibili come un kebab caduto per terra, vero?”
“Ma che schifo!”
“però ha ragione”
“e quindi che si fa?”
“mmm”

ci vorranno molti caffè e un sacco di chiecchiere per arrivare alla naturale conclusione: non sappiamo nulla del mondo dell'editoria a fumetti. Men che mai sappiamo come potremmo farci notare da qualcuno al punto da convincerlo a farci scrivere per lui. L'unica cosa chiara ci fluttua nella testa a caratteri infuocati alti quindici metri. Ce lo ha insegnato Lorenzo Bartoli, lo hanno confermato molti professionisti sui loro blog:
“leggere una sceneggiatura è già noioso di suo, leggere quella di un esordiente lo è di più.”
Occorrono disegnatori così da mettere in fumetto le nostre idee e renderle così più piacevoli da leggere.
Un pomeriggio di tardo novembre sul tavolino di un bar nascono i Faq Tales, anche se allora non ci chiamavamo così. Eravamo in quattro: io e Valerio intenti a convincere le due Valentine che non eravamo pazzi. Che si poteva fare.

“noi ci mettiamo le sceneggiature e i soldi, voi disegnate”
“in che senso i soldi?”
“paghiamo la stampa, vorremmo pagare anche voi ma il fatto che io abbia preso un bicchiere d'acqua e lui faccia finta che ha già ordinato dovrebbero suggerire qualcosa.”
“Ok, ci sto”

La conversazione va avanti per un altro paio d'ore mentre io e Valerio ci confrontiamo col problema di convincere due persone che hanno già accettato di partecipare a partecipare. Lo so, non ha senso. Ma è andata così.
Cresciamo. I primi mesi si dividono tra febbrile attività e cazzeggio demente. Poi arrivano le rogne, le prime arrivano e passano senza dare troppo fastidio. Ma le rogne sono come i livelli di Tetris.
Un paio di volte quasi scoppiamo perché alla fine della fiera siamo tutti degli sbarbatelli che provavano a giocare coi grandi senza avere idea di come si fa.
Abbiamo un paio di aiuti. Aiuti importanti. Non smetterò mai di ringraziare le persone che ci hanno aiutato: chi materialmente come Francesco Lo Storto che ha messo le matite su una storia che stava rimanendo orfana di disegnatori. O chi in modo più sottile come Lorenzo (ma a lui lo ringrazio a modo mio con una frittata di maccheroni che è contento). Chi invece ci ha fatto degli omaggi, come li chiama il mio amico ignorante, dei disegnetti. Chi ci ha fatto delle copertine chi ci ha fatto 40 volte la grafica degli albi subendosi chiamate nel cuore della notte piene di terrore.
Vi ringrazio tutti. Vi ringraziamo tutti. Se volete qualcosa di più dei miei ringraziamenti sappiate che da me una birra offerta la trovate sempre.

A 5 giorni dalla deadline definitiva riusciamo a mandare in stampa la roba. Dopo aver litigato con la tipografa più stronza del mondo per fare delle prove di stampa che ora ogni tanto guardo con timore reverenziale.
È successo davvero. Ho fatto un fumetto. Non so come la pensano gli altri del gruppo. Non so come la vedono le Valentine, come la vede Valerio, Fabio, Gabriele.
So solo che sono atterrito. Perché è successo veramente. Se lo dicessi al me stesso di un anno fa, quello che cianciava di fesserie con le Valentine, credo che mi avrebbe coperto di insulti.
Il me stesso di tre anni fa avrebbe detto di smettere di fantasticare e tornare a lavorare.
Alla fine sono atterrito. Perché so che adesso si inizia davvero.


Tre una ventina di giorni sapremo se non è stato solo un fuoco di paglia. E allora si berrà come se non ci fosse un domani.

martedì 23 luglio 2013

I want belive!





Ci siamo, siamo così vicini che possiamo intravedere la striscia colorata del traguardo in lontananza. Fanno male i muscoli perché capita quando si corre e ancora più spesso quando parti e nessuno ti avvisa che c'è una salita dopo la curva.

Fare fumetti è molto simile a fare una staffetta. Te scrivi, loro disegnano. Prima e dopo. Se tu non ti nuovi a mettere in ordine tutte le belle paroline loro non possono mettere la matita sul foglio. Se loro non disegnano non si può andare in stampa. Ma la cosa peggiore e che, proprio come nelle staffette, quando uno corre è sempre da solo.

Quando ho scritto la sceneggiatura di Bad Dreams ero seduto fuori al balconcino della mia casa in affitto. Per quanto Lorenzo avesse detto e ripetuto che scrivere d notte porta cattive abitudini la prima versione è venuta fuori in venti pagine di Word tra le 2 e le 6 del mattino. Unico contorno musicale le macchine che passavano.
La seconda versione è nata su una panchina di Villa Lazzaroni. Faceva un freddo che ti pigliava a schiaffi. Quel tipo di freddo che ti fa concentrare su quello che stai facendo perché è un tempo troppo schifoso per cazzeggiare.
La versione definitiva con correzioni e tutto è venuta fuori sul regionale Roma-Napoli seduto su un sediolino pieghevole accanto ai bagni.
Riflettendoci bene, tolte tutte le insicurezze tipiche di uno che si vergogna dell'ombra sua, direi che lo adoro. È figlio mio e gli voglio bene.

Ora le ragazze ci stanno sbattendo la testa contro. Valentina Zeppa e Valentina Napolitano. Come io prima anche loro stanno seguendo i loro metodi di lavoro. A me prudono le mani. Sono come il parente nella sala d'attesa che aspetta che i chirurgi finiscano l'operazione a cuore aperto. E se hai un parente sotto i ferri non stai in sala operatoria a rompere le palle al dottore dicendo “we allò come va? Come procede? Ce la farete?”

No, te stai zitto e buono in sala d'attesa a fumarti 50 sigarette.

Perché il chirurgo lo sa qual è il suo lavoro, lo hai scelto apposta perché è uno bravo. Hai rotto le scatole al primario e fatto valere vecchi favori perché anche se tuo figlio deve finire sotto i ferri si merita il meglio su cui puoi mettere le mani.

Ora tocca fare lo stesso con le disegnatrici. Perché le hai scelte tu. Perché anche loro ci credono e soprattutto perché nella staffetta siamo tutti soli con il traguardo davanti e la gente che ti incita dietro.

E quindi ora si deve correre solamente e se non tocca a te correre incita, fuma o statti zitto.


O magari prega che non ci becchi l'antidoping.

mercoledì 17 luglio 2013

L'unico vero nemico



Tanto tempo fa su una collina adesso dimenticata da tutti in un momento storico in cui registrare lo scorrere del tempo è superfluo. La storia dell'umanità al momento si può riassumere con “le tigri hanno provato a mangiarci e noi siamo scappati”.
È un epoca strana in cui l'intelligenza sta muovendo i suoi primi passi aiutando l'uomo a risolvere questioni pratiche come cacciare, proteggersi e sopravvivere alle bestie. Dopo l'invenzione del fuoco, del bastone appuntito e dei vestiti gli uomini scimmia si trovano ora ad affrontare il più tragico avvenimento della loro storia. L'unico evento che segnerà per sempre la storia umana portando con se catastrofi, tragedie e domande senza risposta.

Un uomo scimmia, nel primo vero momento di relax della storia sale su una verdeggiante collina ai margini dell'accampamento. È un errore e lo sa. Non ci si allontana mai dal branco perché da soli si muore. Ma a questo uomo scimmia in particolare non importa. Si allontana salendo oltre il fumo acre del fuoco sempre acceso. Lì dall'alto nota qualcosa e senza farci molto caso solleva la testa.
Vede un bagliore, poi un altro. Continua a sollevare il viso verso il cielo distendendo la schiena ingobbita. Senza rendersene conto si ritrova in posizione eretta a fissare il cielo stellato con la bocca spalancata per la meraviglia.
È successo, non si può tornare più indietro, la mente semplice dell'uomo scimmia fissa l'oceano di stelle elaborando pensieri confusi e contraddittori. In quel turbinio di proto-intelletto affiora una domanda.
Perché?

In quel momento le domande entrarono nel mondo reale: Chi siamo? Dove andiamo? Cosa sono quelle luci nel cielo? Perché moriamo? E tante altre. Agli albori dell'umanità non esisteva la tecnica sufficiente per l'invenzione della televisione. Per l'uomo scimmia era impossibile sedersi sul divano e dire “chi se ne frega”. Con le capacità di allora si corse ai ripari.
Fu così che nacque la Filosofia.

Fin dagli albori del tempo l'umanità non è mai riuscita a liberarsi dell'equivoco vissuto dai primi pre-umani. Secondo le loro giovani menti ogni problema o mistero poteva essere risolto con un semplice esercizio di logica e ragionamento.
Tuona? È il dio del cielo che scorreggia. È logico.
Il sole tramonta? Beh, come tutte le cose dell'esistenza anche lui deve riposarsi.
Filosofia: la risposta a qualsiasi domanda seguendo solo la logica dei ragionamenti. Come un forum su internet dove tutti dicono una cosa intelligente e nessuno si offende. Ferrea logica e basta.
Peccato che Asimov in alcuni suoi racconti abbia dimostrato che la logica non esiste se non si stabiliscono dei presupposti comuni.

“Assunto che il Sole è una sfera di fuoco che..”
“No. Il Sole è l'occhio benevolo del dio Azakatarprak!”
“no. È un insieme di idrogeno ed elio supercompresso che...”
“si, ok. Però qui si discuteva se è lui a girare intorno a noi o il contrario.”

FILOSOFIA 0 – LETTERATURA 1

La filosofia è andata avanti così per secoli finché un giorno ad un tizio non venne un'idea: “Gente ma se andassimo a guardare?”
E' un evento simbolico. Ma in tutte le branche del sapere un giorno un tizio si è svegliato e ha fatto il San Tommaso. Ed improvvisamente la filosofia aveva assunto gran parte del suo compito: sono nati i fisici, i chimici, i medici.
Tutto merito della filosofia ma adesso il suo lavoro è finito.

Peccato che noi, poveri uomini scimmia, ci siamo rimasti affezionati come la grassona alla sua minigonna taglia 38.

Dicono: “la filosofia aiuta a pensare” oppure “è la madre delle scienze” o ancora “ti da tante opportunità ed apre la mente”.
Per me l'unico vantaggio della filosofia è che se ti ci iscrivi all'università hai una scusa da dare in famiglia per non trovarti un lavoro. Nella mia personale scala dell'inutilità solo una facoltà è più infima e dannosa: Sociologia.

Qualcuno potrebbe obbiettare: che ne sai tu dall'alto delle tue 3 bocciature, del tuo diploma risicato e della tua cronica idiozia?
Lo so attraverso lo spirito di osservazione. Lo so perché nelle code ai centri per l'impiego dal nome altisonante spesso qualcuno si dichiara filosofo davanti alla faccia mesta dell'esaminatrice. Lo so perché l'unica persona vagamente realizzata che conosco a fregiarsi della laurea nella scienza inutile era la direttrice del supermercato dove lavoravo. E il motivo per cui stava lì dentro non aveva nulla a che fare con la sua laurea.

L'unica risposta che è rimasta da trovare alla filosofia è La Risposta alla domanda definitiva: chi siamo? Dove andiamo? Che senso ha tutto questo?
L'unica domanda che è rimasta alla filosofia è la domanda definitiva sulla vita l'universo e tutto quanto. Peccato che intanto Douglas Adams abbia trovato la Risposta.
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FILOSOFIA 0 -LETTERATURA 2


fischio finale e tutti a casa o almeno a cercarsi un lavoro vero.

domenica 2 giugno 2013

Falsa partenza



Ultimamente ho passato troppo tempo a pensare. Cose stupide principalmente. Qualche cosa brutta e parecchie cose patetiche.
Per quelle tre persone che seguono qui e non mi conoscono dal vivo direi che è il caso di metter giù qualche spiegazione. Tutto si riassume ad una semplice affermazione: da troppi anni Maggio è un mese di merda. Negli ultimi cinque anni circa al mese di Maggio si accompagna un ecatombe. Belle speranze che si vanno a buttare dalla scogliera come branchi di lemming.
Poi hanno iniziato a morire le persone.
In un Hellblazer che mi ha fatto eleggere Garth Ennis come modello indiscusso si dice una cosa che suona grossomodo così:

Nessuno pensa mai davvero alla morte. Ci sono i paranoici, i depressi che si tormentano con quel pensiero ma non rischiano nulla e poi ci sono gli altri. Quelli che muoiono all'improvviso senza avere il tempo di pensarci. Io invece sono fortunato sto morendo un po' alla volta. Posso godermi tutto lo spettacolo.”
Io invece sono seduto in terza fila. Ma sono comunque nel teatro.

Secondo la tradizione napoletana la mia famiglia conta una marea di zii acquisiti e di sangue che formano il nucleo familiare. Potrei dire che sono stato cresciuto da due o tre famiglie con padri e madri putativi sparsi qua e là nel palazzo.
Ultimamente se ne sono andati via troppi. Alcuni ho anche il rammarico di non averli mai conosciuti veramente. Ad altri, beh. Fatevi un idea. Tutti verso Maggio. Oramai salutiamo con gioia il passaggio di questo mese infame e temiamo il suo arrivo.

Poi agli inizi di questo Maggio: mia madre doveva operarsi. Cazzi vari, in teoria una cosa semplice con risvolti potenzialmente tremendi. Un o' ho imparato a preoccuparmi quando i medici parlano di linfoqualcosa.
Dall'altra parte una zia che conta come mamma fresca di trapianto con la boccia lucida, il sorriso di chi non vuole saperne niente e quell'aria da “incrociamo le dita e speriamo bene”.

Era Maggio e io, forse esagerando, mi sono cagato sotto. Perché il mio cervello viaggia con la fantasia con quella tendenza alla tragedia tipica dei drammi serali di rete4.
Mi sono trovato a fare due conti e mi sono accorto che sto tornando al punto di partenza, quando mi vergognavo di dire le cose che mi piacevano. Quando avevo la sensazione che anche la mia faccia nello specchio mi rideva alle spalle.

In parole povere ho mollato tutto per potermi prendere l'onore di stare in ansia. È un po' brutto da dire ma per certi versi il resto è solo un pretesto. Certe volte è solo che mi mancano le palle. Mi avvio sparato e poi ci ripenso, trovo una scusa e torno indietro.
Sono il re delle farse partenze e a parte la merda di contorno non ho proprio idea del perché. Per cui grazie a quelli che mi sono stati dietro mentre passavo le giornate a vedere telefilm e giocare ai giochi di facebook invece di mettere mano alle cose serie.


Grazie per avermi fatto ricordare cosa voglio nonostante i sabotaggi.

martedì 16 aprile 2013

Alla fine c'ha ragione berlusconi



Mi rendo conto della gravità delle mie parole. Mi sanguinano gli occhi sono a digitare queste parole ma la verità è quella cosa che non piace a nessuno. Quella cosa che ti fotte il cervello e ti lascia sbavante sul marciapiede a chiederti chi cazzo te l'ha fatto fare di credere a tutte le balle quando era così ovvio che stavi sbagliando.

E quindi si, lo ripeto: ha ragione Berlusconi.

I mari si seccano, la terra trema. Alla sede della Bonelli qualcuno legge i miei soggetti, decide di chiamarmi per dirmi quanto gli sono piaciuti e poi muore, ucciso dal karma negativo di questa frase.
Ma riepiloghiamo che poi sembra che sia pazzo o che quelli dei Circoli della Libertà mi hanno rapito e convinto a passare con loro con frasi tipo “passa al lato oscuro, noi abbiamo la figa. Non quelle fighe comuniste. Gnocca vera.”

Monti da le dimissioni, si va a votare e scopriamo che il PD (da vero professionista) non riesce nemmeno a vincere quando tutto il mondo lo da favorito. Grillo fa quello che ha fatto e Berlusconi ci mostra un esempio pratico del nostro incubo peggiore.
Così dalle urne esce il risultato chiarissimo che ci chiedeva l'Europa, il mondo e la Federazione Galattica.
Stallo alla messicana. Bersani dice qualcosa che suona come un “ok io ci provo” con la voce di chi ha tirato su la pagliuzza più corta. Berlusconi dice “larghe intese”perché fare le larghe intese col PD per lui è come governare ma dando la colpa agli altri. Grillo, in coerenza con le sue idee, segue il consiglio dei rettiliani e dice “o governiamo noi o fottetevi”.
Così tanto per essere chiari con gli elettori del PD che già si aspettavano un appoggio al governo Bersani. Che poi poteva essere una così bella idea: il PD governa ma non può fare nessuna merdata che i grillini li tengono per le palle con la fiducia. Non so perché ma a me suonava bene.
C'è solo un problema: Grillo non ha nessun intenzione di andare al governo, anche lui vuole che gli altri facciano le larghe intese. Così può continuare a dire peste e corna. L'importante è far finta di far qualcosa col proprio elettorato: streaming, votazioni online per qualunque stronzata e un sacco di proclami di austerità parlamentare che lasciano il tempo che trovano.
Bersani è cosciente che fare le intese con Berlusconi equivale a un Harakiri politico del PD. È convinto che andare a chiedere la fiducia in parlamento qualche grillino meno talebano lo appoggi. Intanto tra elettori e dirigenza PD si esercita l'autocritica del post derby: tutti a dire “eh, se candidavamo Renzi” come se Bersani fosse stato imposto dallo Spirito Santo.

Che poi è facile a fare i renziani. Basta riempirsi la bocca di ovvietà. Renzi è quel tipo di persona che lascia decidere agli amici dove andare a mangiare e poi si lamenta che il locale fa schifo. Quello che dice “io te l'avevo detto” solo dopo che l'hai fatto. Quello pieni di buoni consigli col senno di poi. Quello che la colpa è sempre di qualcun altro. Quello che, fosse uno della tua comitiva, lo prenderesti a calci tutti i giorni perché è uno stronzo.

Bersani va a piangere da Napolitano che nessuno gli da la fiducia. Il presidente in scadenza di mandato si guarda intorno e inventa una bubbola per tenere tutti buoni in attesa che scada il suo mandato e la patata bollente passi a qualcun altro.
Grillo chiede l'incarico per i suoi perché “il popolo ha scelto noi”. Eh no bello. Un terzo del popolo ha scelto voi e se i comunicatori del PD sapessero fare il loro lavoro sarebbero stati anche meno di un terzo.

E Berlusconi? Lui continua a gridare la sua disponibilità alle alleanze perché non ha niente da perdere e tutto da guadagnare. Larghe intese: significa eliminare il PD. Uccidere i suoi deputati, far strage delle loro mogli e prendere schiavi i figli. Significa essere il re delle macerie alla prossima tornata elettorale, quando un paese disperato lo acclamerà come presidente galattico perché le sue balle sono meglio di qualsiasi verità, perché tra l'originale (Berlusconi) e la copia (Grillo) la gente tornerà da lui. Alle prossime elezioni il Movimento 5 stelle pagherà lo scotto del caos che sta portando avanti e LUI, unico e solo risorgerà dalle ceneri.

Intanto in Italia la gente perde il lavoro, si ammazza, le fabbriche chiudono e Berlusconi rischia la galera se non rimette le mani nella stanza dei bottoni. Per cui bisogna fare presto a risolvere sto casino. Ma presto tipo l'altroieri.

La verità è che nella classe politica vecchia e nuova si è diffusa la consapevolezza che essere l'opposizione è incredibilmente più semplice che fare il Governo. Fare l'opposizione significa stare lì, gridare ogni tanto alla dittatura ed al complotto e dire “eh ma io l'avrei fatto meglio”. Se l'Italia fosse un cantiere su una strada dove sono straripate le fogne l'opposizione sarebbe rappresentata dagli anziani che guardano.
Di contro, il povero operaio con le braccia nella merda fino ai gomiti, la cicca in bocca e lo sguardo truce è il governo.
Ecco nessuno vuole essere l'operaio adesso.
È facile guidare una ferrari a 200 all'ora sul lungomare Caracciolo. Ma se la stessa ferrari falciasse quattro persone e poi finisse contro un muro tu accetteresti di fare cambio posto col guidatore?

lunedì 11 marzo 2013

L'ombra dell'idea


Oggi quel motorino d'avviamento dietro al cervello non ha nessun intenzione di accendersi. Dovrebbe essere il primo giorno di un rinnovato stile di vita meditato e ragionato nei giorni precedenti ma, ed è un ma bello grosso, mi pesa il culo.
Ci sono una marea di cose che non mi piacciono della piega che sta prendendo la mia vita dopo lo slancio iniziale dato dal corso e tutto il resto. Capisco che sono cose che in realtà non interessano a nessuno ma non ho i soldi per la terapia e da sempre mettere le cose nero su bianco se non risolve almeno aiuta. Per gli stati depressi su facebook c'è sempre tempo.
Il primo problema è che c'è troppo silenzio nella mia testa, non è un bel periodo per tante piccole cose che insieme diventano un grosso problema. Sono sempre le stesse cose perché sono un amante della “soluzione dello struzzo” (o dello strunz fate voi). Poi piovono in tesa tutti insieme e si fa una fine del cazzo. Tipo questa.
È un circolo vizioso che va avanti da anni: decisione della vita, primi passi entusiastici, primo problema e riturata. Sempre perché al di là delle costruzioni mentali che uno si fa sono un apatico indolente che chiede alla vita di restare sempre uguale a se stessa per potermi lamentare.
Se analizzassi i vari periodi della mia vita secondo gli schemi del “viaggio dell'eroe” io sono quello che si ferma alla prima soglia. Dove gli altri eroi danno il meglio di se mostrando al pubblico di che pasta sono fatti io mi giro e dico “fanculo! Non mi interessa”.
Mentendo.
Ogni volta mi ritrovo davanti al mio personalissimo Guardiano della soglia e decido di non affrontarlo. L'insicurezza, la paura di non riuscire, di fare una figura di merda. Meglio la grigiastra mediocrità di un banco salumi rispetto al rischio di non farcela. In fondo è più comodo stare in tribuna a pontificare su quelli che giocano che mettersi i calzoncini e correre. Più comodo meno rischioso.
Poi ti guardi intorno e vedi che il mondo va avanti e tu non hai nemmeno una buona scusa per rimanere indietro. Qui non c'è uno sceneggiatore che da il via all'avventura, non c'è la “chiamata all'avventura” se non quella che ci si crea da soli. Il mondo ordinario è sempre lo stesso a meno che non si faccia qualcosa per passare dall'altra parte ed iniziare a crescere.
Ho perso un infinità di occasioni per dire basta e ricominciare da capo. C'è questa cosa che però mi scoppia dentro una sensazione che ogni tanto nelle notti insonni diventa una voce come quella di tanti anni fa alla Festa del Raccolto di Officina99. Dice sempre la stessa cosa con quel tono duro che riserviamo solo a noi stessi.
Nei libri che sto piluccando svogliatamente viene chiamata l'Ombra: quella parte del personaggio che viene tenuta repressa a volte malevola altre volte portata al cambiamento. Beh, io alzo le mani e mi arrendo. Fin ora io non ho azzeccato una scopa nella vita.
Ora tocca all'Ombra.

lunedì 4 febbraio 2013

Viva la vida



Sarò breve perché non mi va proprio ma lo devo scrivere da qualche parte se no divento pazzo. Ho pensato e elaborato delle cose ma non sono andato a fondo perché onestamente ho paura di cosa potrei trovarci.

E no, prima che lo chiedete, non ho bevuto.

Non lo riesco a spiegare senza tradire la premessa di brevità per cui accontentatevi. Da quando è iniziata questa storia ho iniziato a seguire questo mondo e a leggere e vedere cose riguardo ad altri autori. Vedo una cosa che li accomuna tutti: la passione.
E forse io non ce l'ho. Perché?
Perché se l'avessi non dovrebbe essere così difficile sedersi e scrivere. Non dico che quando inizio non vada bene. Ma mi risulta sempre difficile iniziare, smettere di cazzeggiare e iniziare.

E' passato un anno quasi e sto ancora qua e il tempo era già poco all'inizio.

per cui: se entro Lucca 2013 non riesco a cavare fuori qualcosa da tutto questo...beh, amen, vorrà dire che non era destino. Mollo tutto torno a Napoli, cospargo il capo di cenere e cerco di riprendermi il lavoro alla Conad e finita lì, ci vediamo all'ospizio.

Giuro.

Tanto per far capire, la passione è questa:

mercoledì 16 gennaio 2013

ALL IN


Diciamo che ci ho provato. In teoria ho abbastanza birra in corpo per esprimermi in maniera poetica ma proprio non mi viene stasera. In questa notte piovosa sono lo stitico sulla tazza del cesso dell'immaginazione.
Quindi procederò con i pensierini delle elementari.
Sarà che quando piove come ha piovuto oggi hai un sacco di tempo per pensare ma il succo è che le cose non vanno bene.
O meglio, vanno benissimo da un lato e tragicamente male dall'altro.
Si, confesso che quando è iniziata questa storia pensavo fosse tutto molto più semplice. Com'è ovvio invece sono ancora qui. Fermo.
Se faccio due conti non sono andato troppo in là rispetto al punto di partenza.
Non ho un lavoro e per quanto reciti benissimo la parte di “quello che aspetta la telefonata importante” non credo lo avrò a breve termine.
A trent'anni mantenuto dalla famiglia non è una bella cosa. Puoi metterci tutti i fiocchetti ed i nastrini che vuoi ma suona comunque di merda.
La sceneggiatura e tutti i grandi progetti? Scorregge al centro di un uragano.
C'è gente che disegna, ci sono cose che scrivo ma la sensazione di star seduto a farmi pippe mentali non va via.
Non è un lavoro se nessuno si piglia manco la briga di sputarti in faccia.
Sto alla Prova centrale o devo ancora superare la prima soglia?
Sono scoraggiato perché nel mondo vero non ci sono i colpi di culo ma solo le occasioni perse. Nel mondo vero quando lei si gira e se ne va non si guarda indietro.
Certe volte mi sento a vacante. Ok, l'inadeguatezza e l'inutilità sono state mie compagne di vita sin dall'adolescenza non è quello il problema.
Il problema è che probabilmente non ce la farò. Non è la prima volta sicuro ma non farcela stavolta sarebbe infinitamente peggio.
Per cui, come i peggiori giocatori di poker con l'acqua alla gola, faccio l'unica cosa che mi viene in mente.
All in. A come viene viene.
Magari queste carte basse bastano per incastrare una scala. 

mercoledì 7 novembre 2012

Ho capito tutto!

Stavo pensando ad una cosa che forse potrebbe diventare lavoro, nel contempo ho appena finito di vedere varie cose di approfondimento giornalistico di quelle che ti lasciano con più d'una perplessità riguardo al fatto che alla fine il cetriolo cosmico finisce sempre dalla stessa parte. Mettici pure che ho preso un libro di King in cui un tizio torna indietro nel tempo per fermare l'assassinio di Kennedy e non vi stupirete dei deliri successivi.



Ora facciamo finta che io sia una persona seria e che tutto il successivo discorso non diventerà una puntata di Voyager.



Sono possibili i viaggi nel tempo? Si, no, forse e magari sono le quattro risposte semplici a cui si aggiunge una quinta risposta che inizia più o meno così: “secondo la moderna teoria fisica [grossa equazione di un paio di pagine] nei pressi di un buco nero supermassiccio seguendo la teoria di Whyzzykk... ecc ecc bla bla tanto vi siete già addormentati tutti”.



Ma esiste un metodo più pratico per sapere se i viaggi nel tempo sono una cosa possibile e (visto che la sto pensando io) la chiameremo “teoria dello scrittore insonne che ha bevuto troppi caffè” o anche TSITC.



Ora seguitemi attentamente. Diamo per scontato che ognuno di voi abbia visto Ritorno al Futuro perché se no vengono a mancare proprio le basi teoriche della cosa. Bene esiste la macchina del tempo? Ora no ma forse in futuro si. Ma se con la macchina del tempo si può tornare indietro nel suddetto allora prima o poi nel futuro qualcuno ha costruito e acceso quell'affare spedendo qualcun altro (probabilmente militarmente addestrato e sacrificabile) indietro nel tempo.



E com'è che non ce ne siamo accorti? Facile: loro non vogliono farcelo sapere. Ammettiamo che una volta creata una macchina del tempo funzionate puoi perfezionare il progetto mandando qualcuno nel futuro a vedere come funzionano le cose loro (ALLARME PARADOSSO! ALLARME PARADOSSO!). E quindi la tua macchina funziona da dio.



Ora balzo indietro: vi siete accorti che tutti i fatti della storia umana sembrano sempre prendere una piega pessima? Guerre mondiali, nazisti, attentati, crolli delle borse e altri bizi narrativi in cui l'umanità fa sempre la scelta sbagliata? Se siete gente priva di fantasia potreste dire “eh beh la stupidità è la prima qualità umana ecc ecc”



e invece no! Li ho scoperti. So esattamente cosa sta succedendo ma non ho le prove perché non esistono. Nel lontano futuro i militari, i poteri forti, la Spectra, il nuovo ordine mondiale e via dicendo hanno costruito la macchina del tempo poi hanno mandato i loro agenti indietro nel tempo per modificare i fatti salienti della storia loro vantaggio. Noi non ne sappiamo niente perché sono agenti in incognito che agiscono in maniera subdola per influenzare gli eventi in modo da assicurarsi il potere nella loro epoca.



Sta arrivando il furgone con gli infermieri e quelle buffe camice che si indossano al contrario, non sono pazzo. Ho la prova che è tutto giusto. Visto che li ho beccati loro manderanno un loro agente a uccidere i miei nonni prima che io nasca cancellandomi dalla realtà. Quindi se scompaio dalla realtà come se non fossi vai vissuto vuol dire che avevo ragione.



Ma se scompaio voi non lo saprete mai. Ecco perché loro vincono sempre.

sabato 1 settembre 2012

Domani


E' notte fonda, non ho sonno ma anche se lo avessi un improvvisa paranoia sui ragni me lo fa passare. Se anche non fossi diventato pazzo tutto in una botta resterebbero comunque i suoni della strada a tenermi sveglio. Se anche lì cadesse il silenzio ci sarebbe sempre il problema del freddo: prima piacevole, poi eccessivo, poi nuovamente agognato appena spunta una coperta. Insomma è una di Quelle notti. Quelle che non dormi perchè così è stato deciso. Magari avresti avuto più fortuna se avessi evitato di fare le due ma arrivati a questo punto è inutile lamentarsi.



Il sonno è passato l'ipod è scarico, il libro è noioso e non resta altro da fare se non fissare il soffitto con l'aria di chi sta pensando a qualcosa d'importante. Potrei reinstallare League of Legend ed appicciarmi sullo schermo del portatile fino alle luci dell'alba mentre mi meno con russi e giapponesi. Ci penso un attimo. No meglio di no. Sarebbe come un ex tossico che si fa una pera in onore dei “bei tempi andati”. Fisso il soffitto, che aria da filosofo mi deve dare. La notte fa questo brutto effetto.



La mente vaga in cerca di un occupazione passeggia nel suo piccolo studio d'osso e cartilagine senza badare alle decorazioni di materia grigia. Avanti e indietro per un po', borbotta, guarda qualche scartoffia, poi prende l'agenda e inizia a fare il punto della situazione:



domani mattina mi sveglio presto le otto, otto e mezza massimo. Mi faccio il caffè. Quel tipo di caffè che serve a svegliarsi veramente, quel caffè che si beve in piedi e non seduto davanti al portatile cazzeggiando. Mi rado, mi faccio la doccia e poi scendo, vado a portare i curriculum alle agenzie, ai ristoranti, ai supermercati e ai pub.

Poi torno a casa verso mezzogiorno. Accendo il portatile e mi metto a cercare qualcosa su internet. Questa volta lo faccio per bene, non mi fermerò scoraggiato al quarto annuncio dicendo “non ci sta niente, crisi di merda”. Questa volta andrò fino in fondo alla pagina e poi continuerò ancora.

Verso l'una e mezza le due metto su il pentolino, faccio bollire l'acqua e mi preparo qualcosa. Questa volta dopo mangiato lavo subito tutto perchè mai più si deve formare quella montagnella di piatti sporchi in cucina.

Una volta finito di fare i mestieri di casa da brava finta massaia torno al portatile. Non cago di striscio facebook e tutto il resto. Non mi metto manco ad aprire la mail in modo compulsivo. Apro un file word, di quelli già iniziati, e scrivo. Quando il cervello si stanca di pensare sempre alla stessa cosa salvo e passo al prossimo e così via fino alle sei e mezza.

A questo punto scendo. Non prendo la metro o i bus, cammino. Se dice bene vado a trovare Aurora, prendo un caffè, due chiacchiere e poi me ne torno per ora di cena. Se dice male cammino e basta finchè non è ora di ritornare.

Cucino anche la cena prendendo dalle scorte portate su da Napoli, lascio perdere la pizza al trancio il pub e la birreria, lascio perdere pure la Peroni in offerta sulla via del ritorno. Torno mangio e poi ricomincio a scrivere, più soft: mezzora di scrittura, un capitolo di lettura e via così finchè non si fa ora di dormire.



Si, mi piace. Da domani inizio.



Da domani.

domenica 19 agosto 2012

la fine di una (non)vacanza


Essere disoccupato è bello solo il giorno dopo il licenziamento, quando ti godi il relax che ti è mancato per quasi un mese. Poi subentrano altre problematiche: non hai soldi, quelli che dovresti avere non sono arrivati e quindi si riassume tutto con: “ok hai un sacco di tempo libero ma nemmeno un euro per impegnarlo”.

La soluzione al dilemma è stata semplice: torna a casa, perchè a casa non si pagano i pasti, perchè a casa ci sono gli amici. Le ferrovie dello stato per un qualche motivo mi odiano: 5 ore da Orvieto a Roma ed altre 2 fino a Napoli.

A Napoli tutto fila liscio. Vedo gli amici, i parenti e tutti gli altri in rapida successione. E tutti, nella stessa rapida successione, si congedano e salutano mentre si apprestano ad andare in vacanza da qualche altra parte proprio in questa settimana.

Ferragosto, i soldi non sono ancora arrivati, resisto con la venti euro che mi separa dal baratro. La sera sono ricordi confusi: casa di un amico, in terrazzo che non ricordavo di fosse. Troppi alcolici e troppo poco cibo. Nuovi fertilizzanti bio per i vasi del palazzo. Poi un ritorno a casa.

Mi manca il mio ventilatore. Qui massimo alle 9 il caldo si fa troppo insopportabile per restare a dormire. E la notte è l'unico momento in cui è possibile vivere senza sciogliere.

Ogni pomeriggio monto in macchina e vado verso la posta centrale. Ogni pomeriggio il sole batte sul bancomat rendendo tasti e schermo incandescenti. Inserisco il Banco Posta e poi chiedo il saldo pregando che abbiano caricato i soldi. Tutto è vuoto. Qualche decina di metri più in là c'è una libreria, di quelle illuminate che i lasciano leggere dentro senza dirti nulla. Sono tre giorni che leggo indisturbato un libro che non posso permettermi.

Sono quasi dieci giorni che non scrivo nulla. Niente nada zero. Sarà il caldo ma il succo della storia è lo sconforto. Agosto è un nulla temporale che ti mette in una condizione non molto diversa dalle anime del purgatorio. Nulla, niente, in attesa.

E pensare che fino all'anno scorso dicevo ad Aurora che era esagerata a lamentarsi che non andava in vacanza. il problema vero è che senza una vacanza non c'è nemmeno la fine della vacanza. e se la vacanza non finisce come fai a sapere quando è il momento di rimettersi all'opera?

giovedì 2 agosto 2012

Rapporti umani


“non ti fidare di quello lì”

“quella è una zoccola che la da a tutti”

“quello/a parla alle spalle”

“è un leccaculo”

“stai attento che non ha voglia di fare nulla”



e via discorrendo. In qualunque luogo di lavoro o università o scuola o comitiva ci sarà sempre quello/a che vuole metterti in guarda dal male serpeggiante che affligge l'umanità. Generalemnete sono paladini della giustizia coinvolti in un eterna crociata contro l'implacabile ondata delle tenebre.



Lo fanno per te per il tuo bene. Tu puoi anche ignorarli ma poi quando succede in guaio non andargli a dire che non ti avevano avvisato. Loro sanno, sono pieni di cicatrici esteriori e interiori. Un tempo erano ingenui e spensierati come te, si fidavano della gente della loro donna e dei loro colleghi poi... no raccontarlo fa troppo male, ma dopo un po' racconteranno (senza troppe insistenze) il Torto, la perdita dell'innocenza.



Dopo il Torto hanno giurato: “mai più. Mai più su questa terra!” ed ora combattono la loro silenziosa guerra fatta di atti e non di parole. Agiscono nell'ombra cercando di dare l'esempio ma di avvisare i poveri sprovveduti per risparmiargli l'orrore che loro hanno subito.



È una vita grama di soddisfazioni la loro. Sono come quei pacifisti che protestavano conto il Vietnam, sono come i No-Global che dieci anni fa ci avvisavano che l'economia stava per impazzire. E proprio come loro nessuno li sta mai a sentire.



La gente è convinta che l'altra gente sia fondamentalmente buona. Che infondo infondo ci si vuole bene che non esiste il male fine a se stesso e anche quello fine a qualcos'altro non è poi troppo. Bubbole! Fesserie inculcate da anni di Tv e altre idiozie romantiche! La gente e cattiva! Le donne ( o gli uomini) sono stronzie e tutto il mondo è marcio come quel pomodoro che ho lasciato in frigo la settimana scorsa.



C'è una teoria sociologica di cui adesso mi sfugge il nome ma che io chiamo “teoria dello stronzo benigno”. In principio è: in ogni gruppo sociale deve esserci uno stronzo, la sua presenza non è dannosa per il resto del gruppo (sempre se si tratta di uno stronzo moderato) ma anzi rafforza i legami sociali tra gli altri membri del gruppo aumentando la produttività di tutti. Ben 'inteso lo “stronzo” non sa di essere tale, come i migliori cattivi lui è convinto di essere il buono, l'eroe. Quindi la teoria dello stronzo non crea nuovi posti di lavoro altamente qualificati è solo in concetto. Ma un concetto interessante. Pensate tutti i gruppi ne hanno almeno uno (tra gli statali la percentuale aumenta notevolmente ma credo sia dovuto a qualche corsia preferenziale in fase di assunzione).



Come riconoscerli? Facile, o almeno credo. Di solito è il primo che ti mette in guardia dagli stronzi

lunedì 2 luglio 2012

Colpo di Reni


mi girano i coglioni, non ho ancora deciso esattamente perchè ma qualcosa mi dice che il tutto è legato alla tragica mancanza di soldi, di femmine di cose piacevoli della vita che non siano lo stramaledetto alcool che oramai mi fa compagnia ogni stramaledetta volta che le palle iniziano a girare.



Ricapitoliamo per il pubblico che a casa si annoiava a seguire: il corso è finito, 30 e lode e tutti a casa felici e contenti. Anche i soldi sono finiti: 180 euro e qualche spiccio poi fine dei giochi. Fa caldo fa così caldo che le idee si sciolgono nella scatola cranica prima di arrivare sul foglio e anche se ci arrivano lo fanno con una fatica che mi è nuova.



Come ogni altra volta quando mi ritrovo nel mondo vero mi sento spaesato e insulso. Come quegli orsi che scendono in città per ritrovarsi braccati senza capire nulla di quello che sta succedendo ma con tutti che gli urlano contro. Quando sto così mi viene sempre da pensare a quanto tempo ho buttato nell'immondizia mentre facevo finta di essere una persona normale invece di ammettere di essere un sociopatico con la testa piena di storie e con pochissima praticità. Se mai vedrò uan macchina del tempo tornerò indietro ad avvisarmi. Si potrei sconvolgere il continumm spazio-temporale ma magari mi risparmio otto anni di perdita di tempo. O forse magari quegli otto anni hanno fatto la differenza. Nel bene e nel male.



Mi sento perennemente all'inseguimento. Ultimo in una maratona che nel frattempo ha chiuso i battenti da ore senza che nessuno si prendesse la briga di avvisare. Il “mondo reale” non è posto per me me ne rendo conto da anni ma purtroppo è l'unico in cui si può vivere. Giuro che ci provo ma la verità è che mi fa proprio paura. Non capisco la gente normale, non capisco le situazioni normali e mi annoio a morte in quelle che la gente chiama “conversazioni educate”.

Giuro che il prossimo che si mette a parlare del tempo lo prendo a paccheri. Il tempo, la politica, sta sfaccimma di nazionale. Abbiamo toccato il fondo e siamo contenti di rimanerci perchè in superficie devi nuotare e fa fatica.



Ero al pub stasera, quando sto nervoso vado al pub e consumo oltre le possibilità di portafoglio e fegato. È stato lì che ho visto la tristezza: un appuntamento a sei. Donne sopra i trenta e uomini ancora oltre. Le donne parlavano di facebook e di come vari malati le avessero fatto avance più o meno educate ma il mio sguardo cadeva sugli uomini: uno tondo come un barile in cannottiera e pantalone bianco con capelli asfaltati all'indietro e un orecchino grosso come un lampadario sul lobo destro. L'altro con un principio di calvizia e capelli color topo portati lunghi in una specie di codino dei poveri che intendeva mascherare l'avanzare degli anni. L'ultimo, evidentemente uomo di successo della banda, provava a fare il brillante con le varie cameriere. Senza successo alcuno. In totale tutti e tre sono stati capaci di distrarre il personale dalla solitaria figura armata di libro che non smetteva di ordinare Kilkenny dal bancone (io).



Ora li derido ma la verità è che sono a tanto così da essere come loro. Siamo piccoli sognatori appesi al baratro da fili di ragnatela che noi fingiamo siano robuste corde. Sotto c'è il baratro. Dietro di noi nulla se non un fiume di parole o immagini che per la prima volta va a cozzare contro la diga eretta dal mondo vero. Camminiamo sul nulla fingendo di essere artisti mentre invece siamo camerieri, commessi, salumieri e centralinisti che nel tempo libero sognano di diventare artisti.



Ci accontenteremmo di poco: scrivere la parola giusta al momento giusto, chiudere gli occhi e raccontare una fiaba che in realtà parla del mondo reale. Forse non abbiamo capito nulla, forse le nostre menti sono solo naturalmente portate a crearsi problemi quando invece è tutto così semplice:

lavora, guadagna, spendi, mangia fotti e muori. In silenzio e senza agitarsi che ci sono altri dietro di te che stanno aspettando educatamente. In silenzio che “poi fa brutto”.

Noi invece vogliamo passare con un grido.

giovedì 26 aprile 2012

lo zio sapeva...


Emanuele ha ragione. Solo questa semplice affermazione potrebbe mandare nel panico decine di persone, soprattutto chi conosce Emanuele. Ma mentre siamo seduti nella cucina della sua casa studenti con l'acqua per la pasta che bolle e il Tg3 di sottofondo. A sentire la solita carrellata di dichiarazioni in tv mi viene sempre la voglia di gridare al televisore le frasi che nessuno si sente in dovere di dire a quella massa di dementi che va a snocciolare le loro teorie da miliardari finanziati.



Emanuele si è stufato di seguire la politica. Non per pigrizia, ma perchè sente che l'unica risposta che saprebbe dare sarebbero dei colpi di fucile o delle più soddisfacenti mazzate tra capo e collo. Ti incazzi per ogni cosa come in una nazione sana si fa per il calcio. Siamo tutti presidenti del consiglio in erba con la propria soluzione. Non è superbia è che di fronte alla pochezza di questa gente, al plateale servilismo dei nostri governanti verso l'alta finanza non ci vuole un genio per dire le cose giuste, magari piccole, ma giuste che si dovrebbero fare.



Qualcuno mi sa dire cosa cazzo centra l'articolo 18 con l'occupazione dei giovani? Io non l'ho capito non vedo il legame tra licenziare liberamente e l'aumento delloccupazione. Si magari si può purgare il settore pubblico di tutta quella merda infiltrata che si attira l'odio della gente da anni. Oppure, a pensar male, serve solo per poter ricattare i lavoratori nel privato e per poter licenziare i lavoratori del pubblico ( a tempo indeterminato) ed assumere poi gente con semplici contratti precari da schiavi.



Mi viene in mente spesso il mio zio ferrarese, zio Gianni, un ex-sindacalista con coglioni grandi abbastanza da giocarci a bocce. Ogni volta che lo andavamo a trovare lo vedevamo uralre contro il politico di turno in Tv. In famiglia lo prendevamo in giro in simpatia. Quando beveva un po' più del solito bicchiere di vino si lanciava in ragionamenti politici che mi hanno sempre affascinato e che sempre venivano minimizzati dalla zia. Ora vivo in tutto quello che lui indicava come il male quindici anni fa. Lui intanto è talmente incazzato con l'umanità che non ci puoi parlare più.



Ed ha ragione. Lui ed altri come lui ci avevano avvertito e noi abbiamo fatto qualche battuta. Abbiamo minimizzato.

“gli italiani si meritano questa vita di merda” ogni tanto sentenzia lo zio.



Certe volte gli do ragione.

Altre volte vorrei imbracciare il fucile.

Stiamo marciando verso una guerra mondiale. Facciamola finita in fretta e ritorniamo a vivere nelle capanne di fango.

Questo di sicuro farebbe bene all'economia ed alla politica.

ps: scusatemi ma quando guardo santoro mi incazzo sempre

martedì 20 marzo 2012

Vuoto pneumatico


Non so di che scrivere



davvero, vuoto, zero, nisba, tabula rasa. Ho il cervello vuoto quasi come il portafoglio. Vuoto come lo spazio siderale tra i pianeti all'ultimo giorno dell'universo. Masse incoerenti di pensieri fluttuano cercando di sbattere l'una contro l'altra per formare un pensiero più grosso e coerente ma il vuoto qui dentro è talmente vasto che due un leghista e un magrebino possono vivere in pace senza mai incontrarsi.



Vorrei scrivere ne ho voglia e anche necessità. Il Grande Piano non si porta aventi a solo e il grand epiano prevede molti più file word zeppi di parole di quelli che ho sul pc al momento. In alcuni rari casi posso scaricare la colpa su altri come ho scaricato un secchio di vergole malassortite sulla mia ultima creazione ma alla fine dei fatti dovrei provare a procedere.



Ci fosse un minimo di senso in questa scatola cranica. Sono tre notti che sogno la più monumentale delle space-opera solo per poi fissare il foglio bianco senza sapere da dove iniziare. Si ok, ho il titolo ho l'idea, parecchie idee per la verità, ma quando provo a sbatterle insieme puntuolamente si mancano nel vuoto cosmico della mia testa. Il titolo e la musica che hanno dato il via a tutto rimbombano nel cervello insieme ad altre frasi sconclusionate ma manco uno straccio di trama.

Frammenti, pezzetti, immagini. Mi viene da invidiare i disegnatori: qualcuno si è già scervellato sulla trama per loro, il loro unico dovere è renderla in immagini. È probabile che anche loro pensino qualcosa di simile tipo: “eh belli fatti sti sceneggiatori! Prima si fanno i trip allucinoggeni e poi vanno trovando che noi ci diamo un senso”



è un mondo difficile, i pezzi non si incastrano mai. È un può come quando provate a riparare il tostapane e, dopo ore di lavoro, vi ritrovate con un pezzo in più. Se abbondi è pretenzioso, se sei troppo minimalista è vago. Non va mai bene.



Ammesso e non concesso che abbia idea di cosa stai facendo. Stai lì a butti giù parole in libertà che però, inevitabilmente, perdono la spinta dopo un po' e poi? Poi boh, non so fate voi.



Ma i “boh fate voi” difficilmente servono a qualcosa e ancora più difficilmente producono un risultato e magari dei soldi. Forse c'è da rivalutare un po' le idee riguardo a come vorrei provare a campare con questo lavoro.



Mi sa che non funziona così.



Oppure è solo che ho troppa poca testa da poter dedicare a questa roba stasera. Magari domani.

Buonanotte, sperando che stavolta il sogno non sparisca prima di essere scritto.

sabato 10 marzo 2012

Un giorno scriverò di voi


sarà che la birra mi rende sentilementale o che in fondo in fondo, sotto strati e strati di cinismo e ironia si nasconda qualcosa di troppo tenero per poter far finta di nulla. Ma voglio dirlo da qualche parte come quella gente che fa promette la luna assicurandosi di avere dei testimoni che poi gli rinfaccino di aver mancato il solenne giurmento.



Sarà che credo fermamente che la realtà superi di parecchie lunghezze la fantasia per forze poesia e che certe volte non c'è finzione che tenga davanti a qualcosa di reale e nobile.

Un giorno molto lontano, qundo potrò permettermi di scrivere quello che voglio prometto solennemente che racconterò di voi. Non è una promessa vana, sotto a tutta la scaramanzia di questo mondo so che questa potrebbe essere l'unica promessa che davvero potrei mantenere.



Racconterò della ragazza perfetta. Di una persona così carica di insicurezze e paranoie da dimenticare quello che è.

Parlerò di chi fatica a trovare il proprio posto al mondo mentre si è intenti ad ammantarsi di finte certezze nascondendo i suoi veri pregi.

Mostrerò una donna che a voluto tutto per se per paura di restare sola ricevedo in cambio solo disprezzo velato di cortesia.

E vi parlerò di una donna che, vessata dalla sfortuna, ha deciso di infischiarsene pur di portare in giro i suoi buoni consigli.

Vi mostrerò un ragazzo talmente insicuro da nascondersi dietro le buge più improbabili mentre cerca di sembrare più di quel che è.

Mentre, in tut'altro luogo c'è un altra ragazza che si atteggia a vecchia sminuendo il suo valore. Anche se vale tanto oro quanto pesa e quasi il triplo se consideri la sua cultura.

Altrove un gruppo di persone si riuniscono intorno ad un uomo sedendo su cuscini in una stanza afosa condividendo le proprie disgrazie per spingersi in avanti un passo alla volta.

In mezzo a tutta questa gente un ragazzo venuto su solo si tiene impiedi solo con la fiducia in se stesso certo di non avere nient'altro alle spalle.





Vi parlerò di loro e di altri ancora. Degli sconfitti, dei perdenti e degli sfaticati che non chiedono altro dalla vita di trascorrere senza intoppi fino ad una morte quieta. Vi parlerò di quelli che invece, senza volerlo e senza saperlo, si scagliano contro il destino avverso delle loro condizioni decisi a ribaltare il tavolo e buttare a terra le fishes nell'istante esatto in cui la partita volga a loro sfavore. Nessuno di loro è una bugia. Sono tutti lì da qualche parte nella mia memoria, come stelle e pianeti. Alcuni brillano per un attimo altri sono piccoli decisi a non diventare buchi neri. Sono tutti importanti ed ad ognuno di loro devo qualcosa. Perchè senza di loro non sarei dove sono anche se ora non sono da nessuna parte, non posso far nulla per loro perchè non ho nulla da dargli tranne che una promessa.



Racconterò di voi. Di come vi siete battuti, di come avete perso ed avete rialzato la testa. Di come siete morti in un letto o in un incidente stradale. Racconterò le vostre menzogne e i vostri sogni perchè credo che sia l'unica maniera che ho per rendervi davvero onore.



Infondo io non ho nulla. Nessuna delle vostre doti se non quella del cantastorie. Voi sapete vivere, io so raccontare. E così mi sembra giusto che un giorno io parli di voi.



Ve lo devo. Dopotutto non avrei mai iniziato a camminare senza di voi

venerdì 2 marzo 2012

pensavi davvero...

Certe volte mi piglia a male. Come quando ti fai una canna e nel rincoglionimento generale non capisci gli altri cosa stanno dicendo, ma sai che ce l'hanno con te. Ti piglia a male come quando piove e perdi l'autobus e solo quando sei arrivato a piedi a casa te lo vedi sfilare davanti.

Certe volte arriva come una fucilata, improvvisa e violenta. Senza nulla da nascondere, come quella coppia di innomorati che si abbraccia sotto il tuo palazzo mentre tu hai quasi dimenticato a cosa servono certi pezzi di cuore. Oppure si intrufola furtiva come il marito che torna a casa in cerca dell'amante. Sale lentamente, un piccola marea di stizza e fastidio che un attimo fa non c'era e che ora ha preso il possesso di tutto il sistema nervoso.



Ti fa incazzare, come un rigore sbagliato al novantesimo. Non si sa il perchè sia arrivata, figuriamoci quando si toglierà dai coglioni.



È come quando ti portano in uno di quei bar fighetti pieni di drink pretenziosi bevuti da studenti di filosofia negli intervalli tra i loro discorsi pretenziosi. E tu, in cerca di un onesta birra, sborsi otto sacchi mentre ti domandi perchè non ti sei ucciso di seghe a casa invece di venire lì.

È come soppesare l'idea di tornarsene a casa solo per ricordarsi che stai senza macchina e ricordi a stento il nome del tizio che ti darà un passaggio a casa, solo per poi lasciarti a due km da casa tua perchè entrare nei vicoli è complicato.



Una vocina il fondo al cervello ti prova a tirar su con le voci dei tuoi amici che ripetono le solite frasi fatte per ogni disgrazia ma al momento non hai intenzione di starla a sentire. Una parte masochista di te vuoi immergersi in quella sensazione come l'ubriacone che potresti diventare, sguazza nella birra e poi nel suo stesso piscio.



Sei una persona pacifica, ti ripeti, ma mentre macini km nella notte preghi con tutto il cuore di incontrare “quello che se lo merita” per sbatterlo con la testa in una saracinesca finchè non ne esce il cervello tirandosi via anche il tuo malumore. Non lo incontri mai. Forse è una grazia di un cielo che sa sempre quanto tirar la corda senza romperla.



Torni a casa. Quello che ci vuole è una doccia e una notte di sonno. Non fai in tempo a formulare quasto pensiero che dalla porta arrivano voci sconosciute: ospiti. Potrebbero anche essere persone simpatiche, magari interessanti. Ci sono delle ragazze. Ma ora come ora non ti senti parte del genere umano.

Ti chiudi in camera, picchi le dita sulla tastiera. È l'unico modo che conosci, pigli pezzi di frustrazione e li pesti sulle pagine. A fatica. Sei uno schiavo condannato alle miniere che colpisce la roccia come se fosse la causa di ogni suo male. Le pepite che trovi sono guardate con indifferenza. È la roccia il nemico.



Sicuramente c'è gente che sta peggio di me: ansie vere, paure concrete ed incombenti. Mal comune e grosso guaio. Mentre chitarre elettriche di gruppi sconosciuti ti stridono nelle orecchie pensi all'obiettivo: il modo più originale per fare la fame.

Suona così vera adesso.



In fondo però: Elvis è morto in una pozza del suo vomito, Kurt Cobain ed Hemingway si sono sparati in bocca, Lovercraft era pazzo.



Tu credevi davvero di usirne indenne?




sabato 18 febbraio 2012

La lunga marcia


non c'è da fidarsi degli amici. Gli amici hanno problemi, hanno paure hanno speranze. Gli amici vanno consolati, spronati, ascoltati e dissuasi. Gli sconosciuti invece passano come il fumo di sigaretta dal finestrino dell'auto.

Non danno fastidi (in genere), non si interessano alla tua vita (in genere) e soprattutto sanno che non devono romperti il cazzo quando non gli rivolgi la parola (in genere).



Per quanto gli sconosciuti abbiano un incredibile dosi di vantaggi noi ci ostiniamo a circondarci di amici. Dopotutto ci serve qualcuno che ci sproni, ci consoli, ci ascolti e quando è il caso, ci giudichi con quella severità che solo un vero amico sa avere.



In una giornata strana come questa può capitare di vedersi con un amica per un caffè e continuare a passeggiare senza meta per sette ore ridendo e scherzando mentre vicendevolmente esorcizzavamo le nostre ansie personali. Non fraintendetemi, un uomo potrebbe camminare mano nella mano da Trento a Reggio Calabria davanti all'invitante promessa di gambe lunghe, seni sodi e uno sguardo ammiccante. Ma non è questo il caso.



C'è un genere di amicizia che sorpassa i confini di genere. Quando si fa conoscenza da passeggini affiancati a cercare di rubarsi il sonaglino tirandosi sberle tutto altro che affettuose. A quell'età non ci si fa caso. L'altra persona esce dal sesso opposto, il cervello non concepisce proprio la cosa.

Il fratello di Belen non si sognerebbe mai di farsela, per lui l'impulso non esiste perché per lui non conta donna.



E così si è marciato come persone in fuga. Fermandoci ad ogni maledetta vetrina con la consapevolezza dei portafogli vuoti. Abbiam vagato tra gli scaffali delle librerie sapendo benissimo che a casa c'erano altre cose ben più importanti da leggere e scrivere.



Abbiamo corso per prendere un bus che non si fermava col fiato corto sulla salita della stazione Tuscolana. Credo che almeno un paio di volte ci siamo persi. Ma lei, che qui ci vive da molto, ha ostentato sicurezza e le strade le hanno dato retta.



Abbiamo sceso il cane sotto la sua casa provvisoria. Quella faina festante che saltava su e giù cercando di bucarmi il giubbotto per la contentezza. Poi a casa.



Un autobus, una metro e un altra metro. I piedi improvvisamente diventati sacchi di terra umida. Le cosce doloranti mentre, da qualche parte, il malumore sale. Te lo dovevi aspettare.

In un attimo speri che tutti quanti siano ripartiti per tornare ai paesi loro e che ci sia finalmente un po' di silenzio.



Manco per il cazzo.



Sono in quattro nella cucina. Ognuna con un utensile diverso in mano che traffica nella sua stanza uccidendo nippoli di polvere e Dio solo sa che altro. Ciao, saluti ecc ecc.



“pensavamo fossi partito di nuovo”

“eh magari mica sono così ricco. Non ti preoccupare non do fastidio, devo solo svenire su un letto”

un espressione preoccupata, quella classica di chi non coglie a volo la metafora. Approfitto dell'esitazione per andare al bagno prima che mi chieda “ma perché non ti senti bene?”



potrei essere volgare.



Un ora dopo apro gli occhi. Di là suoni imprecisati un vociare confuso franco-siculo-partenopeo. E un altra voce sconosciuta, maschile.

Due palle.



Esco in cerca di cibo. La mia espressione e quella di Fred Flinston dopo che l'hanno informato dell'estinzione dei dinosauri. Saluto generico e assalto al frigo. Giuseppe e la fidanzata cenano un altro riccioluto campeggia in camera di Francesca. Quest'ultima intanto sosta in mutande e camicia sula porta del bagno.

Faccia da poker. Lei ostenta indifferenza io la ricambio. Per la faccia e l'umore che ho potrebbe avere addosso un parka. Arrivo al frigo. Lei mi guarda male e chiude la porta.

Non ho ben chiare le regole sociali di qui ma di solito se sei in mutande in una sala comune il problema è tuo se ti vergogni. E poi quante storie! Manco ti avessi chiesto di che marca erano. Ti ho ignorato, ho contato i buchi di tarma sullo stipite e me ne sono andato.



(otto per la cronaca)



si sta facendo tardi. La gente giovane si prepara per uscire. Se Dio vuole tra un po' calerà la pace. Uno ad uno gli sconosciuti fanno il loro fagottino di personalità e vanno ad incontrare altri sconosciuti. A farsi offrire o offrire da bere a sconosciuti, restare bloccati in lunghe code con decine di altri sconosciuti. Per poi tornare a casa, ubriachi sfatti ripetendosi in testa quanto si sono divertiti.



Non è importante la meta, la sappiamo già, sotto due metri di terra con una frase fatta incisa sul marmo. Del viaggio non ce ne può fregare di meno, non abbiamo voce in capitolo. La cosa importante è da chi ti fai accompagnare